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Svezia, battaglie attorno al velo

Le insegnanti non musulmane della scuola svedese Prästamosseskolan nella cittadina di Skurup hanno ridefinito il personale concetto di convivenza e solidarietà questa settimana, arrivando al lavoro indossando l’hijab islamico per protestare contro un divieto che entrerà in vigore nella loro città entro i prossimi sei mesi.

Le maestre hanno inviato collettivamente un messaggio di disapprovazione al municipio dopo che nel dicembre scorso è stato approvato un disegno di legge che vieta «tutte le forme di copricapo musulmani» nelle scuole primarie e nelle scuole materne. Il divieto riguarda le donne che indossano il velo, i burqa e i niqab. 

Il preside della scuola, Mattias Liedholm, ha dichiarato che non si atterrà alla decisione del comune. «Né io né nessuno dei miei colleghi imporremo alcunché. Quindi sarà una questione personale da gestire per  l’amministrazione cittadina». 

La decisione degli insegnanti di opporsi al divieto li ha sottoposti a violenti attacchi dai social media. Alcuni le hanno definite «idioti», mentre altri le hanno accusate di sostenere «l’oppressione delle donne». Diversi avvocati svedesi si sono espressi in queste settimane per affermare che il divieto viola le libertà personali.

Uno fra loro è Andreas Lindholm, che collabora con l’Agenzia nazionale svedese per l’educazione. L’avvocato ritiene che il divieto di coprire la testa «sia contrario alla Convenzione europea sulla libertà di religione».

Sostenuto dai moderati liberal-conservatori e dal partito locale Skurup, il divieto è stato  approvato dal governo municipale con un voto risicato, 22 favorevoli e 19 contrari.

La mozione è stata ampiamente criticata dalla comunità locale e circa alcune centinaia di persone si sono radunate per protestare fuori dal municipio lunedì scorso 20 gennaio. Tuttavia, hanno incontrato contro-proteste con gente che intonava slogan contro la comunità musulmana.

Tra coloro che difendono il divieto, Lars Nyström, leader del gruppo democratico, che ha affermato che l’idea è «proteggere le donne dall’oppressione».

Oggi le comunità musulmane rappresentano l’8,1 per cento della popolazione totale della Svezia. Sebbene la Svezia non imponga un divieto per il velo a livello nazionale, alcuni comuni in tutto il paese si sono impegnati a imporli.

Il tema è spinoso ed è una delle sfide dell’integrazione in questi decenni: in Francia il concetto di laicità rigorosa da tempo contempla il divieto di qualsiasi simbolo religioso esposto.

L’anno scorso, i parlamentari austriaci hanno approvato una legge volta a vietare il velo nelle scuole elementari. La decisione arriva due anni dopo che il Paese ha imposto il divieto di burqa, vietando alle donne musulmane di indossare il capo esterno usato per coprirsi. Paesi di tutta Europa tra cui Belgio, Danimarca, Olanda e Germania hanno attuato un divieto simile negli ultimi anni. In Spagna è in corso un dibattito sul tema mentre il Regno Unito non ha mai preso in considerazione una simile normativa. In Italia non esiste una norma specifica in materia, per cui il riferimento è alla legge Reale del 1975 relativa all’ordine pubblico che vieta di travisare il volto con qualsivoglia abito o oggetto (casco) negli spazi pubblici.

La Corte europea dei diritti umani si è espressa nel 2017 su un ricorso di tre musulmane contro la legislazione proibitiva del Belgio. E ha dichiarato assolutamente legittimo il divieto.