Imparare da Cristo
Un giorno una parola – commento a II Timoteo 3, 14
Ascolta la meditazione:
Ti prego, consulta oggi la parola del Signore
II Cronache 18, 4
Persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza, sapendo da chi le hai imparate
II Timoteo 3, 14
È vero, il contenuto del messaggio di questo versetto sta nell’esortazione delle due prime parti: «Tu, invece, persevera nelle cose che hai imparate e di cui hai acquistato la certezza», ma la parte che più mi sorprende è l’inciso conclusivo: «sapendo da chi le hai imparate».
Perché è vero che Timoteo è cresciuto con la testimonianza della nonna Loide e della mamma Eunice (1:5); è vero che Paolo esorta Timoteo ad approfondire la conoscenza delle Scritture che offrono una sapienza che – per la fede in Gesù Cristo – conducono alla salvezza; ma non c’è dubbio che quel: «sapendo da chi le hai imparate» è riferito a Paolo stesso: «Tu invece hai seguito da vicino il mio insegnamento, la mia condotta, i miei propositi, la mia fede, la mia pazienza, il mio amore, la mia costanza, le mie persecuzioni, le mie sofferenze, quello che mi accadde ad Antiochia, a Iconio e a Listra. Sai quali persecuzioni ho sopportate; e il Signore mi ha liberato da tutte» (10-11).
Timoteo viene esortato da Paolo a perseverare negli insegnamenti che Paolo non teme di chiamare «il mio vangelo» (v. 8; Rm. 2:16; 16:25). Perché esiste il vangelo di Paolo e il vangelo «uomini dalla mente corrotta, che non hanno dato buona prova quanto alla fede. Ma non andranno più oltre, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti» (8-9).
Le Scritture di cui parla Paolo sono quello che oggi chiamiamo Antico Testamento, le quali senz’altro avevano bisogno di un “canone” per essere riferite a Cristo. Eppure, sono affascinato dall’idea di Paolo – il quale cerca di inculcarla anche a Timoteo – che la sua vita è così incorporata in Cristo da poter dire in tutta sincerità, candore e certezza che esso è “mio”, perché la sua storia personale lo incarna. Amen.