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Maternità surrogata: dati, costi, dubbi

Gestazione per altri, maternità surrogata, gestazione d’appoggio, utero in affitto: modi diversi, alcuni decisamente sprezzanti (la ministra Lorenzin ha parlato addirittura di “ultraprostituzione”), per definire la pratica – in queste settimane oggetto di grandi discussioni ma non di altrettanta informazione – grazie alla quale una donna porta a termine la gravidanza su commissione per una coppia che non può avere figli. La fecondazione può essere effettuata con seme o ovuli sia della coppia sterile che di donatori e donatrici.

In Italia è vietata dalla legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita, che punisce «con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600 mila a un milione di euro» chiunque la pratichi ma anche ne faccia pubblicità. Non meno esplicito in proposito il Parlamento europeo, che lo scorso 17 dicembre ha condannato e vietato la pratica della maternità surrogata, perché «mina la dignità umana della donna, dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usate come un bene di lusso; ritiene che la pratica della maternità surrogata, che implica lo sfruttamento della riproduzione e l’uso del corpo umano per guadagno finanziario o di altro tipo, in particolare nel caso di donne vulnerabili in paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e considerata come una questione urgente fra gli strumenti in materia di diritti dell’uomo».

Al momento, in Europa la maggior parte dei paesi, come l’Italia, vieta la pratica della gestazione per altri: è legale soltanto nel Regno Unito, in Grecia, nei Paesi Bassi e in Romania.

Un’interdizione che ad alcuni non è sembrata sufficiente se, il 2 febbraio, alcune associazioni hanno firmato in una sala dell’Assemblea nazionale di Parigi una «carta per l’abolizione universale della maternità surrogata». In questa occasione la filosofa femminista Sylviane Agacinski ha ribadito l’importanza di «impedire che, come la prostituzione, anche la pratica dell’utero in affitto trasformi le donne in prestatrici di un servizio: sessuale, o materno. Il corpo delle donne deve essere riconosciuto come un bene indisponibile per l’uso pubblico. La madre surrogata non è forse madre genetica ma è senza dubbio anche lei una madre biologica, tenuto conto degli scambi biologici che avvengono per nove mesi tra la madre e il feto. Il bambino in questo modo diventa un bene su ordinazione, dotato di un valore di mercato».

I promotori dell’appello hanno insistito sulla necessità che l’abolizione sia prima europea poi universale: infatti appare inutile vietare in un Paese ciò che è facile ottenere in un altro. Un auspicio che molti hanno definito irrealizzabile e ingiusto, riaffermando la libertà di autodeterminazione della donna e quindi la sua capacità di scegliere autonomamente anche la maternità surrogata.

In Italia il dibattito in proposito si è concentrato sulle coppie gay ma bisogna ricordare che ad usufruire della gestazione per altri sono soprattutto gli etero. Secondo i dati del Ministero della Salute, infatti, il rapporto è di 60 per cento di coppie eterosessuali che ricorrono alla gravidanza per altri contro il 40 per cento di coppie omosessuali; altre fonti parlano addirittura di un rapporto 80-20% a favore delle coppie costituite da marito e moglie. Il numero dei bambini coinvolti ogni anno in Italia, poi, non raggiungerebbe il centinaio.

I costi per chi si rivolge a una donna donatrice di ovulo e un’altra portatrice del bambino vanno dai 70-130mila euro degli Stati Uniti ai 30mila dell’India, tutto compreso. Salvo imprevisti.

Foto By DovidenaOwn work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=40745392