Un film fa luce su 11 donne audaci il cui atto di sfida ha cambiato la Chiesa episcopale
“The Philadelphia Eleven” descrive il processo verso la cosiddetta ordinazione irregolare di 11 donne senza l’approvazione della denominazione
Dieci minuti dopo l’inizio di un nuovo documentario sulla battaglia per l’ordinazione delle donne nella Chiesa episcopale (anglicana), un breve clip d’archivio mostra la prima volta che le donne si sono sedute come rappresentanti con diritto di voto nella Camera dei Deputati della denominazione.
Anche se le donne hanno fatto quel piccolo passo avanti, sono state presentate da un pastore maschio che ha descritto le donne deputate come «portatrici di qualcosa di cui la Camera ha disperatamente bisogno da molto tempo: un po’ di bellezza». Tale era l’atteggiamento sminuente nei confronti delle donne quattro anni prima che un gruppo di 11 diacone donne istruite in seminario sfidassero la loro chiesa ad accettarle come pastore nel 1974.
“The Philadelphia Eleven”, un nuovo documentario che decine di chiese stanno ora proiettando in tutto il Paese, descrive il processo verso la cosiddetta ordinazione in cui tre vescovi (con un quarto osservante) hanno ordinato 11 donne sacerdote senza l’approvazione della denominazione. L’ordinazione – spesso descritta come un atto di disobbedienza – ha causato profonde divisioni nella Chiesa. Le donne sono state denigrate dai media e con attacchi personali. Ma aprirono anche la strada verso la piena adesione delle donne al sacerdozio da parte della denominazione due anni dopo, nel 1976.
L’anno prossimo ricorre il cinquantesimo anniversario di quell’ordinazione irregolare e il documentario getta una nuova luce su quel momento cruciale e sui metodi utilizzati per realizzarlo.
Sei delle 11 donne ordinate, tutte bianche, sono ancora vive e le loro eloquenti testimonianze di essere uguali agli uomini costituiscono l’essenza del documentario. Al contrario, pastori e vescovi compaiono nelle immagini d’archivio inveendo contro l’idea delle donne sacerdote, intonando a una sol voce che «il sacerdozio implica paternità» e, come insiste un pastore, «non possiamo avere un gallo femmina».
Il documentario arriva anche in un momento in cui l’uguaglianza di genere è in fase di stallo poiché le legislature statali limitano l’aborto e i diritti delle minoranze.
«Siamo in uno spazio in cui i diritti delle donne stanno iniziando a arretrare, e comprendere le storie delle donne che vengono prima di noi e le spalle su cui poggiamo è l’unico modo per andare avanti», ha affermato Margo Guernsey, regista del film, regista e produttrice.
Guernsey, regista indipendente con sede nel Massachusetts, ha detto di non aver mai sentito parlare delle 11 di Filadelfia finché non ha avuto una conversazione telefonica con uno dei suoi leader, la pastora Carter Heyward, ed è tornata con la voglia di saperne di più.
Guernsey iniziò a colmare quella lacuna nella sua conoscenza. Si è trasformata in un’odissea di otto anni che ha incluso interviste conte sopravvissute e le persone intorno a loro, immersioni profonde in filmati d’archivio e, cosa più difficile di tutte, la raccolta di fondi per il documentario, sottoscritta da 1.200 persone.
Heyward ha un posto di rilievo nel documentario. Lei ed Emily Hewitt erano tra le leader del gruppo. All’inizio degli anni ’70, entrambe studiavano all’Union Theological Seminary di New York City. A loro si unì Suzanne Hiatt, che lavorava come organizzatrice di giustizia sociale presso la Church of the Advocate di Filadelfia.
La Chiesa episcopale non aveva regole che vietassero le donne pastore, ma ordinarle semplicemente non veniva fatto. Dopo che diversi tentativi di consentire l’ordinazione delle donne fallirono alla Conferenza Generale, i tre iniziarono a complottare per scuotere lo status quo.
«Fu solo quando il congresso di Louisville del 1973 respinse l’ordinazione delle donne con un margine ancora maggiore rispetto al congresso di Houston del 1970 che ci rendemmo conto che era necessario fare qualcosa per risolvere questa questione», ha detto Heyward, ora 79enne, a Religion News Service.
I tempi stavano cambiando. L’emendamento sulla parità di diritti fu approvato a stragrande maggioranza da entrambe le camere del Congresso nel 1972. Il movimento per i diritti civili degli afroamericani ha avuto una profonda influenza sulle donne. (Il documentario include un’intensa intervista con Barbara Harris, la prima donna e la prima donna nera ad essere consacrata vescova nella Chiesa episcopale.) Inoltre, altre denominazioni avevano già iniziato a ordinare donne, inclusa la Chiesa metodista unita e parti della Chiesa Chiesa Presbiteriana (USA); la Chiesa evangelica luterana in America ha ordinato per la prima volta una donna nel 1970.
Alla fine Hiatt convinse Paul Washington, un pastore afro americano, a condurre un’ordinazione per le donne presso la Church of the Advocate e reclutò quattro vescovi disposti a prenderne parte.
La notizia dell’ordinazione del luglio 1974 trapelò alla stampa e tutte le reti televisive si misero in fila per darne notizia. La chiesa, che conta 1.000 posti, era gremita. Dopo la cerimonia durata tre ore, i vescovi episcopali sono stati convocati per una riunione di emergenza all’aeroporto O’Hare di Chicago, dove l’ordinazione è stata dichiarata “non valida” e alle donne è stato vietato di celebrare i sacramenti.
Lo hanno fatto comunque, celebrando la Santa Cena presso la Riverside Church di New York City, che non è affiliata alla Chiesa episcopale. Successivamente sono state invitate a celebrare la Santa cena in due chiese episcopali. (Entrambi i pastori maschi furono processati e accusati di aver violato la costituzione e i canoni della chiesa per averlo consentito.)
Ma anche dopo che la Convenzione Generale del 1976 votò per consentire l’ordinazione delle donne e “regolarizzò” le ordinazioni delle 11 di Filadelfia, fu difficile per le donne trovare lavoro alla guida delle chiese. Le 11continuarono a insegnare in seminario, e alcune, come Heyward, diventarono teologhe. Altre servivano come cappellane.
La pastora Nancy Wittig trascorse i primi 10 anni dopo la sua ordinazione come “pastora supplente”, sostituendo il titolare in vacanza. Alla fine fu chiamata a servire due piccole chiese: una nel New Jersey e una in Pennsylvania. Più tardi in Ohio, dove ora vive, ha lavorato come assistente del rettore in un sobborgo di Cleveland.
In un’intervista telefonica, Wittig ha notato con orgoglio che la sua diocesi dell’Ohio ha appena eletto una donna vescovo e anche la diocesi dell’Ohio meridionale ha chiamato una donna come vescova. «Sta succedendo. È giusto ed è bello».