Giornaliste: resta ancora il “tetto di cristallo”
Serata in memoria della giornalista Vera Schiavazzi ieri sera a Torino
Già otto anni che è mancata l’amica Vera Schiavazzi, improvvisamente, era il 22 ottobre 2015, e lei – una vera forza della natura per l’impegno, la passione per il giornalismo, la generosità, l’amore per le persone che trovava sul suo cammino – aveva solo 55 anni. Qualche anno dopo è mancato anche il marito Maurizio Mancini, compagno di ideali e battaglie, che la affiancava con la sua indulgente, protettiva ironia per il ritmo vorticoso di vita che Vera di fatto imponeva con la sua grande vitalità a tutta la famiglia… I figli tanto desiderati, Davide e Olga, ora sono dei ragazzi ormai grandi: ricordo il loro battesimo insieme alla mamma – che aveva fatto un lungo percorso di fede guidato da Giorgio Bouchard – nella chiesa valdese di Susa.
La memoria di Vera e di tutto quel che ha fatto, di tutto quello per cui si è spesa, ritorna anche quest’anno, nella serata di ieri al Circolo dei Lettori a lei dedicata, all’interno delle manifestazioni del “Premio Roberto Morrione”. Vera è stata giornalista alla Gazzetta del Popolo, poi al Messaggero, a La Repubblica, al Corriere della sera, ha collaborato con il sindaco Sergio Chiamparino sui problemi della città, è stata sindacalista nell’Associazione Stampa Subalpina, e soprattutto – gioiello del suo impegno – ha fondato e diretto il Master di giornalismo “Giorgio Bocca” dell’Università di Torino, dedicandosi alla formazione di generazioni di giovani. Inoltre si è battuta particolarmente per la valorizzazione del lavoro femminile nel campo dell’informazione, aprendo una pista pioneristica che è stata seguita da risultati significativi e condivisi.
Giustamente perciò, la serata, promossa oltre che dall’Ordine e dal Sindacato, dall’“Associazione ex allievi del Master”, è stata incentrata sul confronto tra colleghe di varie generazioni sul suo insegnamento e sulla strada percorsa in questi ambiti riguardo al rapporto complesso fra donne e informazione: l’accesso alla professione giornalistica ieri e oggi, l’uso del linguaggio, le modalità di comunicazione. La figlia Olga Mancini ha introdotto con un saluto, e l’amica di tanti anni, Simonetta Rho, già giornalista al Tg3, ha condotto la serata, chiedendosi se fosse cambiato o no, oggi per le donne, il mestiere di giornalista, e dando subito la parola alle giovani generazioni, rappresentate da Federica Frola, ex allieva del Master, e ora giornalista sportiva a Sky Sport, una specializzazione nuova per una donna. Così come per Letizia Tortello, anch’essa in un compito inedito, agli Esteri de La Stampa come inviata di guerra, recentemente in Ucraina.
Per le precedenti generazioni sono intervenute Stefanella Campana, già a La Stampa, a cui si devono tante battaglie per le pari opportunità , tra le fondatrici di “Se non ora quando” e ora di “GiULia- Giornaliste Unite Libere Autonome”, e Giuseppina Paterniti, già direttrice Tg3 – un primato – che ha ricordato la presenza di importanti figure di veri e propri maestri nelle redazioni, che hanno insegnato la competenza, il coraggio, la chiarezza. E ha sollecitato l’istituzione di più borse di studio per i giovani del Master, affinchè da tutte le classi sociali si possa accedere alla professione.
Accesso oggi forse reso più difficile – hanno notato le più giovani – per lunghe attese nel precariato. Mentre le giornaliste delle precedenti generazioni hanno raccontato la fatica e le lotte per farsi accettare nelle proprie potenzialità, in un mondo ancora tutto al maschile, che spesso le guardava con sufficienza, le giovani hanno notato un cambiamento di clima, più paritario e rispettoso, con i colleghi e la possibilità di nuove specializzazioni, prima precluse. Anche se ancora non si è pienamente sfondato il “tetto di cristallo” nei ruoli apicali, si può guardare con soddisfazione al percorso compiuto.