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Claudiana editrice, un buon Salone del Libro

Un grande successo di pubblico e di partecipazione degli editori (un nuovo record, dopo quelli prodottisi negli anni precedenti la pandemia) ha caratterizzato la 34a edizione del Salone internazionale del libro di Torino. Alla rassegna, che si è svolta dal 19 al 23 maggio, ha partecipato anche l’editrice Claudiana: con il direttore Manuel Kromer ne tracciamo un primo bilancio.

«È stato detto, a ragione, che si è trattato di un’edizione della rinascita – ci dice –: lo scorso anno si era potuto tenere un Salone in forma minore, in ottobre, un periodo tradizionalmente complesso per il nostro lavoro, per cui la Claudiana non aveva partecipato. In questa edizione invece c’è stato a pieno titolo un gran ritorno di quasi tutti gli editori e operatori, anche se siamo ancora parzialmente sotto la cappa del Covid, e questo ha avuto una ricaduta, per esempio, sull’età dei visitatori: tantissimi i giovani, ma lo “zoccolo duro” dei lettori forti si colloca generalmente al di sopra di una media di 50 anni di età, che è stata, in proporzione, meno presente rispetto ad altre edizioni; ovviamente ciò ha avuto delle ricadute sulle vendite, ragazzi e ragazze hanno meno disponibilità per effettuare acquisti; ma insomma, possiamo essere contenti. A questo proposito, bisogna anche tener conto di un elemento: la legge del 2020 sullo sconto dei libri, fortemente voluta a suo tempo dagli editori soprattutto piccoli, limita, appunto, le riduzioni di prezzo a un massimo del 5%, eccezion fatta per un mese in cui un singolo editore può scegliere di fare delle promozioni più vantaggiose per il cliente, ma limitatamente al catalogo e non per le novità in uscita. E tutto sommato avendo già pagato un biglietto d’ingresso che a tariffa piena costa 12 euro, il visitatore forse si aspettava di avere, nel corso dell’evento, prospettive più convenienti».

– E per la Claudiana, si è trattato di un’edizione con buon riscontro di vendite?

«Abbiamo avuto dei buoni risultati con dei titoli che sono sempre “forti”, come il Gesù di Nazareth di Daniel Marguerat (2020). Ma il risultato che ci ha favorevolmente sorpresi è che la collana più venduta sia stata quella che, con il marchio Paideia, è dedicata ai “Testi del Vicino Oriente antico”, che affianca testi della tradizione ebraica ad altri delle aree e culture viciniori, come quelle dell’Egitto. Libri impegnativi, molto specialistici».

– A questo proposito quale valutazione si può dare oggi dell’operazione Paideia?

«Con il 2022 siamo arrivati a cinque anni da quando abbiamo avviato l’acquisizione di Paideia, e la valutazione che ne possiamo dare è assolutamente positiva. Una nuova collana, Anthologia, ci consente di ripubblicare testi dell’uno o dell’altro marchio e quindi “mischia le carte” dei rispettivi cataloghi e riunisce volumi che erano apparsi negli anni per l’una o per l’altra “casa” [si trovano in catalogo, a questo proposito, le firme di Oscar Cullmann o di Elisabeth Schüssler Fiorenza, una Grammatica del Nuovo Testamento e il testo di Paul Ricoeur su Ermeneutica filosofica ed ermeneutica biblica; e il libro di Gianni Long su Johann Sebastian Bach o il Rispetto per la vita di Albert Schweitzer e altri ancora, nda]. Nel giro di qualche anno è prevista la creazione di collane e/o pubblicazioni singole che avranno in copertina il doppio marchio».

– Il Salone ha proposto ben 1900 incontri fra presentazioni di libri e dibattiti: per quello che avete potuto organizzare e a cui partecipare, che giudizio si può trarre?

«Di fronte a un programma che si annunciava così imponente, abbiamo scelto di avere incontri allo stand con la collaborazione di Radio Beckwith evangelica di breve durata e successione continua di autori, curatori e intervistatori. Poi ho potuto partecipare a incontri molto “tecnici” dedicati agli operatori professionali, soprattutto relativamente alle nuove tecnologie, nuove tecniche tipografiche che recepiscono le innovazioni tecnologiche più recenti, le nuove frontiere del libro elettronico. Come d’abitudine anche gli incontri fra colleghi e molti quelli con i giornalisti».

– Alcuni mesi fa abbiamo avviato su Riforma un dibattito con alcuni articoli che affrontavano le questioni della lettura e dell’editoria, in particolare quella religiosa (da poco era infatti scoppiata la crisi delle edizioni Dehoniane): l’impressione era che la pandemia, paradossalmente, avesse corroborato l’industria del libro, ma non quella religiosa, ma da allora è cambiato qualcosa?

«Le chiese, tutte le chiese, non godono di buona salute e stanno perdendo consistenza e fedeli. Ma sul lungo periodo si è avuta la percezione che la pandemia prima, e la guerra poi, hanno minato la sicurezza delle famiglie, hanno gettato anche i lettori nell’incertezza del domani. C’è stato un calo del 5/6% nel fatturato dell’editoria in generale, che sale però all’11% nel campo della saggistica: forse anche per questo – tornando al discorso di prima – la partecipazione dei “lettori forti” è stata limitata».

 

Foto di Pietro Romeo