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Come sta la libertà di stampa?

La 21a edizione del World Press Freedom Index annuale di Reporters senza frontiere (Rsf), resa nota lo scorso 3 maggio (Giornata mondiale per la libertà d’informazione), ha valutato lo stato di salute della comunicazione in 180 Paesi. E anche quest’anno, denuncia che la situazione della libertà di stampa «è molto grave in 31 Paesi». E ancora, «difficile» in 42, «problematica» in 55 e «buona» o «soddisfacente» in altri 52. In altre parole, siamo di fonte a un giornalismo sotto attacco in sette paesi su dieci. Soddisfacente in tre paesi su dieci.

La Norvegia primeggia come esempio virtuoso da ben sette anni. Al secondo posto c’è l’Irlanda (un balzo di 4 posizioni) che vola al 2°posto davanti alla Danimarca. I Paesi Bassi (6° posto), sono saliti di 22 posizioni recuperando la posizione che avevano nel 2021, prima che il reporter di cronaca nera Peter R. de Vries venisse assassinato. Cambiamenti anche nella parte inferiore dell’Indice: gli ultimi tre posti sono riservati ai paesi asiatici: il Vietnam (178°) per il suo pesante controllo rivolto verso i giornalisti e i commentatori indipendenti; la Cina (al 179°), oggi «il più grande carcere per i giornalisti al mondo» e tra i maggiori esportatori di contenuti propagandistici. Senza grandi sorprese al 180° posto troviamo la Corea del Nord. E l’Italia? Il nostro Paese ha recuperato 17 posizioni: ci attestiamo in una posizione di riguardo, in 41a posizione, marcando un sorpasso non scontato, quello sugli Stati Uniti, che scivolano di tre posizioni.

Cristophe Deloire, segretario generale di Rsf, ha rilevato lo scorso 3 maggio: «La disinformazione, la propaganda e l’intelligenza artificiale sono concrete minacce per il giornalismo mondiale». Il progresso tecnologico permette a molti governi e a attori politici di distorcere la realtà. «La differenza tra il vero e il falso, il reale e l’artificiale sta offuscando e mettendo a repentaglio il diritto all’informazione», si legge nel Rapporto. La capacità (senza precedenti) di manomettere i contenuti che circolano nel web, le immagini, i file audio, l’autorappresentazione diretta senza filtri giornalistici, messa in atto anche dagli stessi politici attraverso i social, indeboliscono il giornalismo.

L’aumento dell’aggressività da parte di molti governi dispotici – e di altri considerati democratici – si unisce alle «campagne di disinformazione e di propaganda» che minano una situazione da sempre in precario equilibrio. «L’intelligenza artificiale – si legge – sta provocando grande scompiglio nel mondo dei media», aggiungendo strumenti comunicativi, spesso di sintesi, che «violano i principi di rigore e affidabilità». La comunità internazionale deve prenderne coscienza. Deve agire in modo deciso e rapido, per invertire una tendenza che potrebbe diventare pericolosa. «Il giornalismo non è un crimine. Minacce, intimidazioni, precariato, querele bavaglio stanno soffocando il diritto dei cittadini a essere informati», afferma Vittorio Di Trapani, napoletano, 47 anni, nuovo presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi).

L’Italia sale in classifica ma l’informazione in Italia soffre. Nel solo 2022 i giornalisti minacciati sono stati il doppio dell’anno precedente ed è cresciuto il numero di querele e di cause per diffamazione a mezzo stampa, sia temerarie (sporte senza che vi fossero i necessari presupposti e in assenza di reato e in modo preventivo) sia strumentali. Nei primi nove mesi del 2022 sono stati minacciati 564 giornalisti, il 100% più dei 288 dello stesso periodo del 2021. È aumentata la quota di intimidazioni e di minacce attuata attraverso le querele e le cause per diffamazione a mezzo stampa: pretestuose o infondate e «frutto di una legislazione, che mostra un uso scorretto del sistema giudiziario», ha denunciato l’Unesco in un recente studio.

La libertà di stampa, d’espressione, d’opinione investe la società intera: oggi sono circa trenta i giornalisti costretti a vivere sotto scorta. Insieme a loro, anche magistrati, imprenditori, persone che lottano contro le mafie, a favore della legalità. Liliana Segre – sopravvissuta ad Auschwitz-Birkenau –, da tempo è vittima di minacce e insulti e vive la sua esistenza tutelata da una scorta. Riforma attua il principio della “scorta mediatica”, riprendendo, illuminando e diffondendo le notizie essere considerate scomode.