Il motivo della gioia senza fine
Un giorno una parola – commento a Giovanni 16, 22
Così parla il Signore: «Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime; poiché l’opera tua sarà ricompensata»
Geremia 31, 6
Gesù ha detto: «Voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà, e nessuno vi toglierà la vostra gioia»
Giovanni 16, 22
L’esperienza del fallimento storico di Gesù è sicuramente stata un terribile trauma per i suoi seguaci – che sappiamo essere stati più dei dodici discepoli di cui sono conservati i nomi: pensiamo a Lazzaro, a Marta e Maria. Se aggiungiamo che l’arresto di Gesù è avvenuto a causa del tradimento di Giuda Iscariota, il quadro del dramma si completa.
Dall’Evangelo di Giovanni abbiamo l’impressione che Gesù stesso fosse consapevole di tutto ciò: nei lunghi discorsi d’addio che il Quarto Evangelo riporta, percepiamo la preoccupazione del Cristo. Non è un timore per il suo destino personale, per il futuro del suo gruppo, ma per il fatto che il dolore per la delusione travolga chi ha riposto fiducia in lui. Per questo motivo Gesù vuole rassicurare i discepoli, ricordando loro che l’afflizione lascerà spazio a una gioia completa: l’annuncio della risurrezione, la Pentecoste. Questa sottolineatura è importante, perché ci ricorda un aspetto fondamentale dell’azione del Signore: non essere mai autoreferenziale, indirizzare il suo sguardo verso gli altri.
Parafrasando la felice immagine dell’apostolo Paolo in Filippesi 2, 6-11, Gesù non basta a se stesso, la sua preoccupazione si proietta oltre la propria sofferenza fisica e spirituale, per diventare compassione senza limiti per l’umanità, per il creato. Al di là di ogni definizione dogmatica astratta, questa è una distinzione insuperabile tra noi e Gesù: i nostri atti, le nostre preoccupazioni – anche le più nobili – sono sempre viziate da un retrogusto di egoismo. Nella vita di Gesù no. È questo il motivo della gioia senza fine che viene dalla fede. Amen.