Il nuovo Patto europeo sulle migrazioni criticato da anni dalle chiese europee
Votata ieri 10 aprile la riforma delle politiche migratorie, denunciate come inumane da tutti gli organismi ecclesiastici
Gli eurodeputati hanno adottato la vasta riforma della politica migratoria europea il 10 aprile, «frutto di un difficile compromesso su un tema che da anni alimenta tensioni e divisioni tra i 27 paesi del blocco» come recita il settimanale “Internazionale”.
«Abbiamo fatto la storia, abbiamo creato un solido quadro legislativo per gestire la migrazione e l’asilo nell’Ue» ha commentato la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola. Esulta anche il vice presidente della Commissione europea Margaritis Schinas: «Dopo quasi un decennio di blocco, il Parlamento ha adottato il patto, una completa rivoluzione delle leggi Ue sulle migrazioni. È fatta. L’Europa gestirà le migrazioni in modo ordinato, alle nostre condizioni».
Un lungo iter per questo “Patto”, denunciato da anni come inumano dalle chiese e dalle organizzazioni umanitarie.
Già a fine 2020, al momento della presentazione del primo pacchetto di norme in materia, una dichiarazione co-firmata dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, Consiglio Metodista Mondiale, ACT Alliance, Comunione anglicana, Commissione delle Chiese per i migranti in Europa, la Conferenza delle chiese europee, la Chiesa evangelica di Grecia, il Centro di integrazione per i lavoratori migranti – Programma ecumenico per i rifugiati, Organizzazione non profit della Chiesa di Grecia, la Federazione Luterana Mondiale, il Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, l’Associazione Mondiale della Comunicazione Cristiana, la Comunione Mondiale delle Chiese Riformate, per ricordare che «La solidarietà dovrebbe essere il principio guida che governa la migrazione e in particolare l’accoglienza dei rifugiati. La politica dell’Ue in materia di asilo e migrazione deve andare oltre la modalità di crisi: i normali canali di migrazione, anche attraverso passaggi sicuri, corridoi umanitari, saranno una parte essenziale per ridurre gli incentivi ad affrontare viaggi pericolosi e minare il modello di business dei trafficanti. Tali passaggi sicuri dovrebbero essere aperti alle persone in cerca di protezione, ma coinvolgere anche le persone che si uniscono alla loro famiglia o che vengono in Europa per migliorare il proprio benessere e il benessere della regione lavorando in Europa.
In conclusione, sosteniamo con forza un’assistenza umanitaria immediata per consentire alle autorità greche e agli attori umanitari sul campo di rispondere ai bisogni degli sfollati, nonché soluzioni strutturali a lungo termine per la risposta della regione alle persone in movimento. In particolare, chiediamo un patto dell’Ue sulla migrazione e l’asilo che garantirà che ogni Stato membro adempia ai propri obblighi in modo che i paesi ai confini dell’Europa non affrontino tali sfide da soli. Tutti gli Stati membri dell’Unione europea, assistiti da attori locali, comprese le chiese, dovrebbero assumersi le proprie responsabilità per l’accoglienza e l’integrazione dei rifugiati attraverso il trasferimento permanente e altri meccanismi di condivisione degli oneri».
Ci facciamo aiutare dall’agenzia di stampa Adn-Kronos per un’analisi analitica delle nuove norme:
«I dieci testi che compongono il patto (procedura comune di protezione internazionale nell’Ue; risposta alle situazioni di crisi e forza maggiore; gestione dell’asilo e della migrazione; procedura di rimpatrio alla frontiera; accertamenti nei confronti dei cittadini di Paesi terzi alle frontiere esterne; sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali per i cittadini di Paesi terzi; regolamento Eurodac; quadro Ue per il reinsediamento; norme sull’attribuzione della protezione internazionale; norme sull’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale) sono passati tutti con margini abbastanza consistenti. Quello più stretto, risposta alle situazioni di crisi e forza maggiore, è stato approvato con 301 voti favorevoli, 272 contrari e 46 astenuti.
Cosa cambia
I testi approvati sono dieci, ricorda il Parlamento. Il regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, presentato dal relatore Tomas Tobé (Svezia Ppe), è stato approvato con 322 voti favorevoli, 266 contrari e 31 astensioni. Per aiutare i Paesi Ue più esposti alle pressioni migratorie, gli altri Stati membri dovranno contribuire, a scelta, accogliendo una parte dei richiedenti asilo o dei beneficiari di protezione internazionale nel loro territorio, stanziando contributi finanziari o fornendo un sostegno tecnico-operativo.
