Bibbia e Riforma protestante, un binomio inscindibile
Sabato 11 maggio al Salone del Libro di Torino la presentazione del libro di Sergio Paolo Ronchi all (ri)scoperta di Antonio Brucioli laico e umanista, autore di una delle più famose traduzioni in volgare della Bibbia
Per la Riforma protestante, pratiche quali la lettura e predicazione della Bibbia sono importanti. Se ne parlerà al Salone del libro di Torino, sabato 11 maggio, in occasione della presentazione del libro di Sergio Paolo Ronchi, “Antonio Brucioli – Traduttore della Bibbia” (Edizioni Magister). Il libro, scorrevole e documentato, mi ha sollecitato una riflessione sull’importanza della (ri)scoperta di Antonio Brucioli (1487-1566), laico e umanista, che fu detenuto per le sue idee.
Innanzitutto, il libro è una riflessione sulla traduzione in vernacolo della Bibbia, sul ritorno ad fontes tipico dell’Umanesimo, sulla centralità dei dialoghi agli albori della Riforma protestante, tanto che il sottotitolo recita “un cristiano senza chiesa”. Come scrive Daniele Garrone nella Prefazione, «la traduzione dei testi biblici dalle lingue originali, ebraico e aramaico per l’Antico Testamento, greco per il Nuovo era, in particolare in Italia, non solo inattuale, ma sovversiva». Ciò che rende Brucoli protestante è però l’accento sull’udire la predicazione insieme a una lettura meditata/studio del testo scritto, cioè la lettura personale della Bibbia.
Nel 1532 (anno dell’adesione dei valdesi alla Riforma) viene pubblicata la prima edizione della sua Bibbia in volgare, ma pochi anni dopo (1539) in una sua opera troviamo stralci della ‘Istituzione’ di Calvino. Tutto ciò prima che Lutero portasse a compimento la traduzione della Bibbia in tedesco. Non che fosse semplice adattare l’ebraico o il greco al volgare, in un capitolo di ‘Storia della lettura’ (Laterza 1998) a cura di G. Cavallo e R. Chartier, nel capitolo “Riforma protestante e lettura” di J-F. Gilmont, sembra che Lutero abbia detto: «Sudo sangue e acqua a rendere i Profeti in volgare. Buon Dio che fatica, e come è arduo forzare gli scrittori ebraici a parlare in volgare!».
Per Lutero lo studio era finalizzato a creare una élite in grado di dirigere la società civile e religiosa. Anche per Calvino, la Bibbia è accessibile ma non è per chiunque, vi è anzi uno stretto controllo dell’esegesi biblica e la predicazione è una forma di istruzione. Bisogna ricordare che a quei tempi vi erano diverse pratiche di lettura – discorsi, sermoni o dialoghi cioè resoconti orali con tante discussioni – e che l’analfabetismo era imperante. La Bibbia era un’opera soggetta a più tipi di lettura – dipendeva anche dal formato – ma mentre in Germania era destinata soprattutto ai pastori, tra i calvinisti circolava anche nelle famiglie della borghesia cittadina dove veniva letta individualmente, dato che era stata tradotta in francese da Olivetano nel 1535 (Bibbia dei valdesi). Dunque, vi era differenza tra lettura ad alta voce condivisa e predicazione. Nel libro di Ronchi si legge quanto importante fosse per Brucioli rivolgersi invece ai semplici, che erano i destinatari della rivelazione divina, parlando direttamente “al lettore”: la sua versione fu di riferimento per gli evangelici italiani – scrive ancora Garrone – almeno «fino alla comparsa (1607) della traduzione del riformato, ginevrino, ma di famiglia di esuli lucchesi, Giovanni Diodati».
In secondo luogo, il libro fa riflettere sul fatto che il rapporto tra la lettura e le Riforme protestanti (al plurale) è un gioco circolare di influenze reciproche tra le società e le religioni, nei diversi momenti storici in relazione alle dinamiche della storia del libro e della lettura. In un movimento che va dalla clandestinità alla semi-clandestinità, attraversando la repressione, fino all’evangelizzazione dell’Ottocento quando il Protestantesimo si rivolgeva a donne e uomini di tutti i ceti sociali. E nel Mediterraneo circolavano Bibbie, libri e opuscoli in tutte le lingue, con un forte impegno di alfabetizzazione ed emancipazione della popolazione attraverso i libri e la lettura.
Infine, questi temi sono presenti in un libro di Maurizio Maggiani “Il coraggio del pettirosso” (Feltrinelli 1995). Oltre all’esperienza dell’esilio – di ieri e di oggi – nei porti del Mediterraneo collegati dalle rotte migratorie, Maggiani evoca i valdesi, gli eretici, Gianluigi Pascale descritto come “un uomo molto coraggioso” perché diffondeva la Bibbia da Ginevra alle Calabrie. E la sua Bibbia era la versione del Brucioli. In conclusione, possiamo chiederci quanto coraggio ci vada oggi per difendere la libertà di parola e di stampa: in Italia c’è un problema con il dissenso e il pluralismo, a causa di un dibattito pubblico sempre più polarizzato. Ricordiamoci che la libertà di informazione (art. 21 della Costituzione) è uno dei cardini degli ordinamenti democratici.