Credenti on the road

Un giorno una parola – commento a I Cronache 29, 15

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Noi siamo davanti a te stranieri e gente di passaggio, come furono tutti i nostri padri; i nostri giorni sulla terra sono come un’ombra, e non c’è speranza

I Cronache 29, 15

Perciò non ci scoraggiamo; ma, anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, il nostro uomo interiore si rinnova di giorno in giorno

II Corinzi 4, 16

Qual è la bellezza di un viaggio? Raggiungere la destinazione, il luogo che tanto abbiamo desiderato vedere. Sicuramente. Ma quante volte abbiamo notato che proprio il viaggiare, proprio l’itinerario che abbiamo compiuto, a volte lungo, faticoso, è stato altrettanto significativo del soggiorno. E che il modo in cui abbiamo viaggiato incide sull’apprezzamento del traguardo. Il versetto di oggi fa parte della preghiera di re Davide al termine della raccolta delle offerte per la costruzione del tempio. Davide è vicino alla meta, al ritorno nella casa del Signore. Il suo viaggio è stato tortuoso, complicato, rischioso. Lui è inciampato più volte, è stato punito, è stato perdonato. Nelle peripezie della vita, però, Davide non ha mai pensato di potersi riscattare da sé, di potersi salvare da solo. Rialzarsi dopo una caduta comporta un ripensamento di se stessi, il cammino verso Dio sta in quello shub, in quel “volgersi a Lui” che comporta il cambiare rotta, uno stravolgere i piani, i programmi a cui a volte ostinatamente ci aggrappiamo. Il nostro essere transitori, instabili, impermanenti su questa terra (il ‘non c’è speranza’ è rivolto all’umanità che invece pensa il contrario) fa parte del pacchetto-viaggio delle nostre vite. Gente di passaggio noi, tanto più capaci di scoprire tutta la bellezza del nostro cammino sulla terra, compresi gli ostacoli, gli imprevisti, quanto più ancorati a nostro Signore. Ciò che fa dire a re Davide che solo al Signore appartiene il regno e che ognuno di noi gli è debitore. Amen.