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Nascere per servire l’Altissimo

Non dire: «Sono un ragazzo», perché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò
Geremia 1, 7

Il Signore disse a Paolo: «Non temere, ma continua a parlare e non tacere; perché io sono con te, e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male; perché io ho un popolo numeroso in questa città»
Atti degli apostoli 18, 9-10

Il profeta Geremia è uno dei profeti più vocati, più profondi e contemporaneamente più “sfortunati” e provati dell’intera Bibbia. Annunciatore di catastrofi, incaricato di proclamare i duri giudizi di Dio. Uomo familiare con la sofferenza, con la tristezza, con l’amarezza; arriverà al punto di maledire il giorno della sua nascita, l’intera sua vita, vita che dal giorno del suo concepimento ha a che fare con Dio. Geremia fu pensato da Dio prima della sua venuta al mondo, Geremia nasce per essere profeta dell’Onnipotente. Ve ne sono alcuni mandati, altri che vanno da soli senza che nessuno li abbia mandati, altri che nascono soltanto per essere mandati. Mandati a dire quello che Dio vorrà. Geremia si sente inadeguato e troppo giovane; ha quasi paura di quelle che saranno parole non sue, parole di un Dio estremamente serio e fedele. E spesso la vera vocazione è suscitata nella vita di persone, ad occhi umani, inadatte e ritrose e le spinge su lidi sconosciuti, dove si vivrà un’appartenenza a Dio esclusiva, assoluta ma, al contempo, totalizzante perché avrai realizzato il destino della tua vita: nascere per servire l’Altissimo. È da poco passato l’anniversario della Riforma. Lutero scriveva: «Se avessi saputo al principio, quando ho cominciato a scrivere, quel che ho provato e visto ora, cioè a che punto la gente odia la parola di Dio e con quale violenza si oppone ad essa, in verità sarei stato zitto. Ma Dio mi ha spinto avanti come una mula a cui siano stati bendati gli occhi perché non veda quelli che le corrono contro. Così sono stato spinto mio malgrado al ministero dell’insegnamento e della predicazione; ma se avessi saputo quello che so ora, dieci cavalli non sarebbero bastati per spingermi a compierlo». Il Signore sostenga con la sua potenza quel “mio malgrado” che caratterizza l’esistenza dei suoi servitori. Il Signore stesso ci consoli e ci dia la forza.