Inondazioni di Kenya e Tanzania, l’impegno delle chiese locali
Mentre le inondazioni indotte dai cambiamenti climatici terrorizzano le comunità dell’Africa orientale, le chiese denunciano le responsabilità degli esseri umani nella mancata custodia del Creato
Le inondazioni hanno colpito il Kenya e la Tanzania, lasciando dietro di sé una scia di morte, distruzione e sfollamento. Le inondazioni sono più intense in alcune delle stesse aree precedentemente colpite da una lunga siccità descritta dalle Nazioni Unite come la peggiore degli ultimi quattro decenni.
Il 24 aprile, il dipartimento meteorologico del Kenya ha avvertito di nuove piogge, mentre il numero delle persone colpite dalle inondazioni continuava ad aumentare. Secondo la Croce Rossa del Kenya, siamo a oramai quasi 200 persone morte nelle inondazioni e finora più di 11.000 famiglie sono sfollate, dati purtroppo in continuo aggiornamento. Oltre 27.000 acri di terreni agricoli sono stati sommersi dalle inondazioni che hanno ucciso circa 4.800 capi di bestiame.
« La situazione è terribile. Le persone hanno perso tutto, comprese le loro case», ha raccontato Emily Awino Onyango, vescova assistente della diocesi anglicana di Bondo nel Kenya occidentale. «Le persone che non hanno nulla sono le più colpite. Anche se si danno loro cibo e coperte, ciò non può sostituire la perdita delle abitazioni».
Le inondazioni hanno colpito 23 delle 47 contee del Kenya. Sono il risultato delle forti piogge iniziate a metà marzo.
Le acque impetuose stanno distruggendo strade, rompendo ponti e sradicando linee fognarie. I terreni agricoli e le case sono stati sommersi e i raccolti alimentari sono stati spazzati via.
A metà aprile, le inondazioni in Tanzania hanno ucciso almeno 58 persone e hanno costretto a spostarsi altre 126.000, principalmente nelle regioni costiere. Secondo le notizie, le inondazioni hanno distrutto anche più di 75.000 aziende agricole.
Il disastro arriva sulla scia dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente che ha approvato 15 risoluzioni per affrontare le tre sfide planetarie del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento.
«Il mondo ha bisogno di azione. Il mondo ha bisogno di velocità. Il mondo ha bisogno di un cambiamento reale e duraturo», ha detto Inger Andersen, direttrice del Programma ambientale delle Nazioni Unite, al termine dell’incontro del 26 febbraio-1 marzo a Nairobi.
Allo stesso tempo Onyango ha affermato che il disastro meteorologico sottolinea il fallimento dell’umanità nel prendersi cura del creato e dell’ambiente. Ha sollecitato un immediato riorientamento delle cure per rallentare tali eventi.
«Non ci siamo presi cura del creato e questi sono gli effetti. Uno dei problemi più grandi… è l’abbattimento degli alberi e delle persone che si insediano sulle rive dei laghi e dei fiumi. Sappiamo tutti che ciò non dovrebbe essere consentito. Come cristiani, penso che dobbiamo tornare urgentemente alla cura del creato».
Il pastore Ezekiel Lesmore, direttore dei programmi della Conferenza delle Chiese dell’intera Africa, ha affermato che la natura è arrabbiata con l’umanità per averla brutalizzata nella ricerca della ricchezza e del progresso tecnologico.
«L’umanità ha agito senza la dovuta considerazione dell’ecosistema e del ruolo che ogni componente svolge nel nostro benessere collettivo. Abbiamo fallito nel nostro ruolo di amministrazione», ha affermato Lesmore, pastore luterano nigeriano.
«Naturalmente, le comunità colpite in Africa sono le meno responsabili di crimini contro la natura eppure ne pagano le conseguenze peggiori»
«Le nazioni industrializzate devono essere ritenute responsabili e costrette a risarcire le nazioni meno sviluppate attraverso l’istituzione del Fondo per le perdite e i danni», ha aggiunto.
Sia le agenzie di soccorso e di sviluppo della Chiesa locale che internazionale stanno rispondendo alle emergenze.
I servizi anglicani per lo sviluppo del Kenya stanno fornendo alcuni beni di prima necessità, come cibo e coperte, in alcune delle aree colpite.
«Penso che il governo non stia facendo abbastanza. Sapete, aspettiamo sempre che si verifichino le inondazioni. Il governo deve fare il suo lavoro… e garantire che la gente non costruisca case sulle rive dei laghi e dei fiumi», ha commentato ancora la vescova Onyango, che ha infine sottolineato la priorità nella raccolta dell’acqua per quando non ci sarà, durante la prossima fase di siccità, che potrebbe verificarsi già nei prossimi mesi.
Photo: Paul Jeffrey/Life on Earth