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Gianna Sciclone, prima pastora valdese

Nel giorno di Pentecoste, ieri 5 giugno, è tornata alla casa del Padre Gianna Sciclonepastora della Chiesa Evangelica Valdese. Ordinata nel 1967, è stata, insieme a Carmen Trobia, la prima donna pastora della Chiesa Valdese.

Fortemente impegnata nell’ecumenismo, la pastora è stata membro dell’Esecutivo della Kek, Conferenza di chiese europee, e della commissione che stilò la Charta Oecumenica, il documento del 2001 redatto dalla stessa Kek e dal Consiglio delle conferenze dei vescovi d’Europa (Ccee), organismo cattolico, che contiene le linee guida per accrescere la cooperazione fra chiese cristiane in Europa.

Ha servito varie comunità, da Bari a San Salvo – Vasto, Firenze, San Giovanni Lipioni, Pescara, Carunchio. Ha fatto parte della Tavola valdese dal 1988 al 1995 (come vice moderatora dal 1990). Con questo ruolo ha siglato nel 1993 l’integrazione dell’Intesa fra Tavola valdese e Stato italiano (Primo ministro Giuliano Amato), in relazione all’accettazione delle quote Otto per Mille destinate alla Chiesa valdese.

Dal 1992 al 1999 fa parte della commissione Decennio di solidarietà delle chiese con le donne (dal 1994 commissione nominata della Fcei, la Federazione delle chiese evangeliche in Italia)

Marco Rostan su Riforma ricordava che «per la chiesa valdese, il punto di inizio del lungo percorso verso il pastorato femminile è il 1948, quando una apposita Commissione viene nominata dalla Tavola valdese (l’organo esecutivo del Sinodo). L’anno successivo la Commissione presenta due rapporti: uno sul pastorato, l’altro su un possibile “ministero ausiliare”.

«Riteniamo che non vi siano sufficienti ragioni – concludeva il primo rapporto – per continuare a escludere le donne di fede evangelica dal ministero pastorale nella sua pienezza». Il secondo testo indicava per le donne varie funzioni «esulanti dalla predicazione, dall’amministrazione dei sacramenti e dalla cura d’anime». Era prevista l’incompatibilità con il matrimonio non per una ragione di principio, ma per il timore che con la cura famigliare ci fosse meno tempo disponibile per la chiesa. Regola abolita nel 1959. Per la preparazione a questo ministero di “assistente di chiesa” fu istituito un corso apposito presso la Facoltà di teologia nel 1950, con tre studentesse che lo frequentarono, pur non sapendo ancora bene quale sarebbe stato il loro ruolo. Nel 1960 il Congresso della Federazione femminile chiese al Sinodo il riconoscimento del pastorato alle donne. Ma la decisione fu ancora rinviata e demandata alle chiese locali che fecero pervenire il loro parere: in genere favorevole, ma con molte perplessità di ordine pratico. Finalmente, il Sinodo del 1962 riconosce «alle sorelle che siano state chiamate la piena validità del ministero della Parola»; decisione comunque non facile, come dimostrano i numeri: favorevoli 57, contrari 42, astenuti 10. Nel 1967 vengono consacrate la prime donne pastore; con l’integrazione fra le chiese metodiste e valdesi, nel 1979, il ministero pastorale viene aperto anche alle donne metodiste.

Alla metà degli anni ’80, circa vent’anni dopo, le donne pastore nelle chiese metodiste e valdesi erano circa il 10%, oggi sono triplicate. Nell’Unione delle chiese battiste ci sono donne pastore fin dai primi anni ’80 e nella chiesa evangelica luterana in Italia le donne pastore sono in servizio dagli anni ’90. Nell’ottobre 2004 fu eletta la prima pastora presidente del Comitato esecutivo dell ‘Unione delle chiese battiste e nell’agosto 2005 la prima pastora moderatora della Tavola valdese». La strada era tracciata, e Gianna Sciclone ne è stata pioniera e instancabile promotrice.

Nell’agosto 2017, in occasione dei 50 anni da queste prime ordinazioni il sinodo valdese e metodista aveva voluto ricordare queste conquiste decisive: «Oggi nelle nostre chiese, tra pastore e diacone, rappresentiamo il 40% degli iscritti a ruolo», informava la pastora Letizia Tomassone, illustrando nel corso di una conferenza stampa l’iter non affatto scontato che le donne evangeliche hanno percorso negli ultimi decenni, fino ad arrivare al «riconoscimento pieno della ricchezza del pastorato femminile, con i rispettivi incarichi di governo nella chiesa. La chiesa si è arricchita di altre prospettive, integrando nelle comunità temi come la lotta alla violenza di genere, o quello della protezione dei minori», ha aggiunto Tomassone. 

Giovanni Arcidiacono, presidente dell’Ucebi, l’Unione cristiana evangelica battista d’Italia, traccia un ricordo commosso e grato della pastora Sciclone a partire da un episodio preciso: «Dopo il reciproco riconoscimento tra Battisti, Metodisti e Valdesi (Bmv), sancito con l’Assemblea Sinodo del ‘90, nelle due chiese baresi, ma anche nelle  altre chiese della Federazione delle chiese evangeliche di Puglia e Lucania (Fcepl), cresce con Gianna la consapevolezza di essere reciprocamente vincolate nella comune fede in Gesù Cristo e di vivere nell’amore e  nella solidarietà  la vita comune delle chiese e ogni relazione con il prossimo. Cresce anche la reciproca conoscenza tra le chiese, sempre più coinvolte in azioni di testimonianza e di evangelizzazione comuni, e il reciproco affidamento rafforzato dalla fraternità e dalla sororità.

In particolare, all’indomani dello sbarco nel porto di Bari di circa 20.000 albanesi, la pastora Gianna Sciclone (in forza di una donazione alla Tavola Valdese di un terreno agricolo con annesso fabbricato rurale fatta da un caro fratello, di nome Pietro), promosse con l’aiuto della chiesa battista e di altre chiese evangeliche della città, la costituzione del Centro Sociale Evangelico «La Casetta» di via Gentile in Bari per la prima accoglienza.  

Ricordo ancora oggi con commozione la preghiera di ringraziamento che Gianna elevò al Signore nella sala del notaio rogante prima della lettura dell’atto costitutivo del Centro. L’amen finale fu il vero sigillo di quell’atto, ricolmo di speranza e certo del sostegno dello Spirito di Dio.

Il Centro non era attrezzato per l’accoglienza degli albanesi, e le chiese erano molto preoccupate dell’organizzazione da organizzare per accogliere circa 150 albanesi nel centro di Via Gentile appena costituito, ma Gianna e Vincenzo, il suo caro consorte e pittore, misero subito a disposizione del Centro il loro camper. Questo segnale fu ben apprezzato dalle chiese coinvolte nella gestione e anche con il loro aiuto, nel Centro furono installate un centinaio di tende da campo che permisero la temporanea assistenza a chi aveva lasciato l’Albania, ormai dilaniata dalla mancanza di uno Stato, tutto da formare e costituire. 

Gianna non si fermava davanti alle difficoltà imposte dalle circostanze. Le affrontava, non da sola, ma con i fratelli e le sorelle che incontrava nel cammino ecumenico, cercando sempre una soluzione praticabile condivisa e tesa a dare concretezza alla comune testimonianza dell’Evangelo.

Ringrazio il Signore per averla conosciuta e avuto l’onore di condividere con lei un pezzetto del suo cammino di fede e per aver ricevuto da lei la gioia del servizio pur nella nudità disarmata di chi non ha altra garanzia che il sostegno dello Spirito di Dio».