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Proteste contro l’attacco turco ai curdi

Com’era facilmente prevedibile l’ennesima escalation (preparata e attesa da almeno un anno) della guerra mossa da Erdogan contro i curdi continua. Così nel Nord della Siria (Rojava e dintorni) come nel Nord dell’Iraq (Bashur). Sottoponendo molti villaggi situati nelle aree frontaliere ad un duplice bombardamento, sia dell’aviazione che dell’artiglieria pesante.
Bersaglio preferenziale e sistematicamente colpito, le infrastrutture civili. Nel nord e nell’est della Siria anche alcuni campi petroliferi (per ora quelli di Ewda e di Leylan a pochi chilometri da Tirbespiyê) con i droni.
 
Inoltre, nel primo pomeriggio del 22 novembre, le forze di Ankarahanno bombardato l’aeroporto di Minix (cantone di Shehba) e i villaggi di Alqamiyê e Kefer Antun. Stando ad altre fonti sarebbero ormai decine i villaggi colpiti, sempre nella giornata del 22 novembre, nella regione di Shehba. Così come una stazione di servizio a Elqemiyê.
 
Era invece già noto che nella notte del 19 novembre i turchi avevano ridotto in macerie un ospedale Covid a Kobanê.
 
Appare chiaro che Ankara intende colpire, distruggere deliberatamente le principali fonti di sostentamento, di sopravvivenza per la popolazione (come i depositi di grano).
 
Solo nella notte del 20 novembre negli attacchi contro le regioni curde della Siria e dell’Iraq si erano registrate almeno una trentina di vittime civili e militari (calcolo per difetto, sicuramente), per non parlare dei feriti.
 
Ma i curdi non si sono rannicchiati a piangere tra le macerie e già all’indomani scendevano in strada per protestare. Innanzitutto nelle regioni del nord e nell’est della Siria (a migliaia, nonostante il rischio di nuovi attacchi, in decine di città e villaggi), ma anche in varie parti del mondo. Ovunque esista una comunità della diaspora curda.
 
Chiedendo alla comunità internazionale (apparentemente sempre intenzionata a fare orecchie da mercante) di condannare e fermare il sanguinoso massacro (definito “terrorismo di Stato”).
 
Particolarmente dense di partecipanti le manifestazioni di Hesekê e Qamişlo (regione di Cezîre) dove sono state bruciate alcune bandiere turche.
 
Nel discorso tenuto davanti migliaia di persone presso il Centro culturale di Qamişlo, il copresidente della sezione locale del Consiglio della rivoluzione del Rojava – Mahsûm Hesen – ha denunciato il “terrore aereo” operato dalla Turchia come una “evidente espressione e prosecuzione della mentalità ottomana”.
 
In Europa, tra le prossime manifestazioni di protesta in solidarietà con la popolazione curda va segnalata quella indetta per il 24 novembre (ore 18) davanti alla Préfecture di Marsiglia dal “Collectif Solidarité Kurdistan13”.*
 
E comunque sono già innumerevoli gli appelli internazionali alla solidarietà con i curdi.
 
In risposta agli attacchi turchi, vi è stato un lancio di razzi oltre frontiera. Inoltre nel distretto di Öncüpınar (provincia di Kilis) veniva assaltata una caserma della polizia turca. Nell’attacco sarebbero rimasti uccisi alcuni membri delle forze di polizia.
 
Aspri combattimenti anche nel cantone di Afrin (sotto occupazione turca) dove sono morti cinque guerriglieri curdi e sette tra militari e soldati turchi.