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In Svizzera templi chiusi alle cerimonie laiche

La 191ª sessione del Sinodo della Chiesa Evangelica Riformata del Cantone di Neuchâtel (Eren) si ha suscitato grande interesse nei media per la sua relazione sull’uso dei templi e di altri luoghi di culto nel Cantone.

L’uso dei templi è sempre stato oggetto di dibattito e controversia nella Chiesa, soprattutto in relazione all’uso più o meno regolare di questi luoghi da parte di celebranti di cerimonie laiche.

Ora il voto sinodale ha sancito che non saranno più ospitate cerimonie non religiose. Il riferimento principale è legato ai funerali “laici” che venivano comunque ospitati nel tempio su richiesta della famiglia coinvolta, e che d’ora in poi verranno invece svolti altrove, in altre sale messe a disposizione dalla chiesa stessa o dalla società di pompe funebri.

Le celebrazioni laiche sono iniziate circa quindici anni fa. L’esecutivo della Chiesa cantonale ha vietato queste nuove pratiche per la prima volta nel 2011. Ma questo divieto non è stato rispettato da tutti. Successivamente, un nuovo consiglio sinodale ha proposto di aprire alle cerimonie laiche nel 2014, ma viste le proteste, ha infine rinunciato a presentare questo regolamento.

Il Consiglio sinodale ha ritenuto che i diritti concordatari dell’Eren dovessero essere richiamati e chiariti. Secondo il Concordato, l’uso dei templi è sotto l’autorità della chiesa; spetta quindi a lei stabilire le regole di utilizzo.
Per il Consiglio sinodale, l’Eren deve definirli come segue: i templi saranno riservati a eventi pubblici, religiosi e culturali. Inoltre, per fare un po’ di etimologia, il verbo latino colere (che ha dato origine alle parole cultura e culto) ha tre significati: abitare, onorare e coltivare. L’uso del tempio dovrebbe riflettere esattamente questi tre aspetti: Un luogo per la vita pubblica e politica, un luogo per la cultura e, naturalmente, un luogo per il culto.
Spetta alla Chiesa, insieme alle comunità, mettere in atto i mezzi per mantenere vivi questi luoghi, spesso ricchi di storia e molto adatti (posizione, situazione, spazio, organo, ecc.) alla vita locale.
Le discussioni sono state vivaci. Alcune parrocchie hanno ribadito un’apertura responsabile e onesta e hanno temuto che questo regolamento tagliasse i legami essenziali stabiliti sul terreno parrocchiale, mentre altre hanno apprezzato la fermezza della relazione, che ha fissato un quadro preciso. Va notato che la collaborazione con le imprese di pompe funebri dovrà essere ridiscussa in modo che le richieste delle famiglie in lutto possano essere accompagnate in modo più ampio.

Il Sinodo ha convalidato con 17 voti, 2 astensioni e 15 contrari, il principio di riservare l’uso dei templi esclusivamente alle attività religiose cristiane e agli eventi culturali, pubblici e politici. Le cerimonie non presiedute da un membro permanente o da un predicatore dell’Eren o delle chiese riconosciute non saranno più autorizzate.

Il Sinodo ha approvato le linee guida per l’uso dei templi e le ha inserite nell’appendice del Regolamento generale.
Questi i punti principali:
Articolo 1

Secondo il Concordato tra lo Stato e le Chiese riconosciute (art. 9, comma 3): “I templi, le chiese e le cappelle sono utilizzati principalmente per scopi religiosi e sono messi a disposizione gratuitamente delle Chiese, che hanno un diritto preferenziale ad utilizzarli. Non possono essere autorizzati eventi contrari agli obiettivi delle chiese. Ogni volta che è richiesto l’uso dell’edificio, si deve chiedere il parere delle autorità ecclesiastiche interessate.

Art. 2

L’Eren, attraverso le sue autorità, autorizza eventi pubblici di vario genere nei templi (purché non siano in contrasto con gli obiettivi della Chiesa) come dibattiti, assemblee associative o politiche, teatri, conferenze, concerti, ecc. L’amministrazione comunale deve consultare il pastore responsabile del luogo prima di confermare qualsiasi prenotazione al di fuori della parrocchia.

Art. 5

I servizi laici (in particolare le cerimonie nuziali e i servizi funebri laici) condotti da officianti laici (cioè non a nome di una chiesa) non sono ammessi nei templi. La parrocchia sarà lieta di mettere a disposizione una delle sue sale per tali eventi. L’unica autorità che può fare un’eccezione è il Consiglio sinodale e, se urgente, il suo presidente.

Art. 6

Per i templi appartenenti ai Comuni: i Comuni sono liberi di decidere le tariffe per l’affitto dei templi per eventi culturali e per atti ecclesiastici (matrimoni, servizi funebri). I templi sono messi a disposizione di Eren a titolo gratuito per le sue attività, come stabilito dal concordato (art. 1).

Chiudendo le porte alle cerimonie laiche, la Chiesa riformata del Cantone di Neuchâtel (Eren) ha aperto il dibattito. Può la Chiesa pretendere che, al di là dell’aspetto culturale, ciò che si celebra in un tempio sia esclusivamente religioso?

