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Accettare gli altri e le loro alterità

«L’accettazione dell’altro nella sua diversità è al centro dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso», ed è stato il messaggio lanciato con forza in occasione di un recente pranzo comunitario dedicato proprio alla «Testimonianza cristiana in un mondo pluralista.

Costruire un futuro di dialogo grazie all’eredità nata dal cammino ecumenico asiatico».

Un incontro “prelibato” tenutosi lo scorso 16 giugno presso il Centro ecumenico di Bossey presso Ginevra e promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec).

Tra gli ospiti, il pastore Wesley Ariarajah e il dottor Jesudas Athyal che hanno evidenziato quanto, il ruolo della Regione asiatica sia stato importante in tema di sviluppo ecumenico «grazie ai doni e alle sfide che il territorio ha sempre dovuto tenere tenere in considerazione: la metà delle fedi viventi del mondo, infatti, ha origine nell’Asia meridionale».

Altre regioni, si è detto, possono «costruire reti e relazioni, proprio a partire dall’eredità ecumenica asiatica, per favorire una testimonianza cristiana in un mondo pluralistico».

Ariarajah, ha sottolineato che «l’accettazione della pluralità, l’apertura e la volontà di ascoltare e accettare gli altri nella loro diversità è al centro dell’ecumenismo ma anche del dialogo interreligioso», sfidando così i partecipanti a rivedere criticamente la prima tradizione missionaria cristiana, che spesso «richiedeva il rifiuto del nome, della cultura e delle tradizioni di appartenenza».

Ha infine rilevato quanto «la crescita dell’ecumenismo passa attraverso l’incontro, i dialoghi, le conferenze e gli eventi nati tra persone che incontrano altre persone e che ascoltano, parlano e così, dunque, possono cambiare la loro prospettiva».

Athyal si è invece concentrato sul movimento ecumenico indiano, «come prodotto dello spirito d’indipendenza e di autogoverno dell’India nel movimento verso il nazionalismo e l’indipendenza e ha osservato che il movimento ecumenico in Asia potrebbe essere visto come un movimento di protesta contro il colonialismo».

Ha sottolineato ancora «la stretta connessione tra l’unità nella Chiesa e l’unità nella società e il modo in cui la Chiesa asiatica ha ridefinito il centro del movimento ecumenico». Ha identificato, dunque, come proficuo «il ricco contributo del dialogo della Regione come una metodologia interreligiosa» e ha espresso «preoccupazione per il “maggioritarismo” religioso che mette in pericolo le comunità minoritarie, siano esse cristiane o musulmane».

L’ampio e vivace dibattito ha coinvolto molti giovani presenti a Ginevra per il programma degli steward del Cec, i partecipanti hanno esplorato le sfide e le opportunità per ripensare il cristianesimo in un mondo pluralista in contrasto con il passato colonialista.

Simone Sinn, decano accademico dell’Istituto Ecumenico di Bossey, che ha facilitato la discussione, ha ricordato ai partecipanti l’importanza del triplice dialogo: dialogo con le altre religioni, il dialogo con le culture e il dialogo con i poveri.