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Delia Ramírez Hernández, prima metodista latina e prima guatemalteca-americana eletta al Congresso

Delia Ramirez Hernandez è diventata, nelle ultime elezioni di midterm, la prima metodista unita di origine latina a entrare nel Congresso degli Stati Uniti. L’8 novembre 2022, Delia ha vinto le elezioni nel distretto congressuale n. 3 dell’Illinois con oltre il 67% dei voti.

I media hanno dato risalto alla notizia sottolineando che è la prima latina a raggiungere il Congresso dallo Stato dell’Illinois ed è la prima guatemalteco-americana a raggiungere questo livello di carica nella storia politica degli Stati Uniti. È anche una delle più giovani rappresentanti in parlamento. Ma la cosa più significativa è che Delia Ramirez Hernandez è una persona che gode dell’amore e dell’apprezzamento dei suoi fratelli e sorelle nella Chiesa metodista unita a livello nazionale per la sua leadership e la sua testimonianza di fede e di servizio.

Nata nella città di Chicago, Delia è figlia di María Elvira Ramírez Guerra e Luis Antonio Ramírez, entrambi di origine guatemalteca, che hanno dedicato la loro vita a servire la loro comunità e la loro chiesa, come dice Delia stessa. 

«Mio padre è arrivato alla fine degli anni ’70 e mia madre è venuta due volte, nell’81 e nell’82, quando si è infine stabilita. Sono nata nel Cook County Hospital (ora chiamato John H. Stroger Hospital), dove nascevano tutti i bambini non assicurati. Sono la maggiore di 4 fratelli: Luis Cristina e Iris. Fin da quando avevo tre mesi conoscevo la Chiesa Metodista Unita di Humboldt Park – un’area dove tradizionalmente vive una grande comunità portoricana – e sono cresciuta lì con la mia famiglia. In questa chiesa i miei genitori hanno mostrato a me e ai miei fratelli che essere cristiani è molto di più delle parole e certamente molto di più della partecipazione alla domenica. Essere cristiani è un modo di vivere, un modo di trattare le persone e il modo in cui mostriamo la luce di Dio attraverso le nostre azioni».

Delia riconosce la sua chiesa come il luogo in cui ha trovato la sua vocazione e ha potuto sviluppare le capacità e i talenti che ha ricevuto da Dio per servire gli altri. Oggi, come leader della politica americana a livello di Congresso, riconosce che il seme che gli insegnamenti della Chiesa hanno piantato in lei ha portato frutti a beneficio di molti poveri e famiglie bisognose nella città di Chicago.

«Nella Chiesa sono stata formata nella fede, lì ho trovato la chiamata a servire la mia comunità, lì mi sono sviluppata come leader e ho imparato a condurre la mia vita da cristiana. Quella chiesa – Humboldt Park – è stata per me un faro, una fortezza. Negli anni ’80 questa chiesa ha fondato una casa di accoglienza per i senzatetto. Più di una volta ho sentito dire che possiamo essere in due o tre, ma Dio chiama sempre quei due o tre a compiere l’opera di Dio. Forse per la loro umiltà, forse per la povertà, ma Dio ha chiamato quella piccola congregazione a servire migliaia di persone».

A soli 11 anni, Delia ha avuto l’opportunità di predicare per la prima volta, sotto la guida del pastore Francisco Arroyo: «Da quel momento ho iniziato a capire che la chiamata che ho ricevuto da Dio è quella di servirlo, portando una voce profetica agli altri. Quel primo sermone si basava sul capitolo 13 della Prima Lettera ai Corinzi, il cui tema centrale è l’amore. Ricordo che predicavo sull’importanza di amare Dio, amare il prossimo, amare noi stessi e come questo amore fluisce attraverso le nostre azioni, nel nostro rapporto con Dio e nel modo in cui conduciamo la nostra vita».

Ricorda di aver dovuto usare una cassa per raggiungere il microfono e di essere riuscita a sentire la sua voce con una forza mai provata prima.

«Quando la mia chiesa ha avviato il rifugio e l’aiuto alimentare verso i più bisognosi della comunità, mio padre faceva due lavori per mantenerci e trovava comunque il tempo di aiutare a mantenere l’edificio della chiesa accessibile in modo che le persone potessero ricevere aiuto. Mentre mia madre era dietro la finestra a preparare il cibo per i senzatetto, ricordo che mi è sempre piaciuto sedermi, parlare e mangiare con loro. Mi sedevo e li ascoltavo, li conoscevo e scoprivo il Dio che predicavamo in chiesa attraverso le loro esperienze, le loro testimonianze e i loro bisogni. Erano conversazioni insolite per una bambina di otto anni. Ricordo di aver ascoltato un uomo che poteva essere mio nonno, che mi raccontava la sua storia e diceva che gli ricordavo la nipote che non vedeva da tempo. È stato grazie a queste esperienze che ho sentito il bisogno di fare di più per tante persone che sono indifese, abbandonate. Sono diventata sempre più consapevole e preoccupata del perché, in questo Paese di abbondanza, ci siano così tante persone in difficoltà. Da bambina, Dio mi ha portato ad ascoltare coloro che il mondo non ascoltava più. Questo e l’aver visto la mia chiesa nei tribunali, a lottare contro consiglieri e politici per tenere aperto il rifugio, perché volevano allontanarci da quella comunità, perché non volevano persone povere in un quartiere che stava cambiando e che stava accogliendo famiglie della classe media superiore e condomini di lusso. Questo ha fatto sì che il mio senso di giustizia sociale crescesse costantemente fin dall’infanzia».

