Europa e Unione europea, una discordanza da ricomporre
La visita del presidente della Repubblica domani a Torre Pellice è occasione per un ragionamento sul Vecchio Continente
L’inaugurazione di una targa per ricordare Altiero Spinelli e Mario Alberto Rollier, in occasione della visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Torre Pellice, offre lo spunto per riflettere su una questione concettuale, e non solo terminologica, di non poco rilievo rispetto al dispiegarsi del percorso di integrazione europea. È consuetudine, specialmente in Italia, utilizzare indifferentemente il termine Europa e Unione europea nel presupposto che significhino la stessa cosa. Non è così.
In primo luogo, non c’è coincidenza, da un punto di vista geografico, tra Europa e Unione europea. Lo sanno bene gli svizzeri e i norvegesi, ma anche i serbi e gli albanesi, così come i britannici, questi ultimi a partire dal 31 gennaio del 2020 quando si è perfezionata la Brexit.
Il richiamo all’Europa, anziché all’Unione europea, nel confronto politico e culturale ha, però, anche una valenza storica, volta a evocare le «eredità culturali, religiose e umanistiche» che forgiano (o dovrebbero forgiare) l’idem sentire dei popoli (al plurale) che abitano i suoi territori in forma di Stati-nazione. Un richiamo, dunque, alto che chiama in causa secoli contraddistinti da periodi di pace (pochi) e da conflitti armati, anche di religione (molti). Eredità spesso, dunque, dolorose che, se adeguatamente tenute presenti e accompagnate dalla rinuncia alla sovranità individuale degli Stati sarebbero in grado di disinnescare l’incubo del ricorso alla violenza bellica. Secondo questa impostazione, gli Stati sovrani europei dovrebbero fondersi negli Stati Uniti d’Europa, una sorta di riproduzione dell’omologo d’oltre Atlantico.
L’idea di un’Europa federata e, per questo, senza più guerre al suo interno è, del resto, risalente. Nell’agosto del 1849, lo scrittore Victor Hugo, nella seduta di apertura della Conferenza internazionale sulla pace a Parigi da lui presieduta, pronunciò un appassionato discorso in cui preconizzava il giorno in cui sarebbero nati gli «Stati Uniti d’Europa» e si sarebbe finalmente realizzata la pace universale. In piena condivisione di questa impostazione, Altiero Spinelli e Ernesto Rossi scrissero, nel 1941, nel manifesto di Ventotene intitolato Per un’Europa libera e unita: «Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in Stati nazionali sovrani», così da giungere a «un’organizzazione federale dell’Europa».
Dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale, la strada della storia ha, però, preso una direzione alternativa e, perciò, diversa, indicata tra gli altri da Jean Monnet e Robert Schuman fautori dell’approccio funzionalista, che ha portato alla realizzazione prima delle tre Comunità (quella del Carbone e dell’Acciaio, quella dell’Energia Atomica e, quella, tout court, Economica) e poi, dell’attuale Unione europea. Quest’ultima non è e, con ogni probabilità, non sarà mai uno Stato federale o confederale, almeno secondo i canoni giuridici attualmente vigenti. È, piuttosto, un’Unione di Stati sovrani perennemente alla ricerca di un punto di equilibrio e di compromesso tra i rispettivi interessi nazionali, ricercato nel rispetto di regole giuridiche condivise e spesso, anche per tale motivo, complesse e non di facile applicazione.
L’Unione europea è, dunque, un organismo giuridico (tecnicamente un’organizzazione internazionale) poco accattivante, se non addirittura incomprensibile ai più. È, nondimeno, un modello di convivenza tra popoli di straordinaria portata e senza eguali nella storia come nell’attualità. Grazie all’Unione europea i livelli di attenzione alla salvaguardia e alla sostenibilità ambientale si innalzano in conseguenza di regolamenti e direttive, decine di migliaia di giovani viaggiano e studiano al di fuori dei confini nazionali per merito del programma Erasmus, il benessere si afferma progressivamente in territori in precedenza poveri e arretrati in virtù di risorse economiche messe in comune. Nel contempo, gli Stati che vi hanno via via aderito convivono pacificamente e, non senza difficolta, riescono a esprimere una posizione condivisa e tenuta in considerazione a livello mondiale.
All’Unione europea in quanto tale dobbiamo, dunque, rivolgere la nostra attenzione e impegnarci, da italiani ed europei, a dare seguito alle molte opportunità che fin d’ora mette a disposizione, senza con ciò rinunciare a esercitare il nostro spirito critico nei suoi confronti.
La giornata del 31 agosto, così ricca di suggestioni e di emozioni, ci induca a riflettere e ci stimoli ad agire con rinnovata consapevolezza e determinazione, aiutandoci a ricomporre l’idealità del cuore con la concretezza della ragione.