L’uomo nato due volte
Da 47 anni un’organizzazione umanitaria argentina ricerca i figli e le figlie degli oppositori, che scomparvero nei primi mesi della dittatura: il ruolo insostituibile delle “Nonne di Plaza de Mayo”
La seconda vita di F. Santucho è iniziata il 28 luglio 2023 quando diventa ufficiale il suo ritrovamento da parte delle Nonne di Plaza de mayo (Abuelas), grazie alla prova del Dna. F. è una iniziale di fantasia – Santucho ha chiesto di restare anonimo – ma è lui il nipote recuperato numero 133 dall’organizzazione umanitaria argentina impegnata ormai da 47 anni nella ricerca di circa 500 tra neonati e bambini rubati e scomparsi sin dai primi mesi della dittatura civico-militare che sconvolse il grande Paese sud americano tra il 1976 e il 1983. Bimbi sottratti alle loro madri prigioniere (e poi fatte scomparire) nei centri di detenzione clandestina del regime e consegnati ad altre persone che ne hanno cambiato le generalità. Molti dei figli rubati, come un “bottino di guerra”, sono stati difatti registrati come figli legittimi dagli stessi membri delle forze repressive. A tutti è stata annullata la vera identità, e non solo simbolicamente. Lo scopo (folle e criminale) di questa prassi pianificata a tavolino dai golpisti era quello di recidere i legami di sangue per bloccare la diffusione del “gene marxista” sottraendo i bambini alle famiglie “dei sovversivi” e affidandoli a chi li potesse educare secondo i valori “occidentali e cristiani”.
Secondo questa visione i Santucho erano dei pericolosissimi sovversivi. Julio Santucho, il padre del nipote 133, era uno dei simboli della resistenza alla dittatura. E quando questa storia cominciò si trovava all’estero, in esilio per sottrarsi alla cattura e alla morte e trovare il modo di mettere in salvo tutta la famiglia.
La prima vita di F. Santucho “è iniziata”, se così si può dire, prima ancora della sua nascita. Precisamente il 13 luglio 1976 «quando una pattuglia di militari golpisti irruppe in una casa di Buenos Aires dove c’erano tre giovani donne con tre bambini». Ce lo racconta Miguel “Tano” Santucho, figlio di Julio e fratello del “nipote 133”. Lo incontriamo a Roma, dove, con tutta la sua famiglia, è stato invitato dal sindaco Gualtieri per festeggiare il ritrovamento in Campidoglio. Per tanti anni insieme al fratello Camilo e al papà, Julio, Miguel è stato esule nella Capitale. «Oggi – dice Miguel – viviamo di nuovo a Buenos Aires ed è qui che abbiamo potuto abbracciare nostro fratello per la prima volta. È stata un’emozione indescrivibile» dice visibilmente commosso. Riannodiamo i fili con Miguel: «Il 13 luglio 1976 io avevo 8 mesi, Camilo aveva tre anni ed eravamo in quella casa insieme a nostra madre, Cristina Navajas, la sorella di papà, Manuela Santucho, e un’altra compagna, Alicia D’Ambra. Le portarono via tutte e tre. Mamma aveva 26 anni quando scomparve e nessuno, nemmeno papà e nostra nonna Nelida Gomez Navajas, sapeva che fosse incinta. Lo scoprì in seguito nonna in un diario di mamma». Nelida Navajas si unì alle 12 donne che avevano fondato da poco le Nonne di Plaza de mayo e si mise in cerca di sua figlia. F. nacque in un centro di detenzione all’inizio del 1977 e fu affidato ad un agente della sicurezza sposato con un’infermiera. Oggi l’uomo ormai novantenne è sotto processo a Buenos Aires. Anche per questo F. chiede di restare anonimo. «Fino a quando mio fratello non è stato ritrovato non conoscevamo nemmeno il sesso» prosegue Miguel che da anni è nel direttivo delle Abuelas e che ha partecipato in prima persona all’indagine. «Lui ha iniziato ad avere i primi dubbi dopo avere appreso da una donna di non essere il figlio biologico di quelli che credeva i suoi genitori. Dapprima ha cercato di ottenere informazioni più precise dal sedicente “padre” ma la reazione dell’uomo ebbe praticamente l’effetto di spingerlo a sottoporsi all’esame del Dna». Dopo un ulteriore periodo di comprensibile incertezza e timori, affidandosi alle Abuelas, F. Santucho ha eseguito il test e una volta conosciuto l’esito è cominciata la sua seconda vita. O meglio, il recupero di quanto gli era stato violentemente negato quando nacque: l’identità e degli affetti sinceri.
Un recupero che passa anche attraverso un importante progetto realizzato dalle Nonne di Plaza de mayo (finanziato con l’8xmille valdese destinato a progetti internazionali) che prende il nome di Archivio biografico familiare. Realizzato nel 1998 dalle Abuelas, l’Archivio si pone l’obiettivo di ricostruire la storia di vita dei desaparecidos i cui figli, nati in prigionia o sequestrati insieme ai genitori, sono stati rubati. «Grazie all’Archivio mio fratello ha potuto conoscere la storia di mamma e della sua famiglia, di seguire passo passo quello che ha fatto nonna per trovarlo, fino al 2012 quando morì senza averlo potuto conoscere. F. ha letto le nostre interviste, ascoltato le nostre parole registrate, ha potuto sapere che non abbiamo mai smesso di cercarlo, di amarlo, di volerlo liberare. Non ci siamo mai arresi ma – sottolinea Miguel – voglio dire che questa non è solo una “vittoria” della famiglia Santucho. Stiamo parlando di un crimine contro l’umanità, la ricerca dei nipoti rubati è una lotta collettiva e il ritrovamento è una vittoria sociale che ha un profondo significato politico». Per questo è importante la rete di rapporti anche internazionali che le Abuelas stanno costruendo (in Italia fortissimo è il legame con la 24Marzo, una onlus di riferimento per i tantissimi ex esuli argentini che vivono nel nostro Paese e impegnata tra l’altro nella ricerca qui da noi di figli sottratti ai desaparecidos). «C’è bisogno del sostegno di tanti affinché le Abuelas possano rendersi del tutto indipendenti economicamente dal governo di Buenos Aires. Perché i governi cambiano e non tutti vedono di buon occhio la nostra organizzazione», conclude Miguel ricordando che manca poco più di un mese alle elezioni.
Anche il diario di vostra mamma è nell’Archivio, gli chiedo prima di salutarlo? «No, quello ce l’ho io».