Calabria. Un cammino di convivenza nel segno del cedro

Presenti anche i valdesi alla cerimonia interreligiosa che ha rievocato le origini di una coesistenza pacifica tra culture

 

Si sa che i simboli sono sempre stati degni di nota e di attenzione da parte delle varie culture e delle religioni in quanto comode estrinsecazioni e sintesi di significati che, in altro modo, risultano difficili da portare ad espressione. Proprio a tal proposito nella giornata conclusiva del Cedro Festival 2024 che si tiene presso Santa Maria (del cedro), nell’Alto tirreno cosentino, ci si è soffermati a riflettere sulla valenza religiosa dell’antico agrume tanto caro alla cultura e alla religione ebraica. Le fonti storiche ci dicono che da secoli il cedro è coltivato sulle coste che da Diamante giungono a lambire l’attuale Basilicata, e il cui centro è proprio Santa Maria, e che da secoli i rabbini si prodigano, da tutto il mondo, a raggiungere tali luoghi per la raccolta a partire da fine luglio e fino al termine di settembre. L’obiettivo è la selezione per i rituali di Sukkot, quindi per la festa delle Capanne o dei Tabernacoli. 

 

Domenica 8 settembre presso il lungomare della ridente località balneare si è svolto il momento conclusivo della kermesse di valorizzazione dell’agrume. È stato organizzato, per volere della giunta comunale, con il contributo della Regione e soprattutto dei delegati delle varie confessioni, un momento interreligioso e interculturale svoltosi in due fasi: una marcia per la pace e una tavola rotonda di confronto e di reciproco ascolto delle identità delle rappresentanze presenti.

 

A prendervi parte, i rappresentanti delle tre grandi espressioni del monoteismo: del cristianesimo, c’erano i valdesi, gli evangelici pentecostali, i cattolici romani, i cattolici di rito greco-bizantino di antica origine albanese e gli ortodossi afferenti alla Chiesa ortodossa rumena; della realtà ebraica erano presenti la presidente Ucei, Noemi Di Segni, il vicepresidente Giulio Disegni e il referente della Sezione ebraica di Palmi (Rc), Roque Pugliese. Degna di nota, visto l’attuale momento internazionale, la presenza, accanto a quella ebraica, di un esponente islamico, Ahmed Berraou. 

 

In rappresentanza della realtà valdese erano presenti la pastora Giuseppina Bagnato e alcuni membri della comunità di Dipignano e della ripristinata fede valdese di Guardia Piemontese. Per la prima volta, la nostra chiesa è stata invitata al Festival: emblematico è stato il ricordare la presenza valdese, fin dal XIII secolo, sulle coste e nell’entroterra dell’attuale provincia di Cosenza del movimento eterodosso valdese e la similitudine storico-religiosa sia con gli ebrei, prima, che con gli albanesi di fede cristiana poi. Si è trattato, sicuramente, di tempi di convivenza pacifica, voluta anche da illuminati uomini politici del tempo, come l’imperatore Federico II: quasi certamente egli fu uno dei protagonisti dell’arrivo, dalla Provenza e dall’arco alpino occidentale, dei seguaci di Valdo nei territori della Calabria e certamente contribuì a creare un contesto di buoni rapporti con la già viva presenza ebraica in quei luoghi.

 

La pastora Bagnato ha voluto incentrarsi proprio sul tema della riparazione di questo atavico clima di buon senso civile e religioso tra diversità e di cui il frutto del cedro vuole essere simbolo di inizio di ripristino. Il presentatore ha introdotto il suo intervento con parole significative sottolineando la presenza secolare del movimento e della chiesa valdese nelle terre di Calabria. Una chiesa, quella valdese, che, secondo Bagnato, vuol fare memoria del percorso storico intrapreso e che vuole ricordare la passione comune, con lo spirito ebraico, per lo studio incalzante della Bibbia. Una chiesa, che vuole ripristinare l’importanza della riparazione (a partire dal termine ebraico “Tikkun”) della convivenza multiculturale con particolare riguardo alla salvaguardia del Creato.

 

Le parole della pastora, nel riprendere quello che è l’impegno per la giustizia e la responsabilità comune, sono risuonate ancora più significative perché a distanza di alcuni chilometri dal lungomare, sede della tavola rotonda, era in corso un incendio. Le fiamme, però, ci hanno ricordato che a prendere vigore deve essere la speranza (di riparazione), ingrediente essenziale primizia della fede.