Poiché i suoi genitori lavoravano come assistenti sociali per la casa di accoglienza, intervistando le famiglie per determinare le loro esigenze, gran parte dell’infanzia di Delia è trascorsa visitando e incontrando casa per casa i membri della comunità di Humboldt Park: «Vedevo mio padre, ad esempio, cercare persone che non avevano risorse, per accompagnarle alle visite mediche; o mia madre preparare e portare scatole di cibo per le famiglie bisognose; pensavo che dovevamo fare di più di quello che stavamo facendo». 

«Quando avevo 15 anni e frequentavo il liceo, ricordo una consigliera che aveva ricevuto molti soldi per la campagna elettorale dalle società edilizie che operavano in città per facilitare l’acquisto di proprietà a basso prezzo, soprattutto le case di famiglie povere, per lo più latine, per costruire nuovi condomini di lusso in modo da moltiplicare i loro profitti. La nostra chiesa era d’intralcio e loro volevano quella proprietà per un parcheggio. La consigliera non ha esitato a prendere provvedimenti contro la chiesa e il rifugio da essa gestito. Mandava continuamente ispettori a tormentare la chiesa con multe e ingiunzioni per costringerci a chiudere.  Un giorno ho deciso di non andare a scuola e ho chiesto a mia madre di portarmi in tribunale con lei, per stare con la gente della mia chiesa e avere l’opportunità di dire in faccia a quella consigliera che quello che stava facendo era immorale, che stava svendendo la comunità che l’aveva eletta. Sono arrivata lì e ho avuto l’opportunità di fare un colloquio e ho sentito che si era avverato quello che il mio pastore diceva sempre, cioè che i bambini non sono solo il futuro ma anche il presente dell’umanità».

Dopo quell’esperienza in tribunale, ha deciso di dedicare la sua vita a ciò che la Chiesa fa quando adempie all’incarico ricevuto da Dio. All’età di 17 anni è stata assunta dalla chiesa per lavorare come organizzatrice per un centro comunitario che stava nascendo: «Ero incaricata di organizzare la posta per le persone che non avevano un indirizzo, in modo che potessero ricevere la loro posta. Quando andavano a prendere la posta, avevo l’opportunità di parlare con loro (erano per lo più uomini) e di conoscere parte delle loro storie, dei loro desideri e dei loro bisogni».

Delia era convinta di dover fare di più e che la chiesa avrebbe potuto fare di più per loro, aiutandoli a trovare un lavoro e a riconnettersi con le loro famiglie. A 18 anni era già un’assistente sociale che si occupava di casi. A 19 anni è diventata direttrice del programma di quel centro e a 21 era già direttrice esecutiva.

«Queste esperienze della missione della Chiesa in mezzo alle realtà sociali, promosse da persone che mi hanno dato l’opportunità di svilupparmi come leader, è ciò che mi ha portato a questo punto. La chiesa si è fidata di me, mi ha sostenuto e mi ha dato l’opportunità di svilupparmi come leader, quando sembrava che mi trovassi in una lotta tra Davide e Golia».

Delia Ramirez non è stata solo un membro di una chiesa locale, una partecipante alle attività o una predicatrice occasionale, ma è stata ampiamente riconosciuta dalla comunità ispanico-latino metodista unita e da altri settori della chiesa per il suo eccezionale lavoro come leader nazionale.

«Da qualche tempo la mia chiesa ha deciso di essere una congregazione che sviluppa il suo ministero al di là delle mura di un edificio ecclesiastico e delle convenzioni delle funzioni domenicali. La chiesa si è concentrata sullo sviluppo di un ministero profetico, profondamente radicato nella comunità e con un’ampia gamma di relazioni con varie organizzazioni religiose e sociali. Sono stata coinvolta in vari comitati parrocchiali della chiesa: nell’evangelizzazione, nelle relazioni pastorali, presidente del comitato di culto per 15 anni, direttora del centro comunitario, insomma, in vari ambiti di servizio, il che mi ha portato a capire l’importanza delle relazioni e dell’interconnessione nel ministero. Credo che il corpo di Cristo si muova e abbia un impatto reale sulla vita delle persone quando occhi, mani, bocche e piedi lavorano insieme».

Queste esperienze locali le hanno permesso di conoscere persone, organizzazioni e chiese e l’hanno preparata ad andare oltre il livello locale.

