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Il Myanmar nel baratro

Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), insieme alla Conferenza cristiana dell’Asia, ha co-firmato un messaggio per condannare gli attacchi arbitrari in Myanmar. I due segretari generali degli organismi hanno esortato le chiese e le istituzioni mondiali a raddoppiare gli sforzi in difesa delle libertà e della giustizia nell’area vessata da violenze e imposizioni, soprattutto dopo il recente attacco che l’esercito del Myanmar ha rivolto contro un seminario teologico e alcune chiese presenti negli Stati Kachin e Kayah.

Il messaggio è stato firmato dal segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle chiese, Ioan Sauca, e dal segretario generale della Christian Conference of Asia,  Mathews George Chunakara.

I segretari hanno affermato che i recenti attacchi alle chiese, e alle relative istituzioni, «sono emblematici e fanno emergere quanto sia ormai evidente il deterioramento della situazione umanitaria, dei diritti umani e politica in Myanmar» dopo il colpo di stato militare avvenuto il 1° febbraio del 2021.

«Le vita serena che molti in Myanmar avevano cominciato a godersi dopo l’introduzione delle riforme democratiche è oggi nuovamente devastata, come lo è il Paese», si legge nel messaggio. 

Scontri armati e attacchi sono in corso in molte parti dell’area dal colpo di stato militare e il tasso di povertà in Myanmar sfiora il 50%. «Le persone in tutto il Paese, sono ormai ridotte a livelli estrema vulnerabilità».

Sauca e Chunakara hanno infine rimarcato la loro profonda preoccupazione: «Ribadiamo e sottolineiamo quanto da noi già espresso precedentemente, ossia il nostro allarme e la nostra contrarietà per la violenza in corso – inclusa la violenza sessuale e di genere – e per gli attacchi brutali messi in atto delle forze militari e di sicurezza», si legge ancora nel messaggio. 

«Rinnoviamo, dunque – concludono i due leader religiosi -, i nostri appelli alle autorità militari affinché rinuncino al controllo autoritario  – che hanno illegittimamente conquistato – e si astengano dall’uso eccessivo della forza contro i manifestanti; che rispettino i diritti di riunione pacifica e la libertà d’espressione, che rilascino tutti coloro che sono stati arbitrariamente arrestati a cui è stato negato il giusto processo e attualmente ancora in stato di detenzione e, infine, che consentano l’accesso umanitario incondizionato e senza ostacoli in tutte le aree e a favore di tutte le persone colpite da conflitti e da violenze».

Sauca e Chunakara si appellano ai membri della comunità internazionale, affinché si possa operare nel solco della solidarietà attiva grazie a un sostegno umanitario diretto al popolo del Myanmar e che si «raddoppi l’impegno a difesa della giustizia e della pace, per far sì che si possa ripristinare un modello democratico in Myanmar». 

Esortano infine le chiese, tutte, e le organizzazioni ad esse correlate, in tutto il mondo, «ad aumentare il sostegno diaconale e la collaborazione con le chiese del Myanmar per aiutarle a soddisfare i bisogni della comunità».