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Chi salva una vita…

GUERRA

1943, piena Seconda Guerra mondiale. Le campagne di guerra di Mussolini hanno svuotato le valli e l’Italia tutta dei suoi giovani. Prima la Francia, poi i Balcani e infine la Russia. L’armistizio ha creato una situazione di forte instabilità e disorientamento. Le difficoltà per chi è rimasto sono tante: paradossalmente anche chi è al fronte, in situazioni ben più pericolose, è preoccupato per la fienagione o la raccolta delle castagne. Manca tutto, soprattutto cibo. Una cosa però non viene meno: il senso di solidarietà e fratellanza.

Quello che spinge le famiglie Avondet-Comba a ospitare ben nove ebrei agli Odin, sulla collina di Luserna San Giovanni. Michel e Leontine Borno con la figlia Silvia sono due persone come tante che hanno messo a repentaglio la propria vita e i propri, pochi, averi per salvare degli sconosciuti, esattamente come Alfredo Comba e Maria Avondet (sorella di Silvia). Perché sconosciuti erano Diana, Claudio, con le due figlie Ada e Laura, Irma e Ida (Vitale) sfollati da Alessandria, e Edoardo, Erminia e Amleto (Norzi) scappati da Genova. Sconosciuti che, nel bel mezzo della inconcepibile persecuzione perpetrata ai danni del popolo ebraico da parte del nazi-fascismo, arrivano sulla collina di San Giovanni, dove la famiglia Avondet si barcamena: lui di mestiere toglie i ceppi degli alberi che altri hanno tagliato; lei “alleva” bambini (saranno 32 a “fine carriera”).
I Vitale sono commercianti di stoffa, che arrivano con un vero e proprio tesoro, che verrà nascosto nella cisterna dell’acqua della borgata grazie all’opera di camuffamento da parte di Michel e Alfredo. La presenza delle famiglie ebree non passa certo inosservata; Alfredo viene ferito dai nazi-fascisti mentre cerca cibo verso Cavour; poi addirittura viene arrestato e per tre giorni rinchiuso nella caserma Pettinati di Luserna San Giovanni (ne uscirà grazie anche all’opera della guardia municipale Boulard): ma nessuno parla, neppure una nota camicia nera della zona, che sicuramente sapeva.

PACE e RICONOSCENZA

25 aprile 1945. Data che ad alcuni piace sempre meno. Ma quel 25 aprile è veramente una Liberazione per le famiglie Vitale e Norzi. Dopo anni passati a nascondersi, finalmente possono ritornare alle loro vite. Israele è la terra promessa dove si trasferiscono; ma non dimenticano ciò che hanno vissuto nei 20 mesi passati agli Odin, in casa di sconosciuti che sono diventati poi, a tutti gli effetti, parenti. È Ada che inizia l’iter burocratico per far sì che si riconosca il sacrificio della famiglia Avondet-Comba. Passano gli anni, tanti, e finalmente nel 1981 arriva da Israele la tanto attesa lettera che ammette Michel, Leontine e Silvia e Alfredo con Maria fra i «Giusti tra le Nazioni», database ufficiale dell’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme che raccoglie chi, non ebreo, ha salvato almeno una vita ebrea. Dopo tre anni anche lo Stato italiano se ne ricorda e con una solenne commemorazione riconosce loro la medaglia di bronzo al Merito Civile.

IL CERCHIO SI CHIUDE

1983: Silvia con suo marito e suo nipote e sua moglie si recano in Israele, invitati da chi avevano salvato durante la guerra. C’è ovviamente un salto generazionale ma il legame di riconoscenza è ancora forte. La comunità ebraica si fa carico del viaggio e l’ospitalità è all’interno di un Kibbutz di 600 persone. Due settimane di vita all’interno della grande comune, con tanto di (falso) allarme aereo in piena notte e conseguente fuga nel bunker, fino ad arrivare alla solenne celebrazione nel Giardino dei Giusti all’interno del comprensorio dello Yad Vashem. Alla presenza dell’ambasciatore d’Italia e della famiglia Vitale vengono messi a dimora due cedri del Libano da parte delle famiglie Avondet-Comba.

Questa storia è stata raccolta grazie alla preziosa e insostituibile testimonianza di Claudio Malan (con la moglie Carla) e Michele Malan (con la moglie Ivana), figli di Silvia e di Nino Comba (con la moglie Ester), figlio di Alfredo che, hanno rimesso insieme i fili di questa storia importante che non deve essere dimenticata, così come le altre numerose testimonianze di fratellanza verso il popolo ebraico sparse nel Pinerolese.