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Bolivia. «No all’abuso del nome di Dio»

La Federazione delle chiese evangeliche in Argentina (Faie) si è pronunciata sulla situazione boliviana esprimendo «il totale rifiuto della violenza e dell’interruzione dell’ordine istituzionale democratico dello stato plurinazionale della Bolivia» e chiedendo che «vengano prontamente messi in campo gli strumenti necessari al recupero della pace sociale e dello stato di diritto».

Domenica 10 novembre il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha rassegnato le dimissioni dopo tre settimane di violente proteste in tutto il paese contro la sua rielezione, e dopo aver perso il sostegno delle forze armate e della polizia. Morales aveva indetto nuove elezioni la stessa domenica, dopo l’intervento dell’Organizzazione degli Stati Americani che aveva rilevato irregolarità nelle elezioni, ma le pressioni delle forze armate e dell’opposizione lo hanno costretto a dimettersi. «Chiediamo anche che sia rispettata l’integrità fisica del presidente Evo Morales, della sua famiglia, e di quelli che erano membri del suo governo» si legge nella dichiarazione.

Dopo la rivolta delle forze di sicurezza boliviane che hanno costretto il presidente Evo Morales a presentare le sue dimissioni, gli oppositori hanno saccheggiato la casa del presidente e si sono verificate aggressioni a sindaci, governatori e ministri del Movimento per il socialismo (MAS). Dopo le dimissioni di Evo Morales, del vicepresidente Alvaro García Linera, della presidente del Senato, potrebbe assumere l’incarico di presidente Jeanine Añez, del Plan Progreso para Bolivia – Convergencia Nacional, un’alleanza politica di centrodestra formata per le elezioni del 2009 che risulta essere il più grande partito politico di opposizione in Bolivia dalle elezioni generali del 2009. Ma per farlo ha bisogno di un voto del Parlamento nel quale ha la maggioranza il Movimento per il socialismo. Non vi è dunque, in questo momento, alcun governo in Bolivia e tutto sembra rimanere nelle mani della Policía Nacional Boliviana e delle Fuerzas Armadas Bolivianas; i sostenitori di Morales si sono riversati in strada, soprattutto nella zona di El Alto e si fronteggiano con le forze dell’ordine al grido «Ora sì, sarà guerra civile».

Nel frattempo Evo Morales ha ricevuto asilo politico in Messico. «Come evangelici ci preoccupa l’avanzata di gruppi che abusano del nome di Dio e dei simboli religiosi e che promuovono e giustificano fanaticamente discorsi e azioni di odio e intolleranza, inaccettabili pregiudizi razziali nei confronti dei popoli originari del nostro continente – prosegue la lettera della Faie –. Il nome di Dio non dovrebbe essere usato per maledire e sfortunatamente questo sta accadendo». Il riferimento è a Fernando Camacho, uno dei principali protagonisti della mobilitazione che ha costretto alle dimissioni Evo Morales, noto per i suoi continui riferimenti al «potere di Dio» e che, entrato nel Palazzo del governo di La Paz, ha depositato una Bibbia pochi minuti prima dell’annuncio delle dimissioni di Morales. Camacho, per rassicurare la comunità internazionale, ha pubblicato sulla sua pagina Facebook un video che ha intitolato «#Cristo è tornato nel Palazzo» con il rosario in mano.

Anche l’associazione dei biblisti argentini è intervenuta sul tema: «Come biblisti, rifiutiamo fermamente che la Bibbia sia stata utilizzata, simbolicamente e materialmente, per un attacco contro le istituzioni democratiche» hanno detto.