Saranno inoltre aggiornati i criteri che attribuiscono a uno Stato la responsabilità di esaminare le domande di protezione internazionale (le cosiddette norme di Dublino). Il regolamento sulle situazioni di crisi, presentato dal relatore Juan Fernando Lopez Aguilar, istituisce un meccanismo di risposta agli aumenti improvvisi degli arrivi, garantendo solidarietà e sostegno agli Stati membri che devono far fronte a un afflusso eccezionale di cittadini di paesi terzi. Le nuove norme affronteranno anche il tema della strumentalizzazione dei migranti, ossia il loro uso da parte di paesi terzi o attori non statali ostili con l’obiettivo di destabilizzare l’Ue.
Il regolamento screening, presentato dalla relatrice Birgit Sippel (Germania, S&D), è stato approvato con 366 voti favorevoli, 229 contrari e 26 astensioni. Stabilisce, in sintesi, che le persone che non soddisfano i requisiti per entrare nell’Ue saranno soggette a un accertamento preliminare della durata massima di sette giorni, comprensivo di identificazione, raccolta di dati biometrici e controlli sanitari e di sicurezza. Gli Stati membri dovranno istituire meccanismi di controllo indipendenti per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. I deputati hanno approvato anche un nuovo regolamento sul sistema centralizzato di informazioni sulle condanne (Ecris-Tcn), con 414 voti favorevoli, 182 contrari e 29 astensioni.
La legge che prevede una nuova procedura Ue per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale, presentata dalla relatrice Fabienne Keller (Francia, Renew), è stata approvata con 301 voti favorevoli, 269 contrari e 51 astensioni. Con le nuove regole, il trattamento delle domande di asilo alle frontiere dovrà diventare più rapido, con scadenze più brevi per le domande infondate o inammissibili. La nuova procedura per il rimpatrio alle frontiere è stata approvata con 329 voti favorevoli, 253 contrari e 40 astensioni. Il regolamento Eurodac, presentato dal relatore Jorge Buxadé Villalba (Spagna, Ecr), è stato approvato con 404 voti favorevoli, 202 contrari e 16 astensioni.
I dati delle persone che entrano irregolarmente nell’Ue, comprese le impronte digitali e le immagini del volto di chiunque abbia più di sei anni, saranno memorizzati nella banca dati Eurodac aggiornata. Le autorità potranno anche segnalare gli individui aggressivi, armati o che rappresentano una minaccia alla sicurezza. Il regolamento sul riconoscimento dello status di rifugiato o di persona che gode di protezione sussidiaria e sui diritti applicabili, presentato dal relatore Matjaž Nemec (Slovenia, S&D), è stato approvato con 340 voti favorevoli, 249 contrari e 34 astensioni.
Gli Stati membri avranno il compito di valutare la situazione nel Paese di origine sulla base dei dati forniti dall’Agenzia Ue per l’asilo. Una volta concesso, lo status di rifugiato sarà sottoposto a verifiche regolari. Chi ha richiesto protezione dovrà rimanere nel territorio dello Stato membro responsabile di esaminare la domanda o dello Stato che ha concesso la protezione.
La direttiva sull’accoglienza dei richiedenti asilo, presentata dalla relatrice Sophia In’t Veld (Olanda, Renew), è stata approvata con 398 voti favorevoli, 162 contrari e 60 astensioni. In base alle nuove norme, gli Stati membri dovranno garantire che gli standard di accoglienza dei richiedenti asilo, ad esempio per quel che riguarda alloggi, istruzione e sanità, siano gli stessi in tutta l’Unione. I richiedenti asilo registrati potranno iniziare a lavorare al più tardi entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda. Si procederà anche a regolamentare le condizioni di detenzione e la limitazione della libertà di circolazione, in modo da disincentivare gli spostamenti da un Paese Ue all’altro.
Il regolamento sul nuovo quadro Ue per il reinsediamento (nel gergo comunitario è il trasferimento di un rifugiato da un Paese terzo all’Ue), presentato dal relatore Malin Bjoerk (Svezia, The Left), è stato approvato con 452 voti favorevoli, 154 contrari e 14 astensioni. Il nuovo quadro per il reinsediamento e l’ammissione umanitaria prevede che gli Stati membri possano offrirsi di ospitare i cittadini di paesi terzi riconosciuti dall’Onu come rifugiati, ai quali sarà garantito un accesso all’Ue legale, organizzato e sicuro.
Una volta approvate formalmente anche dal Consiglio, le leggi entreranno in vigore dopo essere state pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. L’applicazione dei regolamenti è prevista dopo due anni. Per quanto riguarda la direttiva sulle condizioni di accoglienza, gli Stati membri avranno due anni di tempo per introdurre le modifiche nelle loro leggi nazionali.
Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione commenta: «Diventa legale ciò che Asgi ha in più occasioni denunciato: le pratiche che negli ultimi anni hanno portato alla violazione dei diritti fondamentali delle persone straniere, sia alle frontiere esterne che all’interno degli Stati europei. Queste violazioni sono state a più riprese condannate anche dalle Corti europee, come avvenuto ad esempio con la condanna della Cedu all’Italia per la detenzione illegittima all’interno dell’hotspot di Lampedusa, o per la detenzione arbitraria di minori nell’hotspot di Taranto.
Molte delle nuove previsioni sono in contrasto con la Costituzione italiana, a partire dall’art. 10 co 3 Cost., che sancisce il diritto di asilo individuale per tutte le persone straniere e la protezione dal respingimento durante l’esame della domanda. Il nuovo Patto prevede l’applicazione generalizzata di procedure accelerate, sommarie, fondate sulla provenienza geografica e non sulla storia individuale delle persone. Il rischio di un esame approssimativo e standardizzato è l’aumento generalizzato di espulsioni in violazione del principio di non-refoulement, principio cardine del diritto internazionale. Molte di queste procedure potranno e, in alcuni casi, dovranno obbligatoriamente svolgersi nelle zone di frontiera, in un regime di detenzione. Anche le famiglie e, in alcuni casi, i minori, potranno essere privati della loro libertà: questo scenario contrasta palesemente con il quadro di garanzie per i minori previsto dall’ordinamento italiano.
In base alla nuova finzione giuridica di non ingresso, le zone di frontiera sono considerate come non facenti parte del territorio degli Stati membri: perciò le persone sottoposte ad accertamenti negli hotspot e alla nuova procedura di asilo di frontiera non potranno muoversi sul territorio e non potranno avere accesso ad una tutela effettiva dei loro diritti fondamentali. La permanenza delle persone in frontiera, in condizioni che sono già state riconosciute come inumane e degradanti (come nel caso dell’hotspot di Lampedusa) causerà un aumento di sofferenza e si tradurrà in una forma di violenza istituzionale nei confronti di soggetti che, soprattutto al momento del loro ingresso in Italia, avrebbero invece necessità di essere soccorsi, accolti e presi in carico rispetto alle vulnerabilità individuali. Inoltre, l’applicazione della finzione di non ingresso limiterà i percorsi di integrazione delle persone sul territorio, finendo con il produrre ulteriore irregolarità e sfruttamento delle persone in movimento.
Il sostanziale svuotamento del diritto di asilo, la detenzione sistematica e arbitraria, l’introduzione nel nostro ordinamento di concetti giuridicamente ambigui e del tutto estranei al sistema nazionale (come la finzione di non ingresso), il probabile aumento della profilazione etnica in ragione delle nuove regole sugli accertamenti, potranno avere un impatto significativo sugli assetti e gli equilibri istituzionali del nostro Paese e sul mantenimento dei principi dello stato di diritto, anche a fronte di un probabile l’aumento del ricorso all’autorità giudiziaria.
Tutto ciò, a fronte di una conferma delle regole che sino ad oggi individuato la competenza degli Stati in materia di esame delle domande di asilo. Il Patto di fatto conferma i pilastri del precedente sistema (cd. di Dublino) e configura una forma di solidarietà che si fonda unicamente sul versamento di contributi economici a favore degli Stati di frontiera, che verranno tuttavia utilizzati per finanziare l’esternalizzazione dell’asilo e delle migrazioni. Di conseguenza, oltre ad essere disumano e a porsi in contrasto con la tutela effettiva dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, il Patto si rivelerà costoso e oneroso per gli Stati posti alle frontiere esterne, come l’Italia, che dovranno in pochi anni sostenere spese esagerate per la predisposizione di un apparato detentivo dannoso per le persone migranti e per le comunità in cui sorgeranno i nuovi centri.
Per queste ragioni, Asgi in questi giorni si è associata agli appelli della società civile a livello italiano ed europeo che esortano i Parlamentari europei a non votare il Patto, e chiede nuovamente a tutti i parlamentari italiani ed europei, individualmente e a prescindere dal loro schieramento politico, ad opporsi a questa pericolosa controriforma che compromettere l’effettività non solo del diritto di asilo e del diritto al non-refoulement ma anche di altri fondamentali diritti umani».
In ambito cattolico la Cei, Conferenza episcopale con le parole del presidente della Commissione che si occupa dei problemi dell’immigrazione e presidente della fondazione Migrantes Gian Carlo Perego denuncia: «Questo Patto segna una deriva nella politica europea dell’asilo e il fallimento della solidarietà europea, che sembra infrangersi come le onde contro i barconi della speranza. Confidiamo – dice Perego – che l’art. 10 della nostra Costituzione rimanga come presidio sicuro per tutelare i richiedenti asilo. Le prossime elezioni europee saranno un banco di prova importante per rigenerare l’Europa a partire dalle sue radici solidali e non piegarla a nazionalismi e populismi che rischiano di dimenticare la nostra comune storia europea».
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