Intelligenza artificiale e stupidità naturale
Prosegue il dibattito sul futuro dei culti evangelici nell’epoca che sempre più ricorre alla tecnologia
Il dibattito attorno all’intelligenza artificiale (AI) e la fede è complesso e solamente all’inizio. Tuttavia, da quel che ho avuto modo di leggere, a me pare che ci si stia avvitando sul più antico, e classico, dei dilemmi: quando il dito indica la luna…? Ovvero: l’AI sostituirà i pastori? E i canti? E le preghiere? Finirà come in Terminator o in Matrix? Il punto è che il futuro, a partire dal presente, ci preoccupa.
Tornerei, quindi, alla notizia: il 9 giugno (in Italia la notizia veniva diffusa dalla Chiesa evangelica luterana – Celi – il 10 giugno), durante il Kirchentag della Chiesa evangelica tedesca chi voleva ha potuto partecipare a un culto curato dall’AI. Il tutto dentro una chiesa vera, San Paolo a Fürth. Al culto è seguito un lavoro in gruppi e un dibattito tra potenzialità e inquietudini che una simile esperienza può generare. Il tutto in presenza: persone vere, che dialogavano con altre persone vere, su un’esperienza reale.
Di questo si trattava: un esperimento sociale all’interno del Kirchentag, un contesto ecclesiastico ma anche un grande happening sociale e culturale. Averne noi la capacità anziché stare a commentare quel che succede altrove!
Quindi, no, all’AI non sono state affidate chiese né comunità in carne e ossa. Anche perché l’AI e l’autocoscienza non rientrano tra le possibilità attuali e semmai dinanzi all’ipotesi di vivere la vita quotidiana a fianco di una macchina pensante le nostre sinapsi possono eccitarsi ovvero e soprattutto impaurirsi.
Durante il Kirchentag, quindi, si è voluto capire che cosa succede se le persone si trovano davanti unavatar che parla loro come farebbe un pastore al culto. Scopo del “gioco”, da un lato provare a comprendere le novità proposte dall’Intelligenza artificiale. Dall’altro riflettere su coloro che credono e in chiesa ci vanno. Ancora. Perché chiese sempre più vuote e carenza di vocazioni hanno già ieri determinato risvolti fino a 10 anni fa impensabili.
Ray Kurzweil, nel 2005, scriveva: «gira questo stupido mito che l’AI ha fallito, ma l’AI è ovunque intorno a voi ogni secondo del giorno»1. Il concetto di AI è recente eppure sorprendentemente antico, almeno secondo la tempistica “tecnologica”. Douglas Hofstadter sosteneva che l’AI «è nata nel momento in cui i dispositivi meccanici hanno sostituito l’uomo in qualcuno dei compiti in precedenza effettuabili solo dalla mente umana»2.
In contesti come la Germania, dove il protestantesimo non è certo residuale, la necessità è quella di comprendere, evitando di ridurre il tutto a opposte tifoserie: chi loda l’AI, chi la schifa e coloro che dicono “il culto è altro”. Nell’esperimento personalmente ho letto una interpretazione dell’ammonimento del vangelo di Luca: se costoro si tacciono… «Alexa o Siri» grideranno. Ma ha anche prefigurato un altro scenario ben più concreto: la “telegestione” delle comunità. Ovvero la produzione di contenuti che possono essere “consumati” on-demand e anche senza “pastore”, Consiglio di chiesa e Comunità fisica. Già adesso, quindi, l’AI può entrare nelle “Comunità” in molti modi: la redazione di un sermone, di uno studio biblico, la preparazione di un matrimonio o di un funerale.
Ecco, allora, quale è la frontiera dinanzi alla quale la nostra fede, o quel che ne rimane, è disposta a spingersi? E quanto, questa fede, è condizionata dalle emergenze attuali, dalle paure di oggi, fino, alla fine, a giustificare scelte già compiute? La tecnologia, quindi, da funzionale diventa alibi. Un paio di mesi fa, dinanzi alle preoccupazioni sul futuro, vista l’assenza di pastori e pastore, un Consiglio di Chiesa si è sentito dire: collegatevi con i culti o gli studi biblici su Zoom. Un cambiamento, come dicevo, è già avvenuto. A preoccuparci semmai dovrebbe essere, più che una qualche forma di automa senziente, l’uso della tecnologia come reazione alla crisi, senza un’idea, una strategia, un orizzonte dichiarato.
La pandemia ha probabilmente dato la stura alle corte visioni: a numeri sempre più esigui, vocazioni sempre più residuali si risponde con una mutazione genetica a regole invariate. Preferendo la gestione del declino. O, se preferite, all’intelligenza artificiale la stupidità naturale. Perciò uno streamingval bene un culto e rende i numeri ancora una volta adattati al risultato. Einfach, Günstig, Praktisch(facile, economico, pratico), per rimanere in Germania. Al netto poi del digital divide, che pure non è roba da poco.
Sarebbe quindi appena il caso di aprire con trasparenza una fase (ri)costituente dinanzi a cambiamenti che possiamo considerare come epocali. Se non ora, quando?
[1] R. Kurzweil, La singolarità è vicina, ed. Apogeo Education, 2008, p. 257.
[1] Hofstadter, Gödel, Escher, Bach: un’Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi, 1990, p. 338.