Celi: una missione aperta al cambiamento
Roma, 25-28 aprile, Sinodo della Chiesa luterana in Italia: ne parliamo con il decano e con la vicedecana
Un Sinodo di compleanno: quello che si svolgerà dal 25 al 28 aprile a Roma – prima sessione del XXIV Sinodo –, per la Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi) costituirà un evento arricchito da una ricorrenza: la presenza della Celi nel nostro paese, infatti, risale a 75 anni fa. Da pochi anni si era conclusa la Seconda Guerra mondiale, e si fece sensibile l’esigenza di sostenere l’esistenza e la testimonianza delle comunità luterane che si trovavano a dover fronteggiare crescenti difficoltà materiali proprio a causa del conflitto appena concluso.
La Celi è una istituzione ecclesiastica per il diritto italiano e rappresenta un caso unico nell’ambito delle comunità luterane fuori dal territorio tedesco: infatti le comunità luterane all’estero, eccezion fatta per la Celi, sono considerate dipendenti dalla Chiesa evangelica tedesca (Ekd). Del Sinodo che si avvicina parliamo con il pastore Carsten Gerdes, decano della Celi.
– Il versetto scelto per il Sinodo 2024 è tratto da Isaia (6, 8): «Eccomi, manda me», e descrive la nascita di una vocazione: che cosa significa questo per la Celi che compie 75 anni?
«In questo versetto sono presenti due azioni. La prima: “Eccomi”, indica che il profeta ha sentito la chiamata di Dio e non può più dire: “Non ho sentito nulla, non ho visto nulla, perciò continuo a vivere la mia vita come mi pare”. Anzi, egli conferma: “Ho sentito la tua chiamata, Dio, e sono pronto per quello che mi stai chiedendo”. La seconda azione segue la prima: “Mandami”. Il profeta si dispone al servizio di Dio. Dice “sì” alla Sua chiamata e allo stesso tempo sembra rendersi conto che questa chiamata richiede un cambiamento, un movimento da parte sua. Devo dire e fare qualcosa di nuovo. La parola, la missione di Dio mi porterà verso altre persone, altri compiti, altre sfide. La domanda per noi luterani è quindi: che cosa ci chiama a fare Dio oggi? Qual è la nostra missione? E se questo significa che dobbiamo riconoscere di dover intraprendere un percorso diverso da quello precedente, allora dobbiamo farlo. Seguire Cristo come comunità di credenti, significa anche cambiare, ricominciare, progredire dove siamo chiamati a farlo, anziché perseverare in ciò che non ci fa andare avanti».
– Gli anniversari servono anche per fare un bilancio di quel che si è in relazione a quel si vorrà essere. Come immagina la Celi nel prossimo futuro?
« Per me la Celi sono 15 Comunità in Italia. Per questo il primo e principale compito è lì, nelle Comunità. A livello locale, dalla Sicilia a Merano, da Trieste a Sanremo, dobbiamo invitare le persone a riflettere insieme su Dio e sulla sua volontà: pregare, cantare, aiutare chi è in difficoltà. Se riusciamo a fare questo nelle nostre Comunità, il secondo passo è agire insieme. Rafforzandoci a vicenda. Insieme come Chiesa per essere ascoltati di più e visti meglio. E insieme, anche la nostra presenza sarà più forte».
– Le Chiese protestanti si chiedono se non sia oggi necessario ripensare e rivedere le proprie strutture, dall’accesso ai ministeri fino alle forme organizzative. La Celi che cosa ne pensa?
«Come sottolinea il motto del Sinodo, gli individui, i gruppi e le organizzazioni devono sempre essere pronti ad ascoltare e a valutare se sono ancora sulla strada giusta e se stanno ancora utilizzando le strutture e le risorse giuste. E poi devono trovare il coraggio e la determinazione di cambiare qualcosa, se necessario. Al momento, non vedo una sfida alle nostre posizioni interne, diciamo, ma piuttosto delle sfide che dobbiamo affrontare a causa della riduzione delle risorse finanziarie. Stiamo cercando di trovare delle risposte adeguate a questo problema. Naturalmente, anche la riduzione del numero di persone che partecipano alle nostre attività e che sono iscritte come membri rappresenta è un tema da affrontare. La risposta, però, deve essere data soprattutto dalle Comunità locali. Come Sinodo, dobbiamo discutere e decidere il quadro di riferimento per la direzione della Chiesa nel suo complesso. Sono curioso di vedere quali decisioni prenderemo quest’anno».
