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Cosa manca in Laudato Si’

«Tutto dipende da me… e se dipende da me sono sicuro che non ce la farò», diceva Nanni Moretti in Caro Diario, riferendosi alla sua condizione di malato apparentemente incurabile.

Leggere l’enciclica Laudato Si’ di Francesco mi ha gettato nello sconforto del personaggio morettiano. Tutto dipende da noi, esseri umani, come individui e come collettività. Tutto dipende da noi, se vogliamo salvare questo mondo ammalato, se vogliamo salvare il Creato che Dio ci ha affidato.

E se tutto dipende da noi, sono sicuro che non ce la faremo.

Però, si dice, finalmente un’enciclica del papa che parla dei temi ambientali. Sì, finalmente. Sono quasi quarant’anni che in ambito ecumenico di parla di temi ambientali. Per dirne una, al trittico “Giustizia, Pace, salvaguardia del Creato” fu dedicata la prima Assemblea ecumenica europea di Basilea, nel 1989. Non solo, ogniqualvolta leggiamo di tensioni tra mondo ortodosso e mondo protestante, il “trittico” ha salvato il dialogo, facendo in modo che non si arrivasse mai ad una rottura vera e propria. Inoltre, la riflessione sulla possibilità concreta di una catastrofe nucleare che portasse fine alla vita sulla terra ha portato alla riscoperta e condivisione di spiritualità diverse, portatrici di una visione olistica, integrata col Creato: basti pensare alle liturgie luterane scandinave sul Creato o a quelle celtiche promosse in particolare dall’abbazia ecumenica di Iona in Scozia.

E la chiesa cattolica non è rimasta a guardare in questi decenni, ma ha partecipato attivamente a questo processo di riscoperta del legame con la terra.

Colpisce però il pessimismo che pervade l’enciclica. Il mondo va male, il mondo va peggio. Già Francesco aveva espresso questa opinione in pubblico. Ma non è così: la situazione è molto più complessa. Ne dico due: la percentuale dei poveri nel mondo è calata rispetto a trent’anni fa e mai nella storia si è verificato che cittadini privati donassero soldi per cittadini poveri di altre nazioni come avviene ora. La povertà non è stata sconfitta e troppa gente sta male al di là di quanto noi (occidentali in poltrona) possiamo immaginare, ma ridurre a “si va sempre peggio” non è dire la verità.

Insomma, in questo testo, che mette finalmente il magistero cattolico in linea con quanto già dibattuto a livello ecumenico, manca la speranza. Manca la speranza che, nonostante il peccato degli uomini e delle donne, contro Dio, contro il prossimo e contro il Creato, il Padre amorevole non ci abbandonerà. Manca la speranza che, alla nostra responsabilità di custodi del Giardino, corrisponda la responsabilità di chi ci ha chiamati a questa vocazione. Questa speranza era presente nei partecipanti dell’Assemblea di Basilea e molti di loro hanno visto la caduta del Muro di Berlino come un segno che il Creatore continua a non abbandonarci al nostro peccato.

Forse, non è un caso che del canto di Francesco d’Assisi, papa Francesco nell’enciclica citi tutto, eccetto la lode finale: «Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male». Il frate di Assisi non si compiaceva della morte, ma sapeva che la grazia del Signore era più forte.

Foto Gian Mario Gillio/Nev