Le interrogazioni della coscienza storica
L’editrice Claudiana ha ripubblicato il libro di Mario Miegge “Che cos’è la coscienza storica?”
Quando si procede alla ripubblicazione di un libro da parte di un editore diverso da quello della prima edizione, il motivo è da ricercarsi il più delle volte nell’attualità del testo, che può rimanere tale anche a distanza di anni; oppure in una “rinnovata” attualità, dovuta a circostanze intercorse nel frattempo. Il caso del libro di Mario Miegge Che cos’è la coscienza storica?, (Feltrinelli, 2004), riedito dopo 18 anni da Claudiana*, nelle cui intenzioni è anche la riedizione de Il sogno del re di Babilonia (Feltrinelli 1995) è diverso. I fatti più rilevanti della fine del secolo XX: il crollo del Muro di Berlino (1989); la prima guerra del Golfo (1991) e i bombardamenti su Belgrado (1999); l’attacco alle Torri Gemelle (2001), si erano già verificati prima dell’uscita del libro. Ma allora? Allora succede che l’attualità di questo testo è certificata non da nuovi accadimenti, ma dal fatto che le tesi in esso contenute hanno trovato nel frattempo ulteriori conferme: il nostro rapporto con la storia è cambiato, e cambia sempre più, in una frattura irreversibile, e sempre più ampia.
Qui è illuminante la prefazione scritta ad hoc da Elena Bein. Se la coscienza storica – lei scrive – è «la capacità di pensare la temporalità lunga della storia» (p. 5) o, come dice Miegge stesso, è la capacità di congiungere la domanda “chi siamo?” con le altre due (“da dove veniamo?” e “dove andiamo?”), ebbene nell’epoca che viviamo pare proprio che la capacità di intrecciare queste domande sia sparita. Troppo schiacciati sul presente, perdiamo la capacità di cogliere «il senso complessivo di ciò che accade» (ibid.). Non solo: le delusioni che derivano (legittimamente) dalla mancata realizzazione di molte istanze di rinnovamento, di giustizia, di uguaglianza, teorizzate e poi persesi per strada (quando non hanno dato luogo a obbrobri peggiori dei mali che volevano curare), fanno sì che del passato si vedano più i “progetti traditi” che i passi in avanti, incompleti e provvisori, che sono stati fatti dall’umanità.
Il legittimo esercizio dell’interpretazione si è mangiato la ricerca della verità. La pars destruens, godendo di tecniche sempre più raffinate, prevale sulla pars costruens. Ci dimentichiamo che ogni interpretazione è lecita, ma non tutte hanno lo stesso valore – lo diceva con ostinazione Giovanni Jervis, oggi abbastanza negletto anche in ambito protestante. Si perde insomma quella tensione, che Miegge stesso ricavava dal pensiero di Paul Ricoeur, in virtù della quale la coscienza storica, nonostante le possibili e inevitabili delusioni, continua a farci intravedere un progetto che soggiace al nostro agire. Spazzate via le illusioni ottimistiche delle filosofie della storia tipiche della modernità, uno scatto etico, di responsabilità (che Ricoeur ben ricava dalla tradizione protestante) deve spingerci a guardare al di là del nostro rapporto con la storia stessa. Un libro di scritti in ricordo del Miegge filosofo e storico della filosofia1 ha ben riconosciuto l’importanza di queste tesi.
Per esporre queste tesi, dopo una prima parte del libro in cui espone la visione teorica qui sommariamente descritta, Miegge prende in esame proprio l’evoluzione del concetto di cittadinanza dal Basso Medio Evo ad alcuni snodi più vicini a noi, come la Rivoluzione francese; un’ultima parte, in forma dialogica, è orientata all’attualità. Se avremo sempre chiaro che la storia è anche storia della nostra risposta alla vocazione che ci viene rivolta, sapremo far tesoro degli esempi del passato. Vicini, anche se lontani nei secoli; attuali, anche a distanza di vent’anni.
1. P. Zanardi (a c. di), Coscienza storica e impegno civile. Saggi in onore di Mario Miegge (con testi, fra gli altri, di Emidio Campi, Daniele Garrone, Debora Spini). Milano, Mimesis, 2016.
* M. Miegge, Che cos’è la coscienza storica. Prefaz. di E. Bein Ricco. Torino, Claudiana, 2022, pp. 250, euro 19,50.