I cristiani dell’India contro la discriminazione
Celebrato il Black Day che chiede il rispetto dei diritti fondamentali a favore dei dalit cristiani e musulmani
In India il 10 agosto di ogni anno si celebra il Black Day, giornata in cui si manifesta contro la discriminazione religiosa subita dai dalit (fuoricasta) cristiani e musulmani.
La protesta di quest’anno ha assunto la forma di una «manifestazione silenziosa» a cui hanno partecipato diverse organizzazioni, tra cui la Conferenza episcopale cattolica indiana (Cbci), il Consiglio nazionale delle chiese in India e il Consiglio nazionale dei dalit cristiani.
Il raduno era programmato a Jantar Mantar, tradizionale luogo di protesta, ma essendo stato negato il permesso, i manifestanti hanno dovuto scegliere un luogo alternativo.
La giornata coincide con l’anniversario della Legge del 1950 che riservava ai soli indù i benefici statali previsti dalla Costituzione indiana per i dalit appartenenti alle cosiddette “caste riconosciute” (“Scheduled castes”). Si tratta di una serie di facilitazioni di tipo economico, educativo e sociale, con quote riservate nei posti nel lavoro e nel settore pubblico per favorire la loro promozione sociale. Da queste provvidenze statali, estese nel frattempo a buddisti e sikh e di cui beneficiano anche le popolazioni tribali riconosciute (“Scheduled tribes”), continuano ad essere esclusi i dalit convertiti al cristianesimo o all’islam.
Il 10 agosto scorso, dunque, le Chiese cristiane, sono tornate a manifestare per chiedere l’abolizione della norma che viola i principi dell’uguaglianza e della libertà religiosa sanciti dalla Costituzione.
La motivazione all’origine dell’esclusione dei dalit non indù dai benefici previsti per le caste svantaggiate era il fatto che altre religioni non riconoscono il sistema castale. Argomento da anni contestato dalle Chiese e dalle organizzazioni per i diritti civili, secondo le quali la conversione ad un’altra religione non cambia la condizione di esclusione dei dalit. Anche diverse commissioni governative hanno riconosciuto che la norma è contraria allo spirito della Costituzione indiana.
Secondo i dati ufficiali, i dalit (termine sanscrito che significa “oppresso” e indica la casta degli “intoccabili”), sono 201 milioni, pari a un sesto della popolazione indiana. Circa il 60% dei 25 milioni di cristiani indiani è di origine dalit o tribale.
Dopo quasi due decenni, una petizione di diritto civile pendente dinanzi alla Corte Suprema continua a difendere i diritti dei dalit cristiani e musulmani. In risposta, la Corte Suprema ha nominato una commissione guidata dall’ex presidente della Corte Suprema K. G. Balakrishnan nel 2022 per valutare queste richieste. Balakrishnan intende presentare un rapporto completo entro quest’anno.
La lotta per i diritti dei gruppi emarginati continua a simboleggiare uno sforzo che da 70 anni mira a raggiungere la giustizia, l’uguaglianza e l’unità previste dalla Costituzione indiana.