La teologia quale “lettura” delle Scritture
In versione italiana le Omelie sulla Lettera ai Filippesi di Giovanni Crisostomo
Giovanni Crisostomo (349?-407), detto “bocca d’oro” per la profondità delle sue omelie, ha lasciato in eredità ai posteri i commenti all’intero corpo paolino. Città Nuova ne ha date alle stampe la prima versione in italiano delle sedici Omelie ai Filippesi, a cura di Domenico Ciarlo*.
«La Lettera ai Filippesi – precisa Ciarlo – è innanzi tutto un biglietto di ringraziamento che Paolo invia alla comunità cristiana di Filippi per ringraziarla dell’aiuto economico che essa gli ha fatto recapitare tramite il concittadino Epafrodito». Ed è proprio la figura dell’Apostolo per le Genti a colpire “bocca d’oro”: «Non si rallegrava né gioiva per il proprio benessere, ma era sempre lo stesso sia nella povertà sia nell’abbondanza: non si lasciava opprimere dalla prima né si esaltava per la seconda».
Per quanto attiene alla datazione, si ipotizzano due periodi: il periodo del sacerdozio in Antiochia (396-397) o quello da vescovo di Costantinopoli (398-404). Ma il problema non risulta punto di interesse: «Infatti al Crisostomo proteso com’è a spiegare la parola di Dio e a trarne insegnamenti morali che consentano ai fedeli di raggiungere la salvezza, non piacciono i riferimenti troppo contingenti, perché il suo messaggio deve mantenere un valore e un’efficacia universali, indipendenti da luogo e temo: è per questo che è ancora valido e attuale ai nostri giorni».
I criteri esegetici di Crisostomo stanno in una bipartizione. In una prima parte procede con la spiegazione del testo per ogni singolo versetto: «Dice: Grazie all’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo [1, 19]. Che cosa significa: Grazie all’aiuto? Vuol dire: “Se, grazie alle vostre preghiere, sarò ritenuto degno della sua grazia. Questo è l’aiuto: se mi sarà fornito, se mi sarà dato in abbondanza lo Spirito. Per la salvezza, cioè per trovare scampo: così sfuggirò dal presente pericolo, come ho fatto da quello precedente”».
In una seconda parte, approfondisce il messaggio apostolico con ampie digressioni. La sua finalità sta nel farlo emergere in tutta la pienezza sua propria: è la parte morale. Si sofferma sull’avidità: «Non è possibile (ripeto: non è possibile) che un uomo avido veda mai il volto di Cristo: è una cosa impossibile! L’avidità è l’origine dei mali. […]. Non è possibile che chi è servo delle ricchezze sia un genuino servo di Cristo». E ancor più sul fuggire Dio: «Possiamo fuggire Dio, ma non cambiando luogo, perché egli è dappertutto. Ascolta le parole del profeta: Dove andrò lontano dal tuo spirito? Dove fuggirò dalla tua presenza? [Sal. 139, 7]. […]. L’Apostolo si sforzava di essere vicino a lui; noi ci sforziamo per starne lontani. […] dove fuggi, misero sventurato? […]. Se fuggi Dio, da chi ti rifugerai?».
Dalle omelie emergono posizioni dottrinali su tematiche che vanno a confliggere con eretici ed eresie. Ciò, in forza del fatto che Crisostomo si attiene alle Scritture in quanto le sue pagine – sostiene – tematizzano concetti e dottrine teologiche. Teologia e polemica nei confronti di alcuni eresiarchi trovano il terreno più fecondo nelle due omelie sull’inno cristologico (2, 5-11). «Ario lo [il Cristo] riconosce come figlio, ma solo di nome, perché dice che è una creatura che è molto inferiore al Padre. Altri, poi, affermano che non ha l’anima. Hai visto i carri schierati? Guarda anche la loro caduta! Guarda come Paolo, colpendoli, li getta a terra, tutti assieme con un colpo solo! In che modo? Dicendo: Abbiate in voi gli stessi pensieri di cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non ritenne un’usurpazione l’essere uguale a Dio [vv. 5-6]. […]. Dunque, che cosa dice Paolo? Che il Figlio di Dio non ha temuto di abbassarsi dalla sua dignità, perché non riteneva la divinità un’usurpazione e non aveva paura che qualcuno gli portasse via la sua natura o la sua dignità. Perciò depose la sua dignità essendo sicuro che la avrebbe ripresa, e la nascose, ritenendo in tal modo di non subire una perdita. Perciò non ha detto “Non usurpò”, ma: Non ritenne un’usurpazione. […]. L’uguaglianza con Dio non la deteneva come frutto di un’usurpazione, ma per natura, ed è per questo che svuotò se stesso [v. 7]».
L’Introduzione, esaustiva nella sua brevità e accessibile anche al lettore da una scarsa conoscenza del mondo patristico, è corredata di note bibliografiche ed esplicative e di due Indici (scritturistico e dei nomi).
* G. Crisostomo, Omelie sulla Lettera ai Filippesi, a cura di D. Ciarlo. Roma, Città Nuova, 2023, pp. 258, euro 32,00.
Foto di Sailko