Sapere di essere amati, amate
Un giorno una parola – commento a Romani 8, 15
Ascolta la meditazione:
Il Signore si compiace di quelli che lo temono, di quelli che sperano nella sua bontà
Salmo 147, 11
E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!»
Romani 8, 15
Io e mio fratello siamo entrambi stati adottati in età diverse. Io dopo pochi mesi dalla nascita e mio fratello quando aveva sette anni.
Uno dei più bei ricordi che ho della mia infanzia è stato il giorno in cui mio fratello, pochi mesi dopo essere arrivato nella nostra famiglia, si è rivolto a nostro padre e gli ha detto: «posso chiamarti papà?».
Mi ricordo ancora che ogni volta che nostro padre lo raccontava, si commuoveva. Lui, uomo sempre serio e non portato a mostrare i sentimenti. Quel giorno, da quel momento, per mio padre eravamo una famiglia completa.
Per mio fratello il poter chiamare “papà” nostro padre significava sentirsi finalmente al sicuro, accettato e amato come mai prima era successo. Significava non aver più paura di essere rimandato indietro all’«Istituto» né sballottato tra case e comunità diverse ogni sei mesi. Era a casa finalmente.
Questo è quello che provo anche io ogni volta che leggo queste parole dell’apostolo Paolo. Grazie all’amore sconfinato di Dio e al suo Spirito che mi è stato donato, so che sono amato e accettato. So che grazie a Gesù sono libero e non più vincolato alle mie paure.
Come un genitore amorevole, Dio ci tiene a me, e a te. Dio ci invita a braccia aperte a fare parte della sua famiglia. Siamo a casa. Amate e amati incondizionatamente, così come siamo. Ed è una cosa bellissima!
E ancora più bello è che non siamo soli, sole ma se ci guardiamo attorno abbiamo tanti fratelli e tante sorelle che come noi hanno gridato “Abbà! Padre!” e hanno sperimentato l’abbraccio amorevole di Dio. Amen.