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Giustizia digitale, presentata la guida all’azione

Con un lancio online avvenuto lo scorso 7 novembre è stata presentata la guida «Giustizia digitale: una guida allo studio e all’azione». Persone collegate da più parti del mondo si sono riunite per partecipare un workshop promosso per definire davvero cosa significhi essere «un sostenitore della giustizia digitale». 

L’evento, la tavola rotonda, è stata gestita da tre esperti che hanno aiutato i partecipanti a riflettere sui diversi aspetti della giustizia digitale partendo da una domanda: «Qual è la differenza tra un utente digitale e un sostenitore digitale?».

Manoj Kurian, coordinatore del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) (per l’Ecumenical Advocacy Alliance), ha rilevato: «mentre gli utenti digitali possono essere considerati “consumatori ciechi”, i sostenitori del digitale sono “consumatori esigenti che fanno sempre domande”.

Il pastore Nicole Ashwood, dirigente del programma Cec, ha osservato che, «mentre è definibile utente “chiunque acceda a qualsiasi forma di tecnologia”, un sostenitore digitale è “colui che si preoccupa della giustizia nella tecnologia”». 

Non solo dunque in relazione all’equità e all’accessibilità della rete, ma in termini di protezione degli utenti, delle famiglie di coloro che sono utenti e di coloro che sono stati vittime – in vari modi – dalla tecnologia digitale.

Lorenzo Vargas, responsabile del programma Cec, ha ricordato che per imprimere un cambiamento reale alla comunicazione sociale vi è una differenza principale, ossia, «che l’utente sensibile al tema può esserlo dal punto di vista individuale, invece colui o colei che è un sostenitore pensa al bene collettivo». Al termine della tavola rotonda, Erin Green, autrice della guida co-pubblicata da Wacc e Cec, ha condotto un’esplorazione del primo capitolo del volume affrontando i divari digitali e il loro significato, in diversi contesti.

«Qualsiasi problema sociale (e sistemico) presente nel mondo reale, è presente anche online», ha affermato Green, sottolineando che la tecnologia digitale può essere utilizzata anche per usi positivi e costruttivi. Uno dei primi modi per raccogliere i frutti di questa positività è quello di colmare il divario digitale in tutti i modi possibili. 

«Cosa sono i divari digitali – prosegue Green -?».

Lo sono «l’accesso e l’opportunità alla rete, ad esempio; l’intersezione tra fattori sociali e tecnologici; i cambiamenti sociali, politici e tecnologici, non afferrabili per le fasce più vulnerabili e più deboli; tutte possibili cause d’iniquità». 

Gli studi in materia hanno evidenziato che quasi la metà delle persone presenti nel mondo non ha accesso a Internet, dunque, non ha né la possibilità né la capacità di poter utilizzare le comunicazioni digitali neanche al minimo delle potenzialità odierne. 

Altri esempi hanno svelato le disuguaglianze di genere: ad esempio che le donne dell’Asia meridionale hanno meno del 70% di probabilità di poter avere tra le mani uno smartphone rispetto agli uomini. 

«Per quanto insormontabile possa sembrare il divario digitale, la guida fornisce strumenti pratici per cambiare il corso delle cose e donano speranze verso il necessario e possibile cambiamento», ha osservato Green. 

«Tutti possiamo intraprendere un’azione individuale – conclude –, ma solo un’azione collettiva saprà fare davvero la differenza».

Digital Justice: A Study and Action Guide è una co-pubblicazione del Wacc e Cec. Scarica la guida su https://waccglobal.org/resources/digital-justice/digital-justice-study-guide/.