L’evoluzione del concetto di missione
Il libro di Marie-France Maurin fa la storia dell’impegno valdese nel lavoro delle chiese per l’Africa
Alcune scatole, conservate con cura, sono custodi di memorie che rivivono nel libro Il richiamo dell’Africa. Lettere, giornali, diari sono gli elementi da cui è partita Marie-France Maurin Coïsson per ricostruire una pagina importante della missione italiana nel cuore dell’Africa. Grazie alle dirette voci dei protagonisti, sin dalle prime pagine ci troviamo immersi nelle vicende personali e famigliari dei missionari Jean-Daniel Augusto, François, Roberto ed Enrico Coïsson, nella loro quotidianità complessa e a volte estraniante, fatta di mesi di viaggio in condizioni precarie, difficoltà materiali, sradicamento, ma allo stesso tempo animata da grande fiducia e forte motivazione.
Chi sono questi missionari? Uomini e donne, sorelle, figli, mogli. Pastori, infermiere, nati nelle borgate delle valli alpine, formati teologicamente grazie alle relazioni internazionali che la loro Chiesa ha sempre avuto. Dopo gli studi, accanto alla vocazione pastorale o infermieristica, sentono di voler rispondere a una vocazione di tipo missionario; rispondono agli appelli da parte della Société des missions évangéliques de Paris, nata nel 1822 con l’avanzata delle Colonie francesi in Africa, per rimpiazzare i missionari inglesi e tedeschi. La Chiesa valdese non ha mai avuto missioni proprie, e dunque quella vocazione passa dall’adesione ad un progetto missionario più ampio: protestante, europeo, francofono.
Dopo un periodo di formazione, intraprendono un viaggio incredibile, crescono figli, scrivono libri, tornano in patria, tengono conferenze in Europa e insegnano. Sono ovviamente figli e figlie del loro tempo, con alcune particolarità rispetto ai “soliti” missionari (a esempio quella di avere una famiglia), ma pur sempre nel quadro di una visione del mondo che era segnata da un sistema coloniale e patriarcale. Eppure leggendo le loro appassionanti vicissitudini si rimane soprattutto colpiti dalla forza della loro fede, dalla grande motivazione personale e famigliare che si è trasmessa tra le generazioni.
Sono i decenni delle grandi esplorazioni in cui gli europei raggiungono territori a loro sconosciuti e incontrano nuovi popoli e culture. I missionari valdesi portano la propria visione e fede con convinzione, ma accanto alla predicazione e alla testimonianza mostrano curiosità per la cultura e le lingua locali, trovandosi talvolta a ricoprire ruoli di mediazione. Dopo il 1971, con la nascita della Cevaa – Comunità di chiese in Missione, il cambio di paradigma è piuttosto evidente: si passa da un modello paternalistico a un modello comunitario, si va al di là dei personalismi, si tenta di dare alle Chiese un ruolo di soggetti in relazione tra loro in modo paritario; la missione non è più vista come un movimento unidirezionale, ma una vocazione che Dio ci rivolge inviandoci le une verso gli altri.
Il testo di Marie-France ci offre un tassello importante della storia missionaria, ci ricorda le sue fatiche, i suoi doni e le sue contraddizioni, ci invita a proseguire una riflessione sul senso della missione più che mai necessaria se vogliamo continuare a prendere sul serio oggi il mandato di Gesù.