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Antonio Lesignoli, il nuovo pastore in val Germanasca

La settimana scorsa abbiamo incontrato e intervistato Mauro Pons, pastore «uscente» e oggi ascoltiamo invece Antonio Lesignoli, nuovo pastore a Perrero-Maniglia, Massello e Villasecca.

-Quali sono le sue aspettative?

«Inizio con un cappello. Io sono stato in diverse comunità, sia come pastore metodista sia come ufficiale dell’Esercito della Salvezza, quindi non è per me la prima volta da ministro di culto. Lo sono da 13 anni. È però la prima volta in un luogo storicamente protestante, in cui c’è una consistenza numerica significativa. Tutte le chiese in cui sono stato avevano 30-40 membri. Adesso sono pastore di tre comunità che contano circa 350 persone. Certo, forse non tutte parteciperanno al culto, però comunque è un contesto diverso, con numeri e attività diverse. In alcune comunità non ho avuto la Scuola domenicale, il Catechismo, l’Unione femminile. Qui ci sono. Quindi da questo punto di vista per me è un confronto con una realtà, come dico sempre, costituita. Mentre a volte, in certe chiese di diaspora, sembra sempre che tu debba ripartire da zero, ponendo interrogativi come “cos’è la chiesa?”, “cos’è il pastore” e “cosa vuol dire essere protestanti?”, io qua una delle cose che mi aspetto è che almeno un minimo di consapevolezza ci sia. Poi che si vada da un minimum a un optimum è ovvio, però ecco, non penso di dover andare a Perrero a spiegare chi è il pastore e cosa fa.

Qualcuno mi ha ricordato che io andrò a predicare dove hanno predicato Giovanni Miegge e Giorgio Tourn: qui un bravo predicatore la gente lo sa come è fatto. Il peso della tradizione di chi ti ha preceduto è qualcosa su cui costruire, uno stimolo, uno spunto, a volte un paragone utile, ma talvolta può anche diventare un’ingessatura. Questo per me rappresenta positivamente un mettersi alla prova. Se faccio bene qui, posso anche essere soddisfatto».

-Cosa ha pensato quando l’hanno contattata da Perrero?

«Io di Perrero non so nulla. Non so nulla perché, prima che il Concistoro mi contattasse, non ci ero mai stato. Infatti quando ho ricevuto la proposta mi è sembrata alquanto bislacca. Io sono tutto tranne che il classico pastore valdese. Ho un percorso eterodosso: vengo dal cattolicesimo, poi mi sono convertito alla chiesa metodista di Parma, sono stato ministro di culto dell’Esercito della Salvezza, ho studiato a Londra.

Ho pensato che se hanno cercato me vuol dire che probabilmente non c’era la fila per andarci, anche se in realtà non era così, però certamente qualcuno ha detto “no” se sono arrivati a me. Nello stesso tempo, se vengono a cercare uno che non conoscono, vuol dire che hanno bisogno. E questa è una cosa che mi ha toccato, mi sono sentito responsabilizzato, perché penso che in una chiesa la prima cosa sia dare una mano.

Se invece mi chiedi quali sono i miei progetti, in questo momento non ti posso dire “il mio progetto è questo”, perché prima devo conoscere le comunità.

La mia aspettativa dal punto di vista personale è mettermi alla prova e quindi, con molta umiltà, sapendo chi c’è stato, rimboccarmi le maniche e cercare di fare quello che va fatto».