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Libertà di culto e integrazione vanno insieme

L’8 ottobre il Tribunale amministrativo regionale (Tar) della Lombardia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla Legge lombarda ‘per il governo del territorio’ del 2005, esprimendosi su un contenzioso tra il Comune di Sesto Calende (Varese) e la locale comunità islamica. La sentenza in questione riguarda una battaglia legale che va avanti ormai da anni, relativa alla richiesta di individuazione di un luogo di culto per la comunità islamica locale sul territorio di Sesto Calende e al conseguente rifiuto da parte dell’amministrazione comunale.

«La motivazione di questo invio degli atti alla Corte costituzione riguarda la mancanza di tempi certi di risposta alla richiesta di una comunità di fede; tale mancanza violerebbe il principio di libertà religiosa sancito dall’articolo 19 della nostra Carta costituzionale» così spiega Ilaria Valenzi, responsabile dell’ufficio legale della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (Ccers).

La Legge lombarda del 2005 sulla pianificazione urbanistica, edilizia e territoriale ha subito, nel corso degli anni, forti modifiche dalle amministrazioni che si sono succedute, proprio nella sezione relativa ai luoghi di culto. L’ultima di queste risale al 2015 con una riforma che fu impugnata dalla Presidenza del consiglio dei ministri.

«In seguito all’impugnazione una sentenza della Corte costituzionale del 2016 dichiarò anticostituzionale gran parte di quella legge, conosciuta anche come “legge antimoschee”, – ha proseguito Valenzi – e adesso abbiamo questo nuovo rinvio alla Corte relativamente all’articolo 72 nella parte in cui ‘non detta alcun limite alla discrezionalità del Comune nel decidere quando (comma 5) e in che senso (commi 1 e 2) determinarsi a fronte della richiesta di individuazione di edifici o aree da destinare al culto’ che si presenta come una lesione del diritto di libertà religiosa».

Occorre sottolineare che la Legge della regione Lombardia del 2005 è stata presa a modello da altre regioni, Veneto e Liguria in particolare, che hanno costruito le proprie leggi regionali tenendo conto degli aggiustamenti previsti dalla sentenza del 2016 producendo limiti alla libertà delle comunità di fede.

«Il fatto che si torni alla Corte costituzionale con nuova impugnazione ci fa augurare che ci sia una revisione all’impianto generale della legge che, anche se si riferisce all’edilizia, riguarda in modo più ampio la libertà di culto – ha detto Valenzi -. Si utilizza l’escamotage urbanistico per colpire le comunità di fede che danno fastidio, in particolare l’Islam ma anche le chiese evangeliche, quelle pentecostali e le cosiddette chiese libere dove è alta la presenza di migranti. Sono leggi, che hanno un chiaro stampo politico, fatte per limitare le diversità culturali e non riconoscerle. La libertà religiosa è uno degli aspetti fondamentali dell’integrazione».

Parlando da un punto di vista più generale Valenzi ha sottolineato che «questa situazione è determinata dal fatto che in Italia non esista una legge quadro sulla libertà religiosa. La Fcei è impegnata da anni su questa questione e ha lavorato alla presentazione di un progetto di legge che introduca una nuova visione della libertà religiosa – ha concluso».