Come superare il “sequestro di Dio”?
Una raccolta di interventi per cercare, fra credenti e non credenti, un nuovo universalismo
Lunedì 6 novembre alle ore 18.30 il Circolo dei Lettori di Torino ospiterà la presentazione del volume “Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica” curato da Andrea Billau. Interverranno con il curatore anche Stefano D’Errico e Michele Bonmassar, moderati da Mauro Belcastro, che ha curato la recensione del libro che potete leggere qui di seguito.
La storia si è sempre articolata attorno al rifiuto di assoluti che però continuamente emergevano durante il suo corso. O forse si è identificata nel suo contrario, l’abbraccio di assoluti (in lotta costante tra loro) per evitare “la notte in cui tutte le vacche sono nere”. Il libro polifonico curato da Andrea Billau* affronta (insieme a molti altri) proprio questo tema: assoluto e rifiuto di assoluto, in un mondo tanto intricato da aver dimenticato la sua stessa complessità. Se Riccardo Cristiano nella postfazione cerca di tirare le fila degli interventi raccolti nel volume, sintetizzandoli con l’idea del “sequestro” di Dio da parte ora dei credenti di qualunque confessione, ora degli atei (entrambi accusati di vivere di assoluti), io proporrei, accanto a questa brillante intuizione, anche l’idea di rimozione o di oblio del divino.
Il libro raccoglie cinque interventi, con una introduzione, una prefazione e una postfazione, di autori (e un’autrice) diversi per posizionamento di fronte al tema del religioso e del divino, ma tutti accomunati dall’idea della crisi del paradigma della secolarizzazione e, soprattutto, del fallimento dell’assunto (scientismo diffuso) del positivismo. L’oblio del divino significa rimozione del possibile, impossibilità di pensare per l’essere umano contemporaneo a una alternativa a questo mondo meccanico, piatto, in cui se si vuole vivere una qualsivoglia dimensione di fede ci si debba necessariamente affidare a una religione più o meno rivelata (e istituzionale), mentre se si vuole vivere liberi da ogni forma di superstizione si deve allora abbracciare l’ateismo. Il libro offre una prospettiva che superi questa alternativa, in fondo dettata da quello stesso paradigma scientista che oggigiorno avrebbe vinto (medaglia di cui “credenza istituzionale” e “ateismo” sarebbero le due facce).
Passando per la teologia, la filosofia, l’anarchismo tollerante, il diritto e persino per lo sguardo incantato della fotografia, gli “spiriti liberi” di Per un nuovo universalismo cercano di dialogare attorno a una questione essenziale: come pensare il rapporto tra i laici e il sacro? Nel profondo dell’umano ci sarebbe qualcosa che lo spinge verso l’“altrove” (il «Tutto»): ma che cos’è questo altrove? Come vivere laicamente una relazione con quella dimensione, che non appiattisca la vita umana nel qui e ora? La bellezza di questo libro è in fondo l’assenza di sistematicità nella risposta, cioè la realizzazione di una forma plurale, discontinua e a volte anche contraddittoria, di un dialogo che non può che suscitare nel lettore il desiderio di intervento nel dibattito, la voglia di rispondere a questa o quella considerazione, ora il dissenso (anche forte), ora l’assenso, ma sempre e comunque problematizzante.
Solo due esempi.
Il primo relativo all’intervento di Stefano d’Errico sull’anarchico Camillo Berneri, che cerca – nel confronto etico con il Cattolicesimo – una via comune tra anarchismo e credenza, al di là della convenienza politica (Gramsci). L’essere umano, secondo Berneri, non è il significato e il fine dell’universo. La teoria (evoluzionista) che l’ha posto come scopo ultimo del cosmo è in definitiva un assoluto violento che si associa ad altri assoluti, dall’anticlericalismo di maniera (quello dei comunisti stalinisti, ma anche degli anarchici assolutisti) alla credenza istituzionale. Contro qualsiasi posizione “irregimentata”, Berneri (e D’Errico con lui) pone nell’anarchismo agnostico una via terza, dialogante, la cui base è indicata nell’etica della tolleranza e del rifiuto di ogni estremismo, apertura alla diversità di tutte le posizioni.
Il secondo esempio è quello offerto dall’intervento di Andrea Billau che, nelle sue pagine, ricerca uno “spirituale” oltre al “materiale”, la sfera noetica (la noosfera di Teilhard de Chardin) al di là della materialità, a causa di una “incompiutezza” della materialità stessa. Questa sfera (in fondo, come lo definisce lo stesso Billau, il «panteismo» della mente comune) è quel «Tutto» che tutto accomuna, nella realizzazione della «Nuova Creazione» tutta in mano agli esseri umani liberati dal peso della sola materialità.
In questo libro estremamente stimolante, restano a mio avviso molti i punti in sospeso. Ne vorrei segnalare tre per me essenziali, e che spero possano diventare spunti per continuare il dialogo (che, inevitabilmente, resta aperto): il primo è la mancanza di un confronto con Spinoza, che trovo invece decisivo per un tema di questa portata. Il secondo è l’assenza di una riflessione attorno al tema della teologia-politica che completerebbe le analisi e le riflessioni sul rapporto tra il “religioso” e il “politico” nella storia. Il terzo è l’assenza (eccezion fatta per l’eccellente prefazione) di contributi femminili: la ricerca dell’“altrove” passa anche per la messa in questione del religioso come a uno spazio “esistenziale” solo maschile.
* A. Billau (a c. di), Per un nuovo universalismo. L’apporto della religiosità alla cultura laica. Roma, Castelvecchi, 2023, pp. 67, euro 11,50.