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Dal Rio de la Plata all’Italia

Da metà febbraio all’inizio di aprile, la pastora Carola Tron e il pastore Dario Barolin della Chiesa valdese del Rio de la Plata hanno visitato le comunità sorelle italiane, battiste, metodiste e valdesi, dalle valli valdesi, a Milano (per un mese), nel Ponente ligure (a fine marzo) e infine a Roma.

Barolin, specialista di Antico Testamento, segretario esecutivo del Comitato dell’Alleanza delle chiese presbiteriane e riformate dell’America Latina (Aipral) e membro della Mesa valdense (l’organo esecutivo delle chiese valdesi sudamericane, equivalente della Tavola valdese italiana), e la moglie Carola Tron, già moderadora della Mesa valdense dal 2015 al 2022, vivono a Colonia del Sacramento e sono responsabili pastoralmente della regione del Presbiterio di Colonia Sur, composto dalle chiese di Colonia Cosmopolita, Tarariras, Colonia Valdense, Rosario e Colonia del Sacramento. Hanno due figli, Tomás di 23 anni e Juan di 21 anni.

Il loro soggiorno in Italia si inserisce in un progetto di scambio pastorale coordinato dalla Tavola valdese, dalla Mesa valdense e dall’American Waldensian Society, il cui obiettivo è offrire ai pastori in servizio un breve periodo sabbatico facendo loro conoscere altre esperienze e comunità e favorendo gli scambi tra le due sponde dell’Oceano. Un ricco programma di incontri con le realtà ecclesiastiche e diaconali, dai piccoli centri del Piemonte alle grandi città, fino alle realtà di frontiera, ha coinvolto la coppia pastorale che ha partecipato, tra le altre, alle festività del 17 febbraio, all’attività di Breakfast Time per i senzatetto a Milano, a incontri con diversi operatori della Diaconia valdese, a culti intercomunitari, a lezioni alla Facoltà valdese di Teologia di Roma.

In quest’ultima occasione, ma anche negli altri incontri con le chiese italiane, molti temi sono stati toccati, in particolare due aspetti cruciali su cui le chiese del Rio de la Plata stanno lavorando, in qualche modo collegati: la “pastorale urbana” e il ruolo dei ministeri “laici”. La Iglesia valdense, ramo sudamericano della Chiesa valdese, comprende 25 chiese, alcune con 3-4 luoghi di culto diversi, distribuite su una vasta area tra Uruguay e Argentina, servite da nove pastori in attività (una decina d’anni fa erano 23) coadiuvati da alcuni emeriti.

Non ci sono attualmente pastori in prova. Dopo la chiusura dell’Istituto superiore evangelico di studio teologici di Buenos Aires (Isedet), nel 2017 è nata la Rete ecumenica di educazione teologica (Reet), una modalità di formazione più “snella”. Si è da poco concluso, ha raccontato Carola Tron nell’incontro tenuto alla Facoltà valdese di Teologia il 30 marzo, «un percorso online di circa 4 anni, seguito da un centinaio di persone (63 hanno completato il corso), su temi biblici, teologici, ecclesiologici, per rispondere alla necessità di coprire il lavoro pastorale… senza pastori!».

Un risultato incoraggiante, considerando che i membri di chiesa attivi sono 2000-3000, su circa 10.000 battezzati. In maggioranza si tratta di discendenti da italiani, in cui è molto forte l’identità “valdese” spesso in senso etnico-culturale più che religioso.

Il calo dei pastori e dei membri di chiesa e l’età media avanzata sono criticità analoghe a quelle delle chiese italiane, a cui si aggiunge una specificità del contesto sudamericano, ha osservato Barolin nel medesimo incontro, l’influenza dei “movimenti” fondamentalisti cristiani che attraversano le chiese e la società, sostenuti (anche economicamente) da lobby politiche conservatrici. Questo richiede una conoscenza più solida della propria teologia ed ecclesiologia per rispondere alle sollecitazioni su vari temi, in particolare legati ai diritti e alla sessualità: «Il dialogo con queste realtà è difficile, non è come avere a che fare con posizioni conservatrici all’interno della chiesa».

La Iglesia sta cercando di rispondere a questa realtà complessa lavorando a nuovi modelli di chiesa, in particolare con una “pastorale urbana” che tenga conto del mutamento del contesto: dice ancora Barolin, «le chiese delle città sono formate da persone che si sono trasferite dalla campagna, ma la loro identità è ancora molto legata alle loro origini nell’emigrazione italiana della seconda metà dell’Ottocento. Il tema della “presenza nella città” è molto forte da noi, stiamo lavorando anche in collaborazione con pastori di altre chiese ed è una buona sfida: dobbiamo capire che essere chiesa in città non è lo stesso che in campagna, quindi dobbiamo cambiare i nostri modelli. Ci aspetta un processo culturale che investe tutte le forme di aggregazione, non solo la chiesa. Anche la nostra liturgia deve cambiare, ha funzionato per due secoli ma oggi non funziona più. Ho visto chiese che fanno le loro attività dal lunedì al venerdì, perché si trovano presso i luoghi di lavoro».

Occorrerà, ha ribadito la pastora Tron, una nuova organizzazione del lavoro, a livello regionale e non locale, dovendo far fronte ai costi in aumento e alle risorse in diminuzione, concludendo però con una nota di speranza: «I giovani penseranno sicuramente una forma di chiesa diversa da quella che conosciamo oggi: ma ci sarà un futuro, perché la necessità di una espressione della fede ci sarà sempre».


Foto: dall’alto a sinistra, visita al Centro ecumenico Agape di Prali e a Radio Beckwith evangelica, Luserna San Giovanni (To); incontro con gli operatori della Diaconia valdese sulla frontiera di Ventimiglia e nella chiesa valdese di Bordighera (Im).