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Marocco e Mali uniti per un islam moderato

Lo scorso giovedì 8 marzo, il primo ministro del Mali Soumeylou Boubèye Maïga (in carica dal 31 dicembre scorso), in visita in Marocco insieme a diversi ministri, ha incontrato il suo omologo Saadeddin El Othmani per sottoscrivere diversi accordi sui temi dei trasporti e del lavoro. L’incontro è stato, però, anche l’occasione per parlare della minaccia jihadista nell’area dell’Africa del nord, e delle strategie adottate dai due paesi per opporvisi.

Attualmente il Marocco è l’anello più forte della lotta al terrorismo, soprattutto in Africa, sebbene abbia anch’esso conosciuto alcune azioni sul proprio territorio: Casablanca nel 2003 con una serie di attacchi kamikaze quasi simultanei che provocarono 33 vittime (più i 12 attentatori), e Marrakech nel 2011 con 17 morti. La sua storia è caratterizzata da un islam consapevole, legato alle tradizioni ma anche aperto a una convivenza pacifica con le altre religioni, soprattutto cristianesimo ed ebraismo.

Il Mali, dal canto suo, è stato colpito nella primavera del 2012 da gruppi jihadisti legati ad Al-Qaeda, respinti da un intervento militare internazionale ancora in atto. Il nord del Paese resta una “zona calda”, al centro di attacchi, che spesso sfugge al controllo delle forze armate nonostante un accordo di pace firmato nel 2015 per isolare definitivamente i jihadisti, la cui applicazione è assai difficoltosa. Nel 2013 e 2014 il re del Marocco Mohammed VI si è recato nella capitale del Mali, Bamako, per supportare il processo di pace e il Marocco si è posto come mediatore nella crisi maliana. Il tema era quindi all’ordine del giorno nell’incontro di pochi giorni fa fra i due primi ministri, anche se è stato affrontato con una certa discrezione.

Tra i frutti più promettenti della lotta al terrorismo jihadista in una prospettiva di lunga durata, rientra il rifiuto dell’estremismo religioso con l’accordo firmato dal Mali (primo paese ad averlo fatto, nel 2013) per la formazione dei suoi imam nell’istituto Mohammed-VI di Rabat. La formazione, fornita a 500 imam maliani, ha commentato il primo ministro, «è basata sulla diffusione dei valori di un islam moderato e della giusta via di mezzo».

L’istituto, recentemente ampliato con il terzo padiglione, è in grado di ospitare 1640 studenti, di cui attualmente 778 provengono da altri paesi: Mali, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia, Nigeria, Ciad e Francia. Finora ben 712 imam e predicatrici provenienti da questi paesi si sono laureati nell’istituto.