Sinodalità, tema di portata ecumenica
A Roma fra appuntamenti in Vaticano e laboratori curati dalle chiese evangeliche
Negli anni ’80 del secolo scorso un famoso attaccante inglese, Gary Lineker, descriveva così il calcio: è un gioco che vede due squadre di 11 elementi affrontarsi su un prato e alla fine… vince la Germania. Mi è venuto in mente pensando a una possibile definizione dell’ecumenismo: è un incontro fraterno di reciproco ascolto tra esponenti di chiese diverse e alla fine… si finisce sempre tutti in piazza San Pietro!
C’ero anch’io a San Pietro, sabato scorso, per la manifestazione «Insieme – Raduno del popolo di Dio», che si è conclusa con una veglia ecumenica di preghiera in Vaticano, alla presenza di papa Francesco, per accompagnare l’apertura del Sinodo dei vescovi cattolici sulla sinodalità. Devo dire, ero in buona compagnia: l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, il patriarca ecumenico Bartolomeo I, la segretaria generale della Federazione luterana mondiale Annette Burghardt, il pastore Jong Chun Park presidente del Consiglio metodista mondiale, Elijah Brown segretario generale dell’Alleanza battista mondiale.
Basta questa parata di personalità del mondo cristiano a farne un evento ecumenico? Certo, se ne può dubitare. L’occasione che l’ha suscitato è prettamente cattolico-romana – il Sinodo dei vescovi – e tutto si è concluso sotto il Cupolone. In realtà e come sempre, è tutto più complesso di quel che appare. «Insieme» è stato un percorso partito da più lontano. L’iniziativa è stata presa dalla Comunità di Taizé che ha chiamato a Roma 5000 giovani per un percorso che è iniziato la mattina del sabato, nelle chiese romane, cattoliche, protestanti e ortodosse. L’idea era di organizzare dei laboratori di due ore nei quali dare contro della variegata testimonianza cristiana nella città. Dare l’idea di una Roma multi-cristiana!
Come chiese evangeliche ci è stata data la parola attraverso l’organizzazione di due laboratori. Uno, presso la Chiesa di Scozia, a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e della Diaconia valdese, dal titolo «Insieme, incontrare l’altro/a». Tre sguardi diversi: il protestante a Roma, come l’altro cristiano; il lavoratore migrante come l’altro che non vediamo; incontrare l’altro nel volontariato. Due ore insieme a settanta ragazzi e ragazze di tutta Europa. L’altro laboratorio si è tenuto presso la chiesa valdese di piazza Cavour, dove il professor Eric Noffke ha animato un incontro con il pastore Kuzipa Malwamba del Consiglio ecumenico delle Chiese, il già citato presidente dei metodisti mondiali e la pastora Anne-Laure Danet della Federazione protestante di Francia accompagnata da un nutrito gruppo di ragazzi e ragazze evangeliche. «Insieme» non ha portato solo a piazza San Pietro, ma anche in via XX Settembre e a piazza Cavour.
Un secondo punto qualificante di «Insieme» è che, sebbene il Sinodo riguardi la Chiesa cattolica romana, il tema in discussione ci riguarda. Sulla sinodalità, infatti, si fonda l’ecclesiologia di molte delle nostre Chiese e il fatto che la Chiesa cattolica si stia interrogando proprio su di essa è cosa che merita la nostra attenzione e, in certa misura, anche la nostra partecipazione, anche nella preghiera. Inoltre, partecipare all’organizzazione di «Insieme» ha permesso di guardare più da vicino i risultati delle consultazioni continentali del Sinodo e di scoprire che nel mondo, il popolo cattolico ha una lunga lista di sogni coraggiosi: l’inclusione delle persone Lgbtq+, il ruolo delle donne nella chiesa, il modo di affrontare gli abusi. E se magari molti di questi desideri resteranno dei sogni inappagati, è importante sapere che quello cattolico è un popolo plurale e di questa pluralità i vescovi non potranno non tener conto nelle loro risposte.
Infine, da che si è cominciato a parlare di «Insieme» la segreteria del Sinodo dei vescovi ha ripetutamente insistito sul legame tra sinodalità ed ecumenismo. In una conferenza dello scorso gennaio, il cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo, ha sostenuto che la sinodalità non ha a che fare solo con la struttura delle chiese, ma con il modo in cui i cristiani si incontrano, all’interno della stessa chiesa ma anche tra chiese diverse. Una prospettiva, almeno nelle parole di Hollerich, convincente.
«Insieme» per chi l’ha seguito è stato un percorso di fraternità e di conoscenza. Poi, certo, alla fine ci siamo ritrovati a piazza San Pietro, dove tutto è un po’ troppo patinato, le voci impostate, le musiche dolci e senza stridore, senza complicazioni. Epperò non è che se vince (vinceva) sempre la Germania si smette di giocare a calcio. Concludo con un paradosso: sabato scorso c’erano più evangelici italiani in piazza San Pietro di quanti se ne siano visti nei due laboratori della mattina. Questo, sì, dovrebbe preoccuparci!