I giornalisti Anne-Sylvie Sprenger e Lucas Vuilleumieur per il giornale elvetico Réformés hanno raccolto varie opinioni dalle altre chiese cantonali:

Il presidente dell’Eren Yves Bourquin è consapevole che questo divieto sta provocando dibatitto. La prova è nella pila di lettere che ha ricevuto: «Sulla mia scrivania ho tante lettere di indignazione quante di calorose congratulazioni», dice. E se alcune di esse «sono emotive e basate su esperienze difficili», altre, invece, arrivano a mettere in dubbio il valore legale di questo divieto.

Colte di sorpresa, le altre chiese cantonali sono quindi «costrette a prendere posizione», come dice Gilles Cavin, presidente della Chiesa evangelica riformata del Vallese. «Io stesso sono molto diviso su questo tema, che finora non è mai stato affrontato dalla nostra Chiesa». Se lo vede come un’opportunità per entrare in contatto con nuove persone, 1purché il ministro sia in qualche modo coinvolto», si chiede il senso di un tale passo se il ministro è totalmente escluso. «Ci si potrebbe chiedere se l’unico interesse del tempio sia la gratuità», dice.

«Ad essere sincero, sono rimasto sorpreso da questa iniziativa», afferma Philippe Kneubühler, membro del Consiglio sinodale dell’Unione delle Chiese sinodali di Berna-Giura-Soletta. «Non vedo la necessità di un divieto. La nostra cultura di Chiesa di Stato significa che siamo aperti a tutta la popolazione», afferma. Non esistono regolamenti in merito, poiché le parrocchie trattano tali richieste caso per caso. Philippe Kneubühler afferma: «A mio parere, questa decisione non avrà alcuna conseguenza per noi».

Per Vincent Guyaz, vicepresidente della Chiesa evangelica riformata del Cantone di Vaud (Eerv), l’idea non è quella di vietare: «Abbiamo tutto da guadagnare, in termini di testimonianza del Vangelo, accogliendo tutti». E aggiunge: «Raccomandiamo alle parrocchie del Vaud di accettare cerimonie laiche, purché si verifichi che si tratta di qualcosa che non è anticlericale, aggressivo o settario». Tuttavia, l’Eerv suggerisce di «negoziare un breve benvenuto all’inizio della cerimonia da parte del parroco locale o di un membro del consiglio parrocchiale».

Nella Chiesa protestante di Ginevra (Epg), le cerimonie laiche sono addirittura subordinate alla presenza di un ministro di culto della stessa Epg. «La nostra chiesa è soddisfatta della pratica attuale e non ha intenzione di cambiarla», afferma il suo dipartimento di comunicazione. «Non spetta a noi commentare o giudicare le decisioni delle chiese sorelle. Spetta a ogni chiesa decidere la propria prassi».

«Nella nostra regione, tali richieste rimangono piuttosto marginali. Probabilmente è per questo che non abbiamo una linea chiara, se non per il fatto che il nostro regolamento prevede che le persone che utilizzano un luogo di culto devono rispettarne la dignità», spiega Pierre-Philippe Blaser, presidente della Chiesa Evangelica Riformata del Cantone di Friburgo. Anche in questo caso, le decisioni vengono prese in modo isolato. «Se apprezziamo il nostro spirito di apertura, possiamo legittimamente chiederci dove sta la coerenza di tali richieste», continua. «Perché scegliere un luogo religioso per una celebrazione che non è religiosa?»

«Non c’è contraddizione o paradosso», afferma Julien Abegglen Verazzi, cofondatore dell’Association des célébrants et officiants romands (Acor). «Le famiglie non fanno richieste incoerenti e la nostra priorità rimane quella di rispondere alle loro esigenze nel miglior modo possibile». E spiega: «Spesso, all’inizio, c’è il desiderio di rispettare la volontà del defunto. Altre volte esprimono un attaccamento culturale o simbolico attraverso la scelta di un tempio».

Nella sua esperienza, Edmond Pittet, direttore della Casa Funeraria di Losanna, osserva che «le persone vengono spesso in questi luoghi per trovare la nozione di sacro».

«Come chiesa, abbiamo la responsabilità di ciò che viene detto a livello spirituale nei templi. È in gioco anche la nostra credibilità», afferma Yves Bourquin. Da parte sua, Vincent Guyaz ammette che «c’è effettivamente qualcosa di giusto e legittimo nel fatto che le nostre chiese vogliano evitare la confusione». Tuttavia, secondo lui, «la testimonianza del Vangelo e l’accoglienza di una famiglia in lutto devono venire prima dell’identità riformata».

Infine, secondo il teologo e giornalista Michel Kocher, direttore di Médias-Pro, «la decisione di Neuchâtel è un cambiamento storico. L’Eren invia un segnale certamente un po’ divisivo, ma comprensibile. Ci ricorda che il servizio primario della Chiesa non è affittare locali, ma accompagnare le persone nella speranza che è nostra». E conclude: «Esistiamo anche quando abbiamo il coraggio di dire no, altrimenti finiamo per scomparire perché non siamo in grado di dire sì. Altrimenti finiamo per scomparire perché non veniamo più presi sul serio».