Itaca, scuola di vita

«Una scuola dedicata a chi vuole fare della scrittura una vocazione». «Itaca» è la sfida messa in campo dal giornalista e scrittore Claudio Fava

 

«Una scuola per chi vuole fare della scrittura una vocazione, Itaca», questo è il nome scelto per la nuova sfida messa in campo da Claudio Fava, giornalista professionista, scrittore, autore televisivo e drammaturgo e che appunto con la sceneggiatura del film I cento passi ha vinto il David di Donatello. Fava è stato parlamentare regionale, nazionale ed europeo e presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana (Ars), anche per questo motivo, è stato più volte interpellato dal nostro giornale.

 

Già nel 1989 Nanni Moretti nel suo film Palombella rossa ricordava (sgarbatamente, ma giustamente), quanto le parole fossero importanti e crediamo a tanti anni di distanza, che lo siano soprattutto oggi nel tempo presente, costantemente attraversato da tensioni politiche, guerre, crisi economiche e ambientali.

 

«L’idea di tornare a lavorare e a ragionare intorno alla parola, alla scrittura, risuonava nei miei pensieri da tempo – ci dice Fava -, volevo fare qualcosa nella mia Sicilia, e l’idea era appunto quella di offrire ai giovani l’opportunità di cimentarsi con la scrittura. Per farlo era necessario creare una vera e propria scuola di scritture. Un luogo nel quale i giovani potessero cimentarsi senza dover necessariamente andare altrove, dove ci sono realtà importanti, ma lontane. Dal principio, dunque, con il gruppo di lavoro siamo partiti da Palermo, attivando alcuni laboratori interdisciplinari di scrittura creativa, in tutte le sue declinazioni: teatro, scrittura giornalistica, sceneggiatura. Anche workshop intensivi della durata di tre giorni settimanali primaverili, per passare poi a veri e propri master annuali dedicati alla scrittura e al giornalismo».

 

Per fare una scuola servono ovviamente i docenti, ricorda Fava «e il nostro corpo docente è affiatato e preparato e accoglie scrittori d’eccellenza, da Giancarlo De Cataldo a Stefania Auci, da Nadia Terranova a Federica  Turiaco, per citarne solo alcuni, e ancora Roberto Alajmo o l’attore Ninni Bruschetta. Molti giornalisti hanno aderito all’iniziativa. Una Casa editrice e un giornale raccolgono gli scritti e i lavori prodotti dagli studenti, un altro modo per investire e per valorizzare i talenti».

 

Borse di studio, crediti formativi per ordini professionali e sponsor «per sostenere l’ingresso di tutte e tutti coloro che lo vorranno, sono alla base del nostro progetto. Il giornale Itaca è la vetrina importante delle nostre attività ma anche uno sguardo verso l’esterno e dove le firme sono voci plurali».

Una scuola eticamente inclusiva, rileva Fava, perché parte radici profonde, «quelle di una vita, come la mia, spesa per i diritti e la legalità e accanto alla scrittura; una vita d’impegno politico – dice ancora -. La scrittura è una grande risorsa per la libertà, per la democrazia, è un’espressione del concetto più ampio di responsabilità. Una società, capace di saper leggere e di saper scrivere – e di raccontare, perché questo è un tempo che ha bisogno d’essere raccontato e non di essere sintetizzato, semplificato – è una società in grado di guardare, approfondire e interpretare».

 

Tornando al tema delle parole, del saper scegliere i termini più appropriati, Fava afferma: «la cura nella scelta delle parole è vitale. Anche il nome “Itaca” non è casuale, include molte suggestioni, la prima ovviamente è quella del viaggio, una parola chiave ma che sottende all’archetipo letterario del cambiamento, e il senso ultimo del ritorno, dell’impresa finale».

 

Un viaggio quello di Itaca, dunque, per affinare il pensiero critico attraverso «una scrittura con diverse “inquadrature”. Una scrittura da guardare, da masticare, da elaborare, da trovare. La scrittura è fatica – dice Fava -: Ernest Hemingway ricordava che «non ci vuole niente a scrivere, tutto ciò che si deve fare è sedersi alla macchina da scrivere e iniziare a sanguinare».

 

Scrivere non è facile, conclude Fava, perché «richiede tempo e ricerca. Dunque oggi dovremmo puntare all’uso e non al consumo del tempo, dovremmo porre attenzione alla scelta delle parole, che vanno cercate e non raccolte o semplicemente accolte da chi ce le porge. Oggi viviamo una consuetudine, quella di lavorare in gran velocità, dovremmo invece tornare a una costruttiva e riflessiva lentezza.

 

La macchina “da scrivere” e quella fotografica a pellicola facilitavano l’attenzione e obbligavano alla ricerca del dettaglio, non si poteva scattare una foto a vanvera, non si poteva sbagliare il tasto. Non era possibile fare un comodo copia e incolla: ogni attacco e ogni parola dovevano essere pensate, pesate, prima di ogni stesura. Un utile allenamento al pensiero critico, alla ricerca, alla profondità».

Tre le «parole chiave» che Claudio Fava indica infine ai giovani studenti in un tempo obeso da frenesie e sincrasie: «responsabilità, sguardo e dubbio».

 

Foto: https://www.flickr.com/photos/oscepa/