I giorni della scelta
A colloquio con il presidente dell’Istoreto (Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea) per inquadrare gli avvenimenti dell’8 settembre 1943
La risposta alla domanda «Cosa successe l’8 settembre del ‘43?» potrebbe riempire tutto questo numero e molti altri successivi. Occorre allora scegliere uno sguardo specifico: abbiamo cercato quello di Paolo Borgna, presidente di Istoreto (Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti”). Secondo lui la data dell’Armistizio può essere letta come quella «cruciale per una generazione, quella delle persone nate nei primi anni ‘20 o negli ultimi anni ‘10». Giovani che in quei giorni «si trovarono a dover fare una scelta». Una scelta che oggi, sapendo come andarono a finire le cose, appare facile (o forse no?), ma Borgna prova a farci immedesimare in chi la dovette prendere nella massima incertezza. Anche perché, ci dice, alcuni poterono scegliere in base alla propria posizione politica (come gli operai organizzati, o gli studenti che avevano scoperto l’antifascismo grazie a coraggiosi insegnanti), ma «la maggioranza dei giovani si trovò a fare una scelta che non era preparata». Ci si trovava nel mezzo di un caos totale: «dissoluzione dello Stato, il re che scappa da Roma, l’Esercito che si scioglie come neve al sole, i soldati lasciati nelle caserme senza ordini da parte degli ufficiali che scappano. Che fare? Con i tedeschi (fino a quel momento alleati) che sono già presenti con varie armate sul suolo italiano, e gli americani che stanno per sbarcare in Sicilia (e presentati come invasori): il paese si appresta a essere territorio di scontro». In quei giorni nasce poi la Repubblica Sociale (quella “di Salò”), una repubblica «fantoccio, serva della Germania», specifica Borgna, ma che inizia a emettere bandi di reclutamento per il suo esercito. Aderire o no?
Le testimonianze raccolte dall’Istoreto, nato nel 1946 per volere del Cln torinese per raccogliere la memoria della Resistenza, raccontano la frequente «casualità della scelta. A esempio, molti giovani meridionali che si trovavano nella Quarta Armata, che si sbanda tornando dalla Francia in Piemonte, entrano nelle prime bande partigiane anche perché in quel momento, lì, trovano accoglienza». Casuale o meno, furono molti a fare quella che per Borgna fu la scelta giusta, ovvero «salire in montagna o collina e preparare la resistenza armata ai tedeschi». L’istinto principale, dice Borgna, era quello di «rigettare la guerra: c’era stata la Russia con i soldati congelati nella neve, i bombardamenti sulle città, c’era stata l’impresa di Grecia con i soldati che morivano a migliaia. Tutto questo aveva maturato una grande diffidenza e opposizione nei confronti di Mussolini, e quindi la scelta resistenziale fu fatta anche da giovani che non erano politicizzati». Ci fu anche chi semplicemente cercò di nascondersi, evitando sia i partigiani sia i repubblichini. Ma anche quello per Borgna fu «un atto di non adesione al fascismo».
Come tutto ciò che riguarda la Seconda Guerra mondiale, anno dopo anno anche la questione di come ricordare l’Armistizio e ciò che ne seguì diventa urgente, visto che coloro che possono raccontarlo di persona sono sempre meno. Borgna propone di leggere, e di testi ce ne sono tanti, come Una guerra civile di Claudio Pavone. Ci sono poi i numerosissimi documenti conservati proprio all’Istoreto, che Borgna invita i giovani studenti a consultare; «L’importante è non avere tesi preconcette: il giovane deve studiare con il distacco dello studioso, pur avendo simpatia magari per il movimento resistenziale». Occorre comunque fare i conti con il fatto che il ricordo di quegli anni necessariamente cambierà, com’è cambiato a esempio per il Risorgimento. Ma per l’Istoreto una strategia valida è quella di allargare lo sguardo: «Conduciamo progetti di studio su fenomeni dei decenni successivi, come la Repubblica, il terrorismo, o la scuola. Abbiamo come ancora i valori della Costituzione, che è l’eredità più importante della Resistenza. Principi generali che rimangono validi e spero che rimangano validi anche per le generazioni che verranno».