Il cammino della fede
Un giorno una parola – commento a Ebrei 12, 1
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Isaia 26, 19
Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta
Ebrei 12, 1
La metafora sportiva per riferirsi al cammino terreno della fede è, come si sa, bene attestata nel Nuovo Testamento. Leggendo il versetto mi è venuta prepotentemente in mente una notizia ascoltata poche settimane fa e il cui video circola ancora sui social ricevendo migliaia di visualizzazioni.
Una ragazza somala ha partecipato alle Universiadi tenutesi in Cina, e non solo è arrivata ultima alla gara dei 100 metri, ma ha tagliato il traguardo con 21”81. Una debacle. Il video mette in luce la completa impreparazione dell’atleta. Una indagine del ministro dello sport somalo rivela che l’atleta è la nipote del vicepresidente della federazione somala di atletica. Un caso di nepotismo. In TV l’atleta ha enfaticamente detto a sua discolpa di essersi preparata “per un mese intero”.
«Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l’atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile. Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato» (I Corinzi 9, 24-27).
Gli sport vengono chiamati “discipline” non a caso. La gara non è che l’apice di una dura disciplina atletica, emotiva e psicologica. Nel versetto successivo al nostro l’autore di Ebrei dice che persino Gesù sopportò una disciplina per ottenere il suo premio: «Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio» (v. 2).
Ray Kinsella (Kevin Costner), ne «L’uomo dei sogni» (Phil Alden Robinson, 1989) costruisce nel suo campo di granturco un campo da Baseball del tutto superfluo, solo per assecondare i suoi sogni (e il suo dolore per non aver mai giocato a baseball col padre). Una sera, mentre oniricamente gioca finalmente col padre sul suo campo, si profila all’orizzonte una fila interminabile di auto di persone che vengono a vedere, sul suo campo, la partita del secolo, quella tra tutti i campioni della storia del baseball.
Alcuni atleti non corrono solo per vincere quelli che gareggiano con loro, ma hanno in mente quei campioni che hanno reso grande la loro disciplina sportiva. Idealmente si sentono attorniati dai grandi della storia del loro sport. È loro che vogliono raggiungere. La gara della fede che corriamo non è solo per tagliare il traguardo e ricevere il nostro titolo, ma è per entrare nella Hall of Fame (trad. albo d’onore) di tutti quelli che hanno corso ed hanno vinto. Amen.