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Attendere la grazia di Dio

L’anima mia anela al Signore più che le guardie non anelino al mattino, più che le guardie al mattino
Salmo 130, 6

Conservatevi nell’amore di Dio, aspettando la misericordia del nostro Signore Gesù Cristo, a vita eterna
Giuda 21


Col Miserere (Salmo 51) il De profundis è uno dei Salmi penitenziali più celebri e amati. Messa in musica da Michel-Richard Delalande, da Liszt, da Mendelssohn, da A. Schönberg e da molti altri, questa poesia è stata sempre considerata una lampada accesa nel percorso della conversione, della riflessione teologica e persino della morte. Lutero lo considerava uno dei più grandi salmi assieme ai 32, 51 e 143; che considerava dei salmi paolini a causa del tema che trattano.

Il Salmo 130 nasce dall’esperienza personale del peccato di cui il salmista è consapevole. Nei primi due versetti ricorre tre volte la parola “grido”. L’eco del grido d’aiuto dell’autore, dai luoghi più profondi dove si trova e implora Dio di ascoltarlo con attenzione e misericordia (cfr. v.7), risuona forte nelle orecchie di chi vuole ascoltare, oltre a leggere, la sua penitenza.

Anche se sommerso dal peccato, egli non ha perso la speranza nella parola di grazia, dunque, resta in attesa di essere perdonato dal Dio misericordioso. Il salmista lo “prende sul serio” come Dio, quindi, aspetta con timore il Signore, spera nella sua parola e anela alla sua presenza redentiva nella sua vita più di quanto le guardie aspettano il mattino, espressione ripetuta ben due volte per rendere la sua lunga attesa. Se l’attesa del mattino è lunga, ancora di più è il desiderio del salmista di ricevere la grazia di Dio.

Quanto l’esperienza del salmista può rispecchiare oggi l’esperienza del peccato degli uomini e delle donne contemporanei? Che significato ha oggi la parola “peccato”? Sembra che essa si sia svuotata di contenuto e sia diventata obsoleta. Esistono oggi delle vere confessioni di peccato? Anela ancora l’umanità al Signore in questo periodo storico?