«È stato quando ho partecipato per la prima volta a una riunione di MARCHA che ho imparato come la comunità latina si organizza all’interno della Chiesa metodista unita a livello nazionale.  Lì ho potuto vedere le elezioni e come le persone diventano leader e presidenti dell’organizzazione. Lì ho potuto vedere come i giovani si organizzavano e chiedevano di avere voce in capitolo all’interno della chiesa, non solo per assumersi responsabilità minori, ma anche per essere leader integrali della chiesa. Potevo vedere come Dio si muoveva dentro e fuori la chiesa. 

MARCHA è il caucus ispano-latino della Chiesa metodista unita. È un’organizzazione all’interno della Chiesa che difende i diritti della comunità ispano-latina all’interno della Chiesa e storicamente è stata un luogo di incontro per il principio dottrinale metodista della “santità sociale”.

All’età di 27 anni, Delia è diventata membro del Comitato Esecutivo del Piano Nazionale per lo Sviluppo del Ministero Ispano-Latino (NPHLM), grazie agli sforzi e al lavoro organizzato dei giovani di MARCHA: «Quando i giovani nella chiesa si organizzano e lavorano insieme, ottengono importanti richieste. Queste esperienze sono state per me una scuola di come relazionarsi con l’altro, come trovare un terreno comune, come costruire coalizioni che permettano alla Chiesa di essere una forza che difende tutti coloro che hanno bisogno, basandosi sull’amore per il prossimo, senza differenze».

«Queste radici hanno fatto sì che nelle mie azioni nelle comunità la gente mi riconosca come una persona di cui fidarsi. Quando mi siedo a un tavolo con altri leader politici che mi conoscono, sanno e commentano che sono diversa perché non sono guidata da altri interessi ma dai miei principi di fede».

Delia ha fatto parte del Consiglio di amministrazione di MARCHA per diversi anni ed è stata leader giovanile di questa organizzazione. La sua carriera politica è un’altra tappa di ciò che ha fatto per tutta la vita, ovvero servire il popolo. Mossa dalle sue convinzioni di fede, dalla formazione ricevuta dalla sua famiglia e dalla sua chiesa, la sua vocazione al servizio l’ha portata ad accettare di entrare nell’arena politica, convinta che sia un modo reale per fare di più per la gente e per generare cambiamenti che aiutino la trasformazione del mondo, come affermato nei principi della missione della chiesa. 

«Sono nata nella Chiesa Metodista Unita, la amo e sono stata critica nei confronti della chiesa, perché parliamo molto dell’essere cristiani, dell’essere metodisti uniti; di come essere chiesa che serve le persone; di come essere chiesa che si ama e non si attacca. Il messaggio che voglio dare alla mia chiesa è che siamo una chiesa che aiuta a unire e a mettere in comunione le persone e non a escludere ed emarginare nessuno».

«Ho bussato a migliaia di porte e parlato con migliaia di persone e una delle domande più frequenti che ricevo è “come facciamo a sapere che lei non è solo un altro politico”; la stessa domanda sorge quando ci facciamo conoscere come chiesa, come facciamo a sapere che non siamo solo un altro predicatore, che parla dai pulpiti e fa cose diverse nella loro vita. Dobbiamo fare nella vita ciò che predichiamo».

«Quando penso a tutto ciò che le persone mi hanno detto durante la mia carriera politica e le campagne elettorali, ricordo le espressioni, soprattutto quelle che si riferiscono a me come una persona amichevole, calorosa, avvicinabile, carismatica, ma non ricordo nessuno che mi abbia detto che avrebbe votato per me, a causa della mia religione. Credo che non dobbiamo pensare di essere predicatori per portare il messaggio di Cristo alla gente. Dovremmo farlo con la nostra vita, le nostre azioni, la nostra testimonianza. Invece di parlare dell’amore di Dio, dovremmo concentrarci sul vivere questo amore e condividerlo con le nostre azioni. Un messaggio che voglio lasciare alla mia amata chiesa è che smettiamo di parlare della chiesa, concentriamoci sull’essere chiesa. Molte persone se ne sono andate perché sono rimaste deluse, abbiamo riflesso molte cose diverse dall’amore. Per questo voglio invitare il popolo metodista unito a uscire dalle quattro mura dei santuari, non ad allontanarsi dalle persone o a respingerle. Dobbiamo stare attenti a non rendere la chiesa uno spazio sgradevole, pieno di disprezzo, di dito puntato, che riempie le persone di dolore e di biasimo. Siamo la Chiesa che sostiene le persone quando sono vittime di ingiustizie, chiediamo che i rappresentanti politici si assumano le loro responsabilità, partecipiamo alle nostre comunità aiutandole a organizzarsi, facciamo in modo che le persone riconoscano la nostra presenza con la nostra testimonianza e non solo invitandole a un culto domenicale o a uno studio biblico».

«Vi invito a non perdervi d’animo nella missione di trasformare il mondo non solo con le parole, ma anche con le azioni».  

 

Adattamento da Alc-Noticias

Foto da Um News