Essere chiesa insieme
Intervista al presidente della Federazione delle chiese evangeliche Daniele Garrone in vista dei due importanti eventi previsti a Roma a inizio dicembre
Articolato in due momenti (il 7 e 8 dicembre lo Youth World Cafè, incontro dedicato ai giovani e alle giovani delle chiese evangeliche, e dall’8 al 10 dicembre il convegno per «Insieme in Cristo») è dietro l’angolo, a Roma, un importante evento che rientra nel programma Essere Chiesa insieme (Eci). Ne parliamo con Daniele Garrone , presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. A questo link le informazioni generali sui due eventi
– Molti anni sono passati dall’ultimo grande evento Eci: che cosa è cambiato, nel frattempo, nelle nostre chiese?
«Recentemente gli incontri di Essere Chiesa insieme hanno coinciso con i corsi del Laboratorio interculturale di formazione e accoglienza (Linfa) che, negli anni, hanno coinvolto centinaia di membri delle chiese evangeliche italiane. L’ultimo si è chiuso nel 2019, e nel 2021 sarebbe dovuta partire una nuova edizione di questo progetto formativo che si rivolge sia alle nostre sorelle e ai nostri fratelli immigrati sia agli “italiani”. Purtroppo la pandemia ci ha costretto a rinviare la nuova edizione del Linfa, che a questo punto prevediamo riprenderà nel 2024. Più in generale, dobbiamo riconoscere che il Covid ha avuto sulle nostre chiese ricadute che durano ancora e che pesano maggiormente su quelle multietniche e interculturali, nelle quali tanta importanza ha la dimensione della condivisione e dell’incontro fraterno. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo dovuto prendere atto delle numerose partenze di migranti evangelici ben inseriti nelle nostre chiese, che hanno scelto di spostarsi in altri Paesi dove evidentemente si sentono più tutelati e garantiti; altri ancora, inoltre, hanno preferito rivolgersi a chiese “etniche” nelle quali probabilmente hanno trovato un ambiente più vicino alle loro sensibilità teologiche e spirituali».
– Al di là dei grandi eventi, tuttavia, le chiese hanno proseguito le esperienze in ambito locale, come mostrano le schede pubblicate sullo scorso numero. C’è dunque una sorta di nervatura che rende possibile lo scambio interculturale che si sviluppa soprattutto a livello locale, mi pare di capire.
«È questa la ricchezza primaria di Eci. Diversamente da quanto accade in altre Chiese sorelle all’estero, non è un progetto riservato “ai migranti”, ma è il modo ordinario in cui numerose chiese valdesi, metodiste, battiste, pentecostali e avventiste hanno scelto di vivere la loro pratica comunitaria: i culti, la scuola domenicale, le attività giovanili e formative. In questo senso, Eci vive primariamente a livello locale, nel quotidiano di chiese che decidono di misurarsi con la sfida dell’interculturalità. Per esperienza, sappiamo bene che non è un impegno facile: occorre una piena e condivisa convinzione teologica, è necessario avere coscienza della diversità delle tradizioni ecclesiologiche e rendersi disponibili all’incontro e al confronto con altre sensibilità. Tante volte ci siamo detti che Eci è un percorso che si snoda cammin facendo. Non è una corsa a tappe né una maratona. E abbiamo capito che non c’è un traguardo che, una volta superato, non richiede più fatica e impegno. Il cammino continua e richiede disponibilità al cambiamento e al rinnovamento. Tutto questo ci pare molto evangelico, del resto!».
– Il doppio programma propone un “essere insieme” che non è solo interculturale, ma si rivolge anche a un più ampio ambito (Fdei, chiese avventiste, Federazione delle chiese pentecostali): un “intreccio fra intrecci”?
«Ciò che convenzionalmente chiamiamo Eci non è solo un esperimento ecclesiologico ma un’occasione per testimoniare che l’Evangelo abbatte i muri delle nazioni, delle culture, delle lingue, e ci unisce in Cristo. Da qui anche il titolo che abbiamo dato ai due appuntamenti di dicembre: “Insieme in Cristo”. Semplificando, alcune volte ci siamo detti che Essere Chiesa insieme è semplicemente il nostro modo di “essere chiesa”. Con questa espressione vogliamo dire che la pratica interculturale non è qualcosa che si aggiunge al programma di una comunità, il modulo di uno scaffale che si può ampliare o ridurre a seconda delle necessità. È piuttosto una impalcatura che sorregge l’intero scaffale. Se la pluralità delle provenienze e lo scambio interculturale si radicano nella coscienza di una comunità, è ovvio che essa ripensi tutte le sue attività in questa prospettiva. Compito della Fcei è incoraggiare e facilitare questo processo».
– Quando si avvicina un appuntamento di rilievo, non si può fare a meno di pensare: e dopo che cosa succederà, quale continuità possibile?
«Ci aspettiamo che alcune risposte vengano dai partecipanti ai due eventi. Tra i giovani, molti degli iscritti si avvicinano per la prima volta all’esperienza di Eci e speriamo che ricevano stimoli per proseguire il loro cammino in questa direzione. Nei mesi scorsi la Fcei ha pubblicato il Manuale LINFA: un testo utile anche alle comunità locali, che ci aiuterà nello sviluppo di una nuova edizione del corso, che speriamo di lanciare nei primi mesi del 2024. È in uscita, inoltre, il volume Chiese nere, lavoro nero dedicato alla realtà delle chiese etniche di Castel Volturno e di altri centri dove si registra un’alta concentrazione di migranti evangelici. Il volume, che sarà presentato in un convegno presso l’Università di Salerno, vuole rendere visibile la presenza di comunità evangeliche indipendenti che operano in contesti di grave sfruttamento. Altre proposte emergeranno dai convegni che immaginiamo come un’occasione per ripensare e rilanciare la visione e i progetti di Eci».
Box di note esplicative:
«Insieme in Cristo» si tiene nei giorni 7-8 dicembre (Youth World Cafè) e 8-10 dicembre (convegno), alla Casa La Salle (via Aurelia 472, Roma). Iscrizioni (entro il 24 novembre): [email protected]