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La Bibbia, i valdesi e Olivetano

La cosiddetta “Bibbia di Olivetano”, pubblicata come volume di pregio a Neuchätel nel 1535, è la prima traduzione completa della Bibbia in francese, nata in ambiente riformato. Voluta da Guglielmo Farel e sovvenzionata dai valdesi, che avevano appena aderito alla Riforma, l’impresa fu commissionata all’umanista e pedagogo Pierre Robert Olivétan, figura di spicco negli ambienti evangelici. Rispondeva all’esigenza di tradurre e pubblicare i libri biblici per consentirne l’accesso e la lettura ai credenti. Ma l’apparato critico di note e indici, fra cui un importante saggio di Giovanni Calvino, affiancato alla traduzione ne fa anche un documento fondamentale della prima teologia protestante francofona. Significativo che venga edita appena un anno dopo che Lutero ebbe ultimato – nel 1534 – la sua traduzione della Bibbia in tedesco. Il pastore Giorgio Tourn è autore del volume “La Bibbia di Olivetano”. Qui di seguito un articolo del pastore Tourn pubblicato sul numero di Riforma di questa settimana, buona lettura.

La traduzione della Bibbia in lingua volgare, e la sua stampa, che caratterizza la Riforma, non hanno significato solo la nascita delle chiese evangeliche e delle lingue europee, ma una diversa lettura della Bibbia stessa. Usata sin qui esclusivamente in ambito ecclesiastico, documento della tradizione, diventata libro, entra nella cultura moderna come proposta creativa. In questa revisione culturale i valdesi furono protagonisti nel 1535 finanziandone il testo di Olivetano, i cui caratteri meritano particolare attenzione.
Mentre allora le Bibbie erano stampate in centri universitari, questa vede la luce in una borgata del Giura, periferia dell’Europa moderna, sita però nell’antica Lotaringia, il territorio che si estende dalle Fiandre a Ginevra, lungo il Reno, ne eredita la tradizione di modernità, non solo ma è nel cuore dell’Europa di domani. Qui, infatti, si contrappongono alle città del potere, Parigi, Londra, quelle della cultura: Strasburgo, Basilea. In quest’area cittadina, dove la classe dirigente, consapevole delle proprie scelte, guarda al futuro, nasce la nostra Bibbia. A differenza però di quanto accade in altre situazioni: Londra, Zurigo, Wittenberg, dove a farsi carico dell’impresa furono le classi dirigenti, nel nostro caso la sua conduzione è anomala sotto tutti gli aspetti.

Anomalo il luogo di edizione, altrettanto anomali gli uomini che la realizzano: giovani fuoriusciti dal regno di Francia, e una manciata di valdesi eretici proscritti da secoli dalla società europea, espressione entrambi non del potere ma del dissenso religioso. Intendono partecipare alla rivoluzione religiosa in corso nel loro paese e farlo con la stampa del libro fondamentale della fede. Il tipografo, dopo aver rischiato più volte il processo a Lione, e non essendo riuscito a sistemarsi a Ginevra, sconvolta dal conflitto religioso, si è sistemato nel Giura al sicuro; gli intellettuali che lo accompagnano sono come lui dissidenti in cerca di fortuna; a capo di questa équipe eterogenea sta un giovane intellettuale, Pierre Robert, conosciuto come Olivetano per il suo colorito. Si è laureato nelle migliori università francesi, schierato con la nuova teologia, ha convinto il cugino Calvino, allora profugo anch’egli a Basilea. Questo manipolo di intellettuali senza arte né parte si prefigge di pubblicare una Bibbia in francese, nella lingua del proprio paese per condurlo all’evangelo.
Condotta da profughi senza fondi, appoggi politici, prospettive, l’impresa, assurda e destinata al fallimento, è portata a termine grazie all’intervento di persone come loro, fuori di ogni contesto civile: i poveri di Lione, i valdesi. Clandestini da secoli localizzati all’epoca nelle aree marginali dell’Europa latina, raccolgono la somma necessaria per realizzare l’impresa; gli storici si limitano a registrare il fatto, ma permane incomprensibile come abbiano fatto a procurarsi la somma necessaria.

Olivetano trascorre mesi in un casolare delle valli valdesi in Piemonte, traducendo dall’Antico Testamento le parti a lui più congeniali e correggendo gli altri libri con gli strumenti che si è procurato: pochi ma di eccezionale qualità. I teologi riformati, che compivano la stessa impresa a Zurigo, avendo a disposizione biblioteca, casa, stipendio, sono distanti anni luce da questo squinternato che al lume di una candela, in una baita montana è impegnato a tradurre la parola dei profeti biblici e a renderla viva per i suoi lettori. L’impresa, fuori di ogni logica e previsione, riuscì e i valdesi nella loro assemblea a Chanforan presero visione della loro Bibbia.

Non meno affascinante del contesto e dei personaggi di questa Bibbia, è la sua struttura. La traduzione del testo biblico ha un apparato molto articolato di strumenti critici per la sua comprensione. Anzitutto testi che inquadrano il messaggio generale della Scrittura, indici dei temi teologici, fondamentali, e la traduzione è accompagnata da note con indicazione di altri testi biblici con lo stesso pensiero o menzione dello stesso personaggio, e nel trattare il tema, Olivetano cita spesso, trascrivendone la grafia termini teologici in lingua originale. Questo apparato critico è più abbondante nei libri dell’Antico Testamento, sintetico nel Nuovo.
A chi è destinata questa enciclopedia biblico teologica? Al predicatore nelle nuove comunità più che al singolo credente evangelico, non a caso è troppo voluminoso e resterà invenduto a lungo, favorendo così la sua sopravvivenza fino a oggi.

Foto di Samuele Revel