– Intervenendo al Sinodo delle chiese metodiste e valdesi dell’anno scorso, lei aveva richiamato il valore dell’arcobaleno come “ponte fra le persone”. Oggi più che mai sembra che ce ne sia bisogno, perché i conflitti creano radicalizzazione delle proprie idee ma creano anche molte forme di solitudine. Come possono porsi i credenti di fronte alle persone che diventano marginali nella società?
«I conflitti portano a una radicalizzazione delle idee. Tuttavia è altrettanto pericoloso quando sempre più persone si confrontano solo con altri e altre, con opinioni analoghe alle loro. Quando cioè ci si informa solo da ambienti che riflettono le nostre convinzioni e non offrono una visione più obiettiva della situazione. Perciò è ancora più necessario costruire ponti sia tra le parti in conflitto sia tra coloro che sono interessati solo alla loro posizione. L’incontro, il dialogo e il contatto tra le persone è e rimane il modo migliore per rassicurarsi sulle proprie opinioni e per scambiare argomenti e punti di vista con gli altri. Un ponte, un arcobaleno, è l’immagine più eloquente che conosco».
Con la vice decana, la pastora Kirsten Thiele, riprendiamo il discorso sui conflitti e sulla necessità di una parola evangelica.
– Un anno fa ci eravamo chiesti come la guerra in Ucraina interrogasse i cristiani: oggi dobbiamo resistere alla tentazione di dire: è sempre peggio… Sappiamo riconoscere lo sguardo provvidenziale di Dio sulle sue creature, nonostante quello che di tremendo vediamo nel mondo?
«“E Gesù si fece battezzare da Giovanni, nel fiume Giordano. Mentre usciva dall’acqua, egli vide che il cielo si apriva e che lo Spirito scendeva su di lui, come una colomba. E una voce venne dal cielo: Tu sei il mio caro Figlio, in te mi sono compiaciuto.” (Marco 1, 9-11). Quando Gesù entra nell’acqua del Giordano, vuole richiamare la discesa nell’elemento della morte portando con sé la colpa, la paura e la morte dell’umanità. E mentre compie questo atto, il cielo si spalanca. Per cielo si intende la dimora di Dio – essa si apre al futuro degli umani. Dio, quindi, spalanca il futuro dinanzi a noi. L’essere umano vive nel presente, con colpe, guerre e ingiustizie; ma Dio gli viene incontro con il Suo futuro, che sarà ed è già oggi perdono, pace e giustizia. Noi preghiamo per la pace, in Ucraina e in tutti gli altri posti sulla terra dove sono in corso guerre indicibili. Per fare ciò abbiamo bisogno del cielo aperto, di sentire la presenza di Dio, nascosta, invisibile, inafferrabile. Ma nello stesso momento vicina, capace di trasformare uomini e donne incoraggiandoli sulla via della pace».
– L’anno scorso la Celi aveva adottato come riferimento il documento intitolato Una chiesa sicura: nell’anno che è trascorso ci sono state delle prime reazioni e indicazioni su come è stato recepito?
«Abbiamo indicato nel documento i riferimenti delle persone che possono essere interpellate in caso di necessità. Indicazioni giunte dalle varie comunità. Stiamo adesso lavorando sul documento per renderlo più snello, accessibile e adatto alla Celi. Appena avremo questa rielaborazione, saremo pronti per discuterne».
– Il Sinodo Celi del 2021, che dovette svolgersi in forma mista a causa della pandemia, aveva molto insistito su un uso inclusivo del linguaggio: a che punto siamo?
«Intanto abbiamo preso molto seriamente l’importanza di produrre tutti i nostri documenti cercando di usare il linguaggio inclusivo. Nei sermoni, nelle meditazioni, nei nostri culti e nelle relazioni siamo sempre più attenti, attente a un uso inclusivo della lingua. Certo, spesso non è facile trovare parole adatte: rimane ancora un lavoro impegnativo e creativo, anche per evitare di creare testi troppo lunghi e ripetitivi nelle due formulazioni, maschile e femminile. È tuttavia evidente ormai, a ogni livello – chiesa, comunità, pastori e pastore – un significativo aumento della sensibilità su questo tema». (a.c.)
Il Sinodo della Celi avrà fra i suoi compiti anche quello di procedere al rinnovo di alcune cariche elettive, per quanto riguarda la presidenza del Sinodo stesso e di parte del Concistoro.