Consiglio ecumenico delle chiese: stop immediato alle brutalità a Gaza
A Gaza, sono almeno 21.500 i morti, quasi 56.000 i feriti, e la sconcertante cifra di 1,9 milioni di persone – più dell’80% del totale – è stata sfollata.
Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) ha diramato l’ennesima dichiarazione in cui chiede la cessazione immediata delle brutalità a Gaza. Ne riportiamo la traduzione integrale.
Mentre un anno di eccezionale e crescente conflitto è terminato, e mentre preghiamo per la pace per tutti nel 2024, «questa prospettiva sembra più remota che mai per la popolazione sofferente e traumatizzata di Gaza», così afferma il Segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), pastore Jerry Pillay.
Dopo gli scioccanti attacchi del 7 ottobre nel sud di Israele, in cui i militanti di Hamas hanno ucciso 1.200 persone – per lo più civili – e preso in ostaggio altre 240, la risposta militare israeliana a Gaza è diventata indistinguibile da una guerra non solo contro Hamas ma contro tutta la popolazione civile del territorio.
A Gaza, sono almeno 21.500 i morti, quasi 56.000 i feriti, e la sconcertante cifra di 1,9 milioni di persone – più dell’80% del totale – è stata sfollata.
«La maggior parte delle infrastrutture civili è stata distrutta o danneggiata, e servizi essenziali come assistenza sanitaria, istruzione e sistemi di protezione sono al collasso – prosegue Pillay – Le conseguenze umanitarie sono incalcolabili e aumentano ogni giorno che il conflitto si prolunga».
«Le forze israeliane che in questo momento avanzano verso i campi profughi nel centro di Gaza hanno costretto alla fuga circa altri 150.000 palestinesi, ma nessuna parte del territorio può essere considerata un rifugio sicuro per loro» osserva Pillay.
«L’impatto sui bambini e sulle famiglie nella regione è particolarmente grave. Più di 8.600 bambini sono stati uccisi e migliaia di altri sono rimasti orfani o feriti. Le loro case sono state distrutte, le loro famiglie sfollate e separate. Manca loro l’accesso ad acqua, cibo, assistenza sanitaria, istruzione. Inoltre, stanno vivendo esperienze straordinariamente traumatiche, che impatteranno sulla loro salute mentale e su quella delle generazioni successive» sottolinea Pillay.
Nel frattempo, mascherata dalla travolgente crisi di Gaza, anche la violenza contro i palestinesi in Cisgiordania è in aumento. «Nel periodo da gennaio a ottobre 2023 si era registrato il maggior numero di attacchi da parte di forze di sicurezza e coloni israeliani ai danni di palestinesi dai primi dati raccolti dall’UN nel 2005. La situazione è peggiorata rapidamente dopo il 7 ottobre». Un recente rapporto delle Nazioni Unite documenta l’uccisione di 300 palestinesi – tra cui più di 50 bambini – da parte di forze di sicurezza e coloni israeliani a seguito degli attacchi di Hamas.
Pillay esorta la cessazione immediata di questa brutale violenza, «che non può assolutamente portare pace e sicurezza né agli israeliani né ai palestinesi, ma solo a ulteriore violenza e spargimento di sangue».
E aggiunge: «Deve esserci una risposta di emergenza globale alla catastrofe umanitaria che affligge il popolo di Gaza. E deve esserci – come fondamento essenziale per qualsiasi futura pace sostenibile nella regione – la piena presa di responsabilità per i crimini commessi dalle forze armate e dai coloni israeliani così come dai militanti di Hamas».
«All’alba del nuovo anno – conclude Pillay – preghiamo affinché tutti coloro che attualmente perpetrano violenza e brutalità si discostino da questo percorso autodistruttivo e scelgano la via del dialogo, della giustizia e della pace. Preghiamo affinché la popolazione della regione venga liberata dalle sofferenze imposte loro dalla violenza vendicativa e dall’occupazione illegale. E preghiamo per la pace nella terra natale di Cristo, una pace fondata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti umani di tutti: israeliani e palestinesi, ebrei, musulmani e cristiani, ugualmente».