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Lesbo. Dopo Moria, Pikpa?

Appena al largo della costa della Turchia, il campo profughi di Moria sull’isola greca di Lesbo è diventato un passaggio forzato per i migranti in fuga dalla Siria, dall’Afghanistan e da altri luoghi in tutto il mondo. Dopo un massiccio incendio nel campo di Moria un mese fa, il governo greco ha comunicato che un altro campo, quello di Pikpa a pochi chilometri da Moria, deve cessare le operazioni entro il 15 ottobre.

Fondato da Lesvos Solidarity, un partner della Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti (PcUsa) il campo di Pikpa accoglie in sicurezza 100 dei rifugiati più vulnerabili che sono sbarcati sull’isola, comprese madri single, anziani, vittime di tortura, persone con disabilità, LBGTQI e minori non accompagnati . Più di 30.000 persone hanno ricevuto ospitalità dalla sua apertura nel 2012.

Con poco aiuto da altri paesi europei, per usare un eufemismo, Lesbo è stata sopraffatta dagli sbarchi per la sua posizione geografica. Si trova appena al largo della costa della Turchia nel Mar Egeo. È diventata una stazione di accoglienza per i rifugiati dal Medio Oriente e dall’Africa che chiedono asilo nell’Unione europea.

Nel marzo 2016, il numero di rifugiati bloccati a Lesbo è aumentato notevolmente. Per rispondere alla realtà in rapida evoluzione e al fine di gestire efficacemente le donazioni in denaro e manodopera che continuavano ad arrivare da ogni parte del mondo, parte del gruppo chiamato “Il villaggio di tutti ” ha fondato Lesvos Solidarity. Da allora, Lesvos Solidarity ha continuato a sviluppare iniziative a sostegno dei rifugiati e anche gli abitanti locali, sorpresi dai massicci arrivi.

Pikpa viene descritta dai volontari come un luogo per «tutti coloro che cercano protezione alla ricerca di un luogo di sicurezza, autonomia e libertà». Fornisce istruzione, con corsi di lingue e non solo,  possibilità di accedere a terapie e assistenza sanitaria.

Nel 2016, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), ha assegnato il Premio Nansen per i rifugiati a uno dei co-fondatori di questo campo in riconoscimento del lavoro dell’organizzazione nel salvare vite umane e nel fornire un rifugio sicuro ai più vulnerabili durante la crisi dei rifugiati in 2015.

La notizia della prevista chiusura del campo di Pikpa arriva dopo il precedente annuncio da parte del governo greco che un altro campo, quello di Kara Tepe, che accoglie a sua volta persone vulnerabili e sorge a poche centinaia di metri dal nuovo campo allestito in fretta e furia dopo l’incendio di Moria, dovrà chiudere entro la fine di dicembre.

Notis Mitarachi, ministro della Migrazione e dell’asilo, ha affermato che è la comunità locale a richiedere la chiusura di Pikpa perché preoccupata per l’eccessiva presenza di stranieri, che sarebbero destinatari di servizi e posti di lavoro a danno dei residenti. Sull’isola nei mesi scorsi sono giunti anche vari gruppi di estrema destra provenienti da tutta Europa, che hanno contribuito a esacerbare una situazione già complicata.

Il campo di Pikpa è stato il primo campo profughi aperto in Grecia. Nasce come una dichiarazione politica contro la detenzione di rifugiati e migranti in Grecia e  come un appello per l’inclusione e l’integrazione dei rifugiati nella società locale. Il campo è gestito da greci che vivono e lavorano a Mytiline, il che consente loro di essere rapidi e flessibili nel rispondere alle mutevoli esigenze di chi arriva a Lesbo. La comunità è composta da piccole case di legno dotate di angolo cottura, cucina comune e giardini. Ai residenti vengono fornite cure mediche e supporto psicologico. Vengono offerti corsi di supporto in lingua greca e inglese.

In una dichiarazione sul sito web di Lesvos Solidarity (lesvossolidarity.org), il gruppo ha rilasciato la seguente dichiarazione:

«Finché l’Europa e il governo greco si saranno rifiutati di fornire alloggi e accoglienza dignitosi ai rifugiati, continueremo a difendere Pikpa, ora più che mai. Questa non è una lotta per difendere un luogo. Questa è una lotta per difendere la solidarietà, la dignità, l’uguaglianza e l’inclusione. Questa è una lotta per resistere all’agenda tossica di segregazione, contenimento, degrado, repressione, xenofobia e odio. Sappiamo di poter contare sul sostegno di tutta Europa – attraverso organizzazioni, istituzioni, politici e individui – e mobiliteremo questo sostegno con tutto il nostro potere. La decongestione dell’isola è l’unica soluzione, combinata con il mantenimento della capacità di accogliere persone in alloggi dignitosi come Kara Tepe e Pikpa. Il nuovo campo appena aperto, di sole tende poggiate sulla nuda terra, è disumano e inaccettabile».

«I residenti di Pikpa dovrebbero essere trasferiti in un luogo sicuro e dignitoso, che non sia il nuovo campo. Dovrebbero essere trattati con dignità e con rispetto per la loro situazione estremamente vulnerabile».

Oltre 160 organizzazioni greche e internazionali, accademici e privati cittadini da tutta Europa hanno esortato le autorità greche a revocare la decisione di chiudere e di trovare invece alternative dignitose per accogliere i rifugiati a Lesbo.

Foto da sito lesvossolidarity.org