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Pubblicato il quinto rapporto sui respingimenti alle frontiere europee

L’uso sistematico dei respingimenti delle persone straniere che arrivano alle frontiere europee rende più difficile l’accesso alla protezione internazionale. Quasi sei mila le persone respinte alle frontiere europee nel 2022 a cui non solo è stato negato il diritto a chiedere asilo, ma che sono state anche vittime di violenze, furti e detenzioni arbitrarie.
Questo è quanto emerge dal Rapporto pubblicato dal network Protecting Rights at Borders (PRAB).

Nel 2022 tra il 1° gennaio e il 31 dicembre, gli episodi di respingimento hanno coinvolto 5.756 persone. Queste pratiche sono evidentemente sistematiche e integrate nei meccanismi di controllo delle frontiere dei Paesi, nonostante siano in stretta violazione del diritto dell’UE.

«Picchiati, puniti e respinti» è il nuovo rapporto PRAB.

A molte delle vittime respinte non è stato semplicemente impedito di attraversare il confine, ma sono state “accolte” nell’UE con la negazione dell’accesso alle procedure di asilo, l’arresto o la detenzione arbitraria, l’abuso fisico o il maltrattamento, il furto o la distruzione di beni.
Chi viene da Afghanistan, Siria e Pakistan ha riferito di essere stato più spesso vittima di respingimenti e nel 12% degli incidenti registrati sono stati coinvolti bambini. E questi dati sono purtroppo solo la punta dell’iceberg.

In Italia l’uso sistematico dei respingimenti è in aumento.

«Assistiamo a continue riammissioni lungo i porti adriatici dall’Italia alla Grecia e a respingimenti verso l’Albania. Si tratta di trattamenti inumani, come la confisca e la distruzione degli effetti personali, la svestizione forzata e l’esposizione a temperature estreme. Il governo italiano cerca di negare che ciò avvenga. Ma la situazione sembra peggiorare», afferma Erminia Rizzi dell’ASGI.

La pratica di chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’UE deve essere interrotta. Lo afferma il Segretario generale della Danish Refugee Council, Charlotte Slente: «È giunto il momento di sostenere, rispettare e far rispettare i diritti di coloro che si trovano alle porte dell’Europa, indipendentemente dal loro Paese di appartenenza. Tutti hanno il diritto di chiedere protezione internazionale nell’UE. Per anni, la DRC, insieme ai suoi partner del PRAB e a molti altri attori, ha raccolto prove sulle pratiche di respingimento. Le prove sono innegabili.Questo schema non deve essere visto in modo isolato. Fa parte di una più ampia crisi dello Stato di diritto. La crisi alle frontiere dell’UE non è una crisi di numeri. È invece una crisi di dignità umana e di volontà politica, dovuta alla mancata attuazione dei quadri giuridici esistenti e all’applicazione delle sentenze giudiziarie».

«In Grecia, i respingimenti alle frontiere terrestri e marittime rimangono una politica generale de facto, come ampiamente riportato anche dagli organismi delle Nazioni Unite. Tuttavia, invece di indagare efficacemente su tali accuse, le autorità greche hanno messo in atto un nuovo meccanismo che non assicura le garanzie di imparzialità ed efficacia. Allo stesso tempo, le organizzazioni umanitarie e chi difende i diritti umani che sostengono le vittime dei presunti respingimenti continuano a subire pressioni e a essere presi sempre più di mira», afferma Konstantinos Vlachopoulos del Greek Council for Refugees.

Accolti ad un confine, respinti ad un altro. La situazione non è uguale a tutti i confini dell’UE. Diverso se fuggi dall’Ucraina o dall’Afghanistan: esistono due pesi e due misure basate sul profilo etnico ma questo viola il diritto internazionale dei diritti umani. Il 2022 è stato l’anno in cui l’UE ha fornito protezione – almeno sulla carta – a 4,9 milioni di persone entrate nell’UE dall’Ucraina. L’attivazione della direttiva sulla protezione temporanea è stata una decisione storica.

«Nel febbraio 2022, la Polonia ha aperto le sue frontiere per accogliere un gran numero di persone ucraine in fuga dalla guerra. La protezione temporanea è stata concessa a chi era in cerca di protezione dalla guerra. Questo approccio accogliente delle autorità polacche non ha influito sulla situazione al confine tra Polonia e Bielorussia, dove dall’agosto 2021 continua una crisi umanitaria. Lì, le persone provenienti da Paesi terzi vengono quotidianamente respinti con violenza, indipendentemente dalla loro vulnerabilità o dalle loro richieste di asilo“, afferma Maja Lysienia, esperta di contenzioso strategico del SIP.

Le associazioni del network Protecting Rights at Borders (PRAB) ricordano che il ricorso ai respingimenti come mezzo per proteggere i confini degli Stati è illegale.

Gli Stati hanno l’obbligo di garantire che le persone possano effettivamente chiedere asilo e di rispettare il principio di non respingimento, in base alla Dichiarazione universale dei diritti umani e alla Convenzione europea dei diritti umani(CEDU).

Inoltre, in base alle norme giuridiche in vigore, gli Stati non possono effettuare espulsioni collettive e devono trattare ogni persona nel rispetto della dignità umana.

L’iniziativa PRAB riunisce organizzazioni partner che operano in diversi Paesi: Italia (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), Diaconia Valdese (DV) e Danish Refugee Council (DRC) Italia); Bosnia ed Herzegovina (DRC BiH); Serbia (Humanitarian Center for Integration and Tolerance (HCIT)); Macedonia del Nord (Macedonian Young Lawyers Association (MYLA)); Grecia (Greek Council for Refugees (GCR) e DRC Greece); e Brussels (DRC Brussels). Diversity Development Group (DDG) in Lithuania ha contribuito al rapporto con una panoramica della situazione al confine tra Lituania e Bielorussia.