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Ortodossi rumeni e bulgari contro la guerra

«Preghiere ma soprattutto opere buone»: rimboccandosi le maniche della sua tonaca, padre Georgian Paunoiu non ha aspettato a portare «un po’ di conforto e speranza» alle vittime ucraine dell’aggressione russa.

Ma al di là della sua compassione, una domanda assilla questo religioso di Bucarest, come molti preti rumeni e bulgari: come hanno fatto russi e ucraini, ortodossi come lui, a trovarsi faccia a faccia in questa guerra che semina «sofferenza»?

«Le immagini dei bambini rifugiati affamati e stanchi che tengono per mano le loro madri sono strazianti», ha detto all’agenzia stampa Afp il 45enne padre di tre figli.

Nella casa pastorale accanto alla chiesa di Santa Ecaterina, dove officia, coperte, cibo, medicine e persino una sedia a rotelle sono ammucchiate nel bagno. Un primo trasporto è partito mercoledì scorso per il confine con l’Ucraina.

«I cuori vibrano e non accettano procrastinazioni», ha aggiunto, definendosi «sopraffatto», e accogliendo tuttavia la smania del suo gregge di aiutare i rifugiati che si riversano in Romania. A Brasov (Romania centrale), quando padre Aurelian Reit della parrocchia della Santa Trinità ha lanciato una raccolta di donazioni, un «diluvio inaspettato» di fedeli ha portato materassi, trapunte, tende e prodotti per l’igiene.

«In totale, 132 pallet sono stati riempiti, alcuni dei quali sono già stati trasportati», mentre centinaia di bambine e bambini ucraini sono già stati accolti nel centro sociale adiacente alla sua chiesa.

Lo stesso è avvenuto nella vicina Bulgaria, dove il patriarca Neofit ha invitato i fedeli a «pregare per una fine immediata della guerra».

«Apriamo i nostri cuori ai nostri fratelli che soffrono e aiutiamoli», ha detto durante una predicazione domenica scorsa, schierandosi apertamente con l’Ucraina, anche se la chiesa che dirige è notoriamente vicina a Mosca. Una colletta è stata organizzata con la Croce Rossa per raccogliere fondi per i rifugiati, alcune centinaia dei quali saranno ospitati nei monasteri del paese balcanico.

Rivolgendosi ai bulgari nella loro festa nazionale del 3 marzo, il metropolita di Plovdiv, Nikolay, aveva apertamente protestato contro una «guerra che ha messo i cristiani ortodossi gli uni contro gli altri». «La Russia ha attaccato l’Ucraina. Questo è così contrario alla volontà di Dio», aveva denunciato.

E aggiunto: «Questa non è una guerra per la nostra fede, ma una guerra alimentata dall’orgoglio, che sta dissanguando la Chiesa ortodossa».

In Romania, il patriarca Daniel ha espresso la sua «grande preoccupazione» per lo scoppio dell’aggressione, che è stata scatenata «dalla Russia contro uno stato sovrano e indipendente».

Il portavoce del patriarcato, Vasile Banescu, è andato oltre, denunciando la «cinica complicità dell’opulento patriarca» Kirill di Mosca con un potere politico «assassino». Ha castigato «l’uomo anti-cristo che imita la fede in Dio e il patriottismo». Un riferimento poco velato al presidente russo Vladimir Putin.

Kirill aveva descritto gli oppositori di Mosca in Ucraina come «forze del male» che vogliono rompere l’unità storica tra i due paesi. Nella piccola stanza dove conserva le donazioni per i rifugiati, padre Georgian crede che i veri cristiani non possono aver iniziato questa guerra. Cita la Bibbia: «Gesù Cristo ha detto: “Beati gli operatori di pace”».

 

Foto: arrivo di rifugiati alla stazione di Bucarest