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Vicenza: armi per tutti?

Mentre in Italia era notte, in Florida nel pomeriggio di mercoledì 14 febbraio un ex studente di una scuola a Parkland, a 50 chilometri nord di Miami, ha ucciso 17 persone sparando loro con un fucile semiautomatico Ar-15, una delle armi più diffuse negli Stati Uniti. Si tratta di una tra le più gravi stragi degli ultimi anni in un istituto scolastico negli Stati Uniti dopo quella di Sandy Hook del 2012 e addirittura più tragica dell’attacco alla Columbine High School, in Colorado, risalente al 1999, che causò la morte di 15 persone.

Ancora una volta, eventi come questi impongono una riflessione sul troppo facile accesso alle armi, un tratto distintivo degli Stati Uniti, difeso strenuamente in nome del secondo emendamento della Costituzione statunitense, una scelta tutt’altro che priva di conseguenze. Basti pensare che nei primi 45 giorni del 2018 sono già state 18 le sparatorie nelle scuole e 8 di queste hanno provocato morti.

Per molti versi il nostro Paese si colloca all’opposto rispetto agli Stati Uniti: l’accesso alle armi è regolato e l’Italia vive un costante decremento di omicidi, come testimoniato dai dati della Banca Mondiale (dati 2015) e da Istat (2016). Eppure, il dibattito sulla sicurezza e sulla legittima difesa segna le campagne elettorali italiane ormai da molti anni. «Stiamo parlando di minoranze rumorose, che però – spiega Giorgio Beretta, analista di Opal,l’Osservatorio permanente sulle armi leggere, politiche di sicurezza e di difesa – sono molto rumorose grazie ad alcuni esponenti politici. I dati Istat certificano che nel 2016 sono stati 19 omicidi per rapine e furti nelle case degli italiani. L’anno scorso abbiamo contato almeno 40 omicidi familiari, compiuti da legali detentori di armi. Tra l’atro ci sono anche 80 suicidi e almeno 120 tentati suicidi e omicidi sempre fatti da legali detentori di armi. Se guardiamo i numeri, il vero allarme quindi non sono le rapine che finiscono con un omicidio, ma le armi detenute legalmente nelle case degli italiani e che il più delle volte servono non per difendersi da un’aggressione in atto ma servono purtroppo per sparare a qualche familiare. Oggi se c’è un arma in casa di un italiano è molto più facile che quell’arma venga utilizzata per commettere un omicidio o un suicidio che non che venga utilizzata per far fronte a un’aggressione».

Uno dei luoghi in cui le contraddizioni del modello di controllo sul possesso e uso di armi da fuoco in Italia è l’Hit Show di Vicenza, da quattro anni la più importante manifestazione dedicata alle armi private nel nostro Paese. Da tempo Opal denuncia il fatto che l’accesso alla fiera non sia normato, al punto che anche i minori possono partecipare, e che questa edizione si sia trasformata in una passerella elettorale in favore di norme più permissive.

«La mancanza di una mission – spiega Giorgio Beretta, analista di Opal – è proprio il punto critico di questo Hit Show». È un’esposizione di armi comuni che però raccoglie tutte le armi, da quelle da difesa personale a quelle per corpi di polizia e private security fino alle armi per la caccia, quelle per il tiro sportivo, le repliche di armi antiche, oppure ancora le armi militari demilitarizzate o quelle per il softair. «Non si capisce come mai a una fiera in cui ci sono tutte le armi di questo tipo possano entrare tutte le persone, minori inclusi. È l’unica fiera in Europa che lo permette: l’Iwa di Norimberga, che è una fiera per operatori del settore, permette per esempio l’ingresso solo agli operatori professionali e dice chiaramente che è vietato l’ingresso a cacciatori, tiratori sportivi e ovviamente ai minori». Nonostante le promesse degli scorsi anni, infatti, anche per questa edizione non sono state introdotte limitazioni all’accesso: il regolamento della fiera consente a bambini e ragazzi con meno di 18 anni di partecipare all’evento solo se accompagnati da un adulto. Non è consentito, sulla carta, maneggiare le armi esposte, ma secondo la Diocesi di Vicenza «la cosa avviene e i tentativi, sostenuti anche dalla commissione diocesana per la pastorale sociale e del lavoro, per arrivare ad un codice etico più stringente non hanno avuto seguito».

«Qui – afferma Beretta – la questione è molto concreta: o è una fiera merceologica ed espositiva, e quindi vanno messe alla porta tutte le attività che non riguardano l’esposizione, come quelle politiche, oppure si lavora sulla questione e si apre un dibattito, ma a quel punto si invitano tutti gli schieramenti. Quello che fa la fiera è un’operazione ideologico-culturale specificamente diretta alla promozione e alla diffusione in Italia delle armi e alla promozione di leggi meno restrittive per quanto riguarda sia il porto d’armi sia la legittima difesa».

Il mercato delle armi si sta muovendo in due direzioni principali: da un lato le armi per il tiro sportivo, dall’altra quelle da difesa personale, senza dimenticare la sempre maggiore diffusione dei fucili AR, esattamente come quello utilizzato nella strage in Florida. «Queste armi – avverte Beretta – essendo catalogate a seconda dei casi o come armi sportive o come armi comuni una persona che ha ricevuto una semplice licenza di nulla osta o anche per il tiro sportivo può tenere in casa 3 armi comuni, 6 armi sportive e un numero illimitato di fucili da caccia, tra l’altro con 200 munizioni per pistole e 1500 munizioni per fucili da caccia, il che fa capire che una persona con una semplice licenza ha in casa un piccolo arsenale». Mercoledì 14 febbraio, a due giorni dalla chiusura della fiera, il sindaco di Vicenza, Achille Variati, ha dichiarato che «qualcosa non ha funzionato» e ha affermato che «alla prossima assemblea della società chiederemo il divieto di ingresso sotto i 16 anni nei padiglioni dove sono esposte armi da difesa». Commentando le immagini dei bambini che imbracciavano i fucili, mostrate dal giornale locale La voce dei Berici, Variati ha poi aggiunto che «non doveva andare così. Che i bambini possano maneggiare armi prodotte per sparare agli esseri umani è preoccupante». L’impegno verrà